10 anni dalla cattura del boss Provenzano

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Dopo 43 anni di latitanza, era l’11 aprile del 2006,  fu stato arrestato il super boss corleonese Bernardo Provenzano, la cattura è avvenuta sulla montagna dei Cavalli, l’uomo si trovava sempre a Corleone dentro un covo miserabile. Un rifugio in rovina tappezzato da santini, crocefissi, rosari e con tanti maglioni di cachemire accatastati in un angolo. L’arresto fu eseguita da un valido poliziotto, il dott Renato Coretese, un pool di 27 uomini e una donna chiamata “la gatta”.

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Quel giorno, un grido liberatorio da parte di un popolo stanco di nascondersi dall’incubo chiamato Provenzano, fu udito da tutte le parti della Sicilia, perché nessuno vuole essere complice di uno dei peggiori criminali di una terra martoriata dagli omicidi di sangue.

Bernardo Provenzano, all’interno del suo covo, comunicava a distanza attraverso dei pizzini, per dare indicazioni, suggerimenti e opinioni sulla gestione degli affari di famiglia. Però, tuttavia, la cosa strana che ne esce da questi pezzetti di carta scritti da un uomo stanco e anziano, è la religiosità eccessiva e severa piena di principi morali. “Vi benedica il Signore e vi protegga”. Auguri di buon Natale e di una serena Pasqua, rivolti ai familiari più cari.

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“Archeologia mafiosa”. Nuova definizione della vecchia mafia di Provenzano, un‘associazione per delinquere popolare e in declino, nel ricordo dei film diretti dal regista Francis Ford Coppola, “Il padrino”, quasi fosse un pezzo di storia che non esiste più. La nuova mafia, in Sicilia, è di tipo imprenditoriale, legata al libero mercato dei beni e dei servizi illegali, perché, quel che resta dei Corleonesi, come la Cupola di Cosa Nostra, è destinata a scomparire lasciando spazio a una nuova realtà. Dopo la cattura del boss Totò Riina, avventa il 15 gennaio del 1993, la criminalità organizzata siciliana ha cercato di riunirsi per dettare nuove leggi, senza mai ottenere il giusto risultato, perché beccati e arrestati. Adesso si trova rinchiuso nel segreto del 41 bis, lontano da tutti e da tutto, a scontare le sue colpe nelle restrizioni più gravose.

ANTONIO AGOSTA