Andy Warhol in mostra a Roma

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Dopo il grande successo di Milano, la mostra dedicata ad Andy Warhol giunge finalmente a Roma. Dal 18 aprile al 28 settembre 2014, le sale del rinnovato Museo della Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, ospiteranno oltre 150 opere, tele, fotografie, sculture che fanno parte della Brant Foundation, lo Study Center progettato da Richard Gluckman che ha la missione di promuovere l’educazione e l’apprezzamento dell’arte contemporanea e del design, rendendo le opere disponibili alle istituzioni e privati ​​per lo studio scientifico e l’esame e che, ad oggi, presta opere a più di una dozzina di mostre all’anno.

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La mostra parte dai primi disegni del Warhol illustratore per finire con le spettacolari Ultime Cene e gli autoritratti passando attraverso le opere più iconiche come le Electric Chairs, il grande ritratto di Mao, i fiori e uno dei più famosi capolavori di Warhol, Blue Shot Marilyn, il ritratto della famosa attrice Americana con in mezzo agli occhi il segno restaurato di un dei colpi di pistola esploso da un’amica dell’artista nel 1964. Più che un’amica, Valerie Solanas rappresenta l’archetipo della stalker: femminista più che convinta, scrittrice attrice e attivista, è ricordata  infatti per la sua opera più famosa, SCUM Manifesto, acronimo di “Society for Cutting Up Men”, ovvero Società per l’eliminazione dell’uomo, progetto evidentemente fallito ma che tentò di realizzare con una costanza paranoide e che sfociò con il tentativo di eliminazione di Andy Warhol, del suo compagno e del suo produttore.

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La Factory a quel tempo era infatti crocevia dei maggiori artisti del ‘900: giovani artisti newyorkesi potevano trovare uno spazio collettivo per creare. Qui sono nati o passati per un breve periodo altri famosi artisti come Keith Haring, Francesco Clemente e Jean-Michel Basquiat, ma anche la nostra Loredana Bertè, Nico e Lou Reed, Bob Dylan. Andy Warhol si conquistò in brevissimo tempo l’appellativo di icona pop proiettando nell’arte l’ansia di consumismo imperante nella società contemporanea. Le sue opere venivano riprodotte in serie grazie alla tecnica serigrafica, rendendo reale il concetto di riproducibilità tecnica pensato dal celebre filosofo Walter Benjamin (“L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” ndr): le opere constavano di una ripetizione ossessiva e compulsiva in cui le immagini, il più delle volte sempre le stesse, cambiavano relativamente all’alterazione dei colori. Gli oggetti rappresentati non erano altro che prodotti di consumo, come le famose zuppe Campbell’s o la Coca Cola, e in quanto protagonisti indiscussi della cultura di massa popolare americana, dovevano essere consumati al pari di merce.  Warhol era fortemente attratto dal reale la cui cultura doveva essere rappresentata molto di più di quella relativa a poche èlite e cercava di fermarla, di catturarla con qualsiasi strumenti in possesso, che fosse una polaroid, una cinepresa, o una tela con un pennello e per questo artista indiscusso della commercializzazione dell’arte.

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