Primo Giugno 2014: 88 anni di Marilyn Monroe, il mito che vive ancora

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Prima di cambiare nome, e diventare Marilyn Monroe, il sogno e il mito che non può mai tramontare, reso eterno anche dalla prematura sua scomparsa, Norma Jeane Dougherty, appena diciottenne, lavorava in una fabbrica che produceva una versione primitiva di quelli che sarebbero poi stati chiamati ‘droni’, ossia i velivoli senza pilota.
La notizia è recentissima ed è stata pubblicata dal New York Times che ha appunto svelato questo curioso aneddoto sulla vita della ragazza californiana più amata al mondo: ebbene sì, la giovanissima Marilyn era impiegata in un impianto di produzione bellica durante la Seconda Guerra Mondiale e l’azienda che gestiva l’impianto a Burbank era la ‘Radioplane’.

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Tornando agli inizi, Marilyn nasce il 1° giugno 1926 alle 9.30 presso il General Hospital di Los Angeles appunto come Norma Jeane (ma doveva essere Jean) Baker Mortenson.
Baker come Jasper Baker e Mortenson come Edward Mortenson (ma nessuno dei due è il vero padre) rispettivamente primo e secondo marito di Gladys Monroe, la madre di Jean, una donna affetta putroppo da gravi disturbi mentali, che la costringono a frequenti ricoveri in ospedale psichiatrico.
E Norma Jean, a causa della malattia della madre, trascorre un’infanzia difficilissima vagando in affidamento da una famiglia all’altra e presso orfanotrofi, fino al momento in cui, all’età di 16 anni, contrae un matrimonio, destinato però a fallire quasi subito, con il ventunenne James Dougherty.
Nel 1944, quando il marito è arruolato in Marina e Norma Jean lavora presso un’industria aeronautica alla produzione di paracaduti, viene notata dal fotografo David Conover, impegnato a documentare il lavoro femminile nel periodo bellico, che la convince così ad iscriversi ad una scuola e ad intraprendere la carriera di modella.
Sotto la guida di un altro fotografo, Andrè de Denes, conquista le copertine delle riviste, finchè viene notata dalla Fox ed è così che finalmente si spalancano a lei le porte di Hollywood.
A vent’anni, nel 1946, divorzia, diventa definitivamente bionda e cambia il suo nome in Marilyn Monroe (Monroe è appunto il cognome da nubile della madre), consacrando se stessa al mito, il mito che non conoscerà mai la parola fine.
La sua carriera di attrice inizia dapprima con parti da semplice comparsa (“Ladies of the chorus” del 1949, “LoveHappy” sempre del ’49 con i Marx Brothers, etc.), conquista successivamente piccole, ma significative, parti che finalmente la proiettano nel firmamento del cinema: nel 1950 in “Asphalt Jungle” (Jungla d’asfalto) e in “All about Eve” (Eva contro Eva), nel 1952 con Cary Grant e Ginger Rogers in “Monkeys Business” (Il magnifico scherzo).
Nel 1952 ottiene il suo primo ruolo da protagonista, nei panni di una babysitter psicolabile in “Don’t bother to knock” (La tua bocca brucia) e nel ’53 con “Niagara”, al fianco di Joseph Cotten, ottiene il successo mondiale.
Nel 1953 gira ancora “How to marry a millionaire” (Come sposare un milionario) e “Gentlemen prefer blondes” (Gli uomini preferiscono le bionde), con i quali si conferma trionfalmente, nell’olimpo delle star più amate e desiderate dal pubblico.
Seguono clamorosi successi come “The river of no return” (La magnifica preda) del 1954 e “The seven year itch” (Quando la moglie è in vacanza) del 1955.
Nel 1954 Marilyn sposa il famoso giocatore di baseball, Joe Di Maggio. Divorziano dopo meno di un anno e Marilyn si trasferisce a New York per studiare all’Actor’s Studio.
A New York conosce l’affermato commediografo, Arthur Miller, che sposa nel 1956.
Nel 1957, prodotto dalla sua casa cinematografica la Marilyn Monroe Productions, fondata con l’amico il fotografo Milton Green, gira “The Prince and the Showgirl” (Il Principe e la ballerina) al fianco di Laurence Olivier. Il primo e unico film della sua casa di produzione risulta un insuccesso, ma nel 1959 è di nuovo in testa ai botteghini con “Some like it hot” (A qualcuno piace caldo).
Nel 1960 gira “Let’s make love” col francese Yves Montand, con cui avrà un breve, ma intenso, flirt, oggetto di molti pettegolezzi.
L’instabilità emotiva della diva peggiora, verosimilmente a causa delle tormentate storie d’amore, prima con John e poi con Bob Kennedy, e probabilmente anche perchè non arrivano figli, ma soprattutto per il fatto che tutti gli uomini incontrati amano in lei la dea, la diva e il sex siymbol, e non la donna e l’anima.
Per lungo tempo Marilyn e John si incontrano in modo clandestino fino al momento in cui il presidente non decide di chiudere la relazione (o almeno di provare a farlo) giungendo a chiedere addirittura al fratello Robert di consolare Marilyn e di starle vicino, supplendo, in un certo qual modo, al ruolo suo.

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Inizia così una sorta di complicatissimo ménage à trois che si protrae fino all’estate del 1962, poco prima della morte della star.
E’ in relazione anche a questa situazione che Marilyn ricorre sempre più all’abuso di alcoolici e di barbiturici, con il disperato scopo di annientare il male che le divora l’anima.
Nel 1962 esce il suo ultimo film: “The Misfits”(Gli spostati) scritto per lei dal marito Miller e nello stesso anno divorziano.
A causa dei continui ritardi, delle continue crisi isteriche, delle sbornie viene licenziata dal set del film “Something got to give” e, un mese più tardi, nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1962, viene trovata morta, apparentemente suicida, nella sua casa, per un’ overdose di barbiturici, ma sono in molti a credere che sia stata uccisa.
Il mistero sulla sua morte non è mai stato completamente svelato, ma ha sicuramente contribuito a fare entrare Marilyn nel mito.
Marilyn è la donna che gli uomini e le donne di tutto il mondo continueranno ad amare, in egual misura: gli uomini per la sua sensualità, mista alla dolcezza e alla fragilità, le donne perchè vedono in lei non solo un modello unico ed esemplare di bellezza ma anche una persona che, partendo da una situazione disagiata, ha fatto molta strada nella vita, in virtù del coraggio e della sua tenacia: Marilyn, icona della bellezza eterna, che sfugge all’insano incedere del tempo.