Basket, Sassari campione d’Italia

19190079721_8427d4aa4e_zAnche nel basket le favole esistono: la Dinamo Sassari è campionessa d’Italia 2015, dopo aver vinto anche Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Uno storico “triplete” per la squadra sarda, al primo scudetto della sua storia.

Già nessuno si sarebbe aspettato di vedere, come finale scudetto, una sfida tra Sassari e Reggio Emilia: gli appassionati pensavano già a un’avvincente serie Milano-Venezia, tra le due squadre più favorite del campionato, e invece… Le due outisider hanno sbancato l’una il Forum di Assago, eliminando quell’Olimpia favoritissima e con una rosa (e un budget) superiore alle altre, e l’altra il Taliercio di Mestre, facendo ciao ciao a quella Reyer Venezia guidata dal guru Recalcati e dagli ex-Siena Ress, Ortner e Viggiano, oltre che dal folletto Phil Goss. Milano è stata tradita da alcuni giocatori chiave, come Samuels e Moss, colpevoli di non aver tagliato fuori il sassarese Sanders su quel tiro libero a pochi decimi dalla fine di gara 7 costato, poi, un rimbalzo in attacco a Sassari, il canestro del pareggio e il crollo meneghino nel supplementare, come anche da capitan Gentile.

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Torniamo, però, alla finale: Sassari-Reggio è stata una finale combattuta, giocata anche su quattro supplementari (uno in gara 4 e tre in gara 6, sempre sul difficilissimo campo sardo). Il senso di questa serie sta negli ultimi secondi di gara 7, davanti al pubblico reggiano esterrefatto che ha gremito il vecchio Palabigi, nel centro della città, sognando uno scudetto altrettanto storico: anche per gli Arsan sarebbe stato il primo della storia! Vantaggio di due punti di Sassari: rimessa di Reggio, ma sulla palla, Polonara e Della Valle pasticciano e Logan ruba la palla dello scudetto. Una festa composta, quella di Sassari, di fronte ai (pochi) tifosi presenti a Reggio: fosse stato per loro, avrebbero chiesto almeno duemila biglietti, ma il “buco” del settore ospiti reggiano ne permetteva solo cento, massimo duecento sparsi in tutto il palazzo. Subito dopo la sirena, tutti a festeggiare sotto i fans sardi: la corsa di Dyson e le braccia alzate di Kadji sono l’emblema di questa vittoria, così come l’abbraccio di Brian Sacchetti, figlio dell’allenatore Romeo, alla fidanzata. Sono emblemi, nel male, anche le lacrime di Achille Polonara, esplosivo e atletico come pochi, e gli occhi lucidi del gigante di 2.14 Riccardo Cervi e del micidiale tiratore piemontese Amedeo Della Valle.

La Sardegna, da ieri sera, è in festa, come lo era stata anni fa per lo scudetto che il Cagliari vinse con un certo Gigi Riva: due squadre legate, indissolubilmente, nel nome di un popolo ostinato, caparbio, ma anche speranzoso di un riscatto, non solo sportivo, che rappresenti un’isola intera. Da Cagliari a Sassari, da Olbia a Iglesias, tutti, in questi ultimi tempi, erano tifosi della Dinamo, che non era solo la squadra di Sassari, ma la squadra della Sardegna intera, dell’Ichnusa, di quei Dimonios, cantati dalla Brigata Sassari, alla riscossa contro il “Continente”, come i sardi continuano a chiamare l’Italia, e “Faccia di trudda”, una canzone popolare sassarese, è stata la colonna sonora di questo trionfo. E’ stato un trionfo personale anche per Romeo Sacchetti, che, da giocatore, a Varese, vide sfumare lo scudetto per un infortunio e che, ora, lo ha vinto da coach guidando, tra gli altri, il figlio Brian, nato negli anni in cui papà Meo giocava a Torino.

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Sacchetti ha saputo guidare una squadra che tira da tre e gioca veloce, facendo gara a chi segna di più, e, nel basket, anche un punto in più e pochi secondi fanno la differenza. Sacchetti ha trovato un vero leader, di nome David Logan, americano di passaporto polacco, reduce da esperienze all’Alba Berlino e al Maccabi Tel Aviv, e un grande tiratore, di nome Jerome Dyson, lucido nei momenti migliori e preciso quando serve, come aveva dimostrato lo scorso anno a Brindisi. Sotto canestro ha trovato la potenza e la fisicità di Shane Lawal, fratello di quel Gani visto a Milano e Roma, e la compostezza di Jeff Brooks, ex di Cantù, dinamico e reattivo, ma anche capace da tre. Onore al merito anche all’MVP delle finali, Rakim Sanders, giocatore atletico e cecchino implacabile negli imprevisti (la serie contro Milano lo ha dimostrato) e agli italiani del gruppo, da Brian Sacchetti a Giacomo De Vecchi e a Tommaso Formenti.

Reggio Emilia, invece, ha perso perché non ha avuto quel leader, come lo ha avuto Sassari con Logan, in grado di “ammazzare la partita” nel momento giusto e al posto giusto. Tanti infortuni hanno anche pesato su questo fattore negativo: Darjus Lavrinovic, Drake Diener (ex di Sassari e giocatore micidiale da tre…), Ojars Silins, Rimantas Kaukenas (sei scudetti vinti a Siena) e Federico Mussini, tutti o rotti o a mezzo servizio per infortuni, e si tratta di uomini importanti. La chiave del successo sassarese è qui, anche perché i sopravvissuti, Cinciarini, Polonara, Cervi, Della Valle e Pini, avevano il fiatone, e hanno pagato con errori umani questo peso: mi viene da pensare che, se fosse stata in forma, Reggio avrebbe vinto.

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Nel futuro di Sassari, ora, c’è una festa e poi un nuovo campionato e un’altra Eurolega, speriamo migliore di quella fallimentare di quest’anno. Di sicuro se ne andrà Lawal, destinazione Barcellona, e ci si chiede se rimarranno i vari Logan e Dyson, così come coach Sacchetti. In quello di Reggio Emilia, invece, c’è una filosofia di chi punta sugli italiani, utili per gli Europei di settembre, e un’incognita sui veterani. Di sicuro, le carte per provarci ancora, le due squadre le hanno eccome, anche se difficilmente Milano, che ieri ha ufficializzato come allenatore il croato ex Roma, Fortitudo Bologna e Treviso Jasmin Repesa, farà ancora flop, avendo puntato tutto su Gentile e Ragland, con la rinuncia ad Hackett. Si vedrà dalla metà di ottobre! Buona estate a tutti gli appassionati di basket!

Stefano Malvicini