Dopo trentatrè anni: lettera ad Alfredino Rampi

Quel giorno la televisione per la prima volta ha conosciuto il divenire del dolore

Alfredino Rampi ti abbiamo amato tutti

« Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi. »
(Giancarlo Santalmassi durante l’edizione straordinaria del Tg2 del 13 giugno 1981.)

Trentatrè anni fa, l’Italia unita davanti alla tv, a cercare di sorreggere la vita nelle ultime diciotto ore di Alfredino Rampi, bimbo di soli sei anni precipitato, malauguratamente, in un un pozzo artesiano a Vermicino, nei pressi di Roma.

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L’intero paese si mobilitò a cercare di trattenerti, dolcissima creatura strappata dalla terra prima ai tuoi genitori, e dopo alla vita stessa: ma in quegli ultimi sprazzi di vita, ti abbiamo amato tutti, credici, e continuiamo ad amarti nella nostra mente e nei nostri ricordi più nitidi: compivo sette anni quel giorno in cui abbandonasti questa vita terrena per un inaccettabile scherzo della vita stessa.

Allora non sapevo molto della vita, tanto meno sapevo della morte, perchè a una bambina di sette anni non fai certi discorsi.
Ricordo che i miei mi regalarono Pinocchio di Collodi, ma quel compleanno, per me, appunto il settimo, non fu bello, perchè avevo gli occhi accesi su quel monitor, ancora rudimentalmente in bianco e nero, dove si compiva lo spettacolo del dolore e della vita, della solidarietà umana, del miracolo dell’amore di chi, pur non conoscendoti, voleva salvarti, a costo di perdere la propria stessa vita.

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In quanti si sono calati in quel pertugio di terra strappa anima, in quanti hanno dato ascolto alla tua voce di cucciolo indifeso costretto ad una lotta impari, in quanti hanno teso la loro mano, e con amore, e l’amore anche di Sandro, il nostro nonno presidente, in nostro indimenticabile Pertini.
Quel giorno la televisione per la prima volta ha conosciuto il divenire del dolore, la sua cristalizzazione, la sua eternalizzazione.
Sono passati anni, tanti, troppi, a quest’ora Alfredo saresti un uomo di trentanove anni, magari avresti una tua vita, un tuo lavoro, una moglie, i figli, una famiglia: ma sei Alfredino per sempre ed hai ancora sei anni.