Green Hill, parte il processo

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Dopo la tanto attesa chiusura del canile lager di Green Hill, avvenuta nel luglio del 2012 a Montichiari nel bresciano, ha preso il via lo scorso 29 ottobre 2014 la prima udienza del processo, presso la seconda sezione penale del tribunale di Brescia. Già nel 2010 diverse segnalazioni alla stampa e ai media da parte della Lav, di Legambiente e dei cittadini di Montichiari avevano portato alla luce quanto accadeva in quell’allevamento di cani. Più di tremila beagle sia adulti che cuccioli venivano allevati e destinati alla vivisezione, infatti la struttura conteneva laboratori adibiti allo scopo. Inoltre alcuni cani erano destinati ai laboratori di tutta Europa.

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ipad_710_0La manifestazione che ebbe un certo peso sulla situazione fu quella del 24 aprile 2010 che grazie a proteste, manifestazioni e cortei di animalisti attivisti e della gente comune, portò finalmente alla chiusura definitiva della struttura due anni dopo, e alla tanto attesa liberazione dei cani. Pertanto, l’udienza di ieri rappresenta un’altra tappa importante di questo percorso della giustizia, che non sembra più essere disposta a tollerare pratiche considerate antietiche ed obsolete da parte dell’opinione pubblica e non solo. Gli imputati del processo sono i gestori e i co-gestori del canile Bernard Gotti e Ghislane Rondot, il direttore Roberto Bravi e il veterinario dell’allevamento Renzo Graziosi, accusati di maltrattamento e di uccisione di animali. Il processo, al quale sono state ammesse le associazioni animaliste della Lav, Leal, Enpa e la Lega Nazionale della Difesa del Cane come parte civile, è stato aggiornato al prossimo 12 novembre. Per quella data, altri venti testimoni saranno chiamati a comparire in tribunale dal titolare dell’inchiesta Ambrogio Cassiani, per confermare le atrocità che accadevano nella struttura degli orrori.

1535e3758cc445Green Hill rappresenta una spina nel fianco nel rapporto uomo-animale, non solo per gli amanti degli animali, ma anche per chi semplicemente si oppone alla violenza e ai maltrattamenti, al di là delle differenze di specie. Per questo motivo, secondo le varie associazioni, il processo non deve essere considerato come un punto di arrivo, ma un punto di partenza nella battaglia contro la vivisezione, affiché essa un giorno possa essere considerata solo un brutto capitolo nella storia dell’umanità. La strada è ancora lunga, ma il processo per Green Hill è un’importante conquista che costituisce il primo passo in questa direzione. Quanto accaduto apre un dibattito etico importante che vede sul fronte opposto alcuni ricercatori, scienziati e industriali che giustificano queste pratiche di sfruttamento e utilizzo degli animali per il bene della scienza e per la ricerca medica. Attraverso tali pratiche vengono testati sugli animali farmaci e prodotti, prima di metterli sul mercato. Tuttavia non tarda ad arrivare la risposta degli animalisti di cui fanno parte ricercatori, scienziati, medici veterinari e professionisti vari, che fa leva su due punti fondamentali. La sperimentazione animale e la vivisezione oltre ad essere considerate pratiche crudeli e disumane che hanno come conseguenza la sofferenza e l’uccisione di migliaia di esseri viventi, non possono essere considerati dei sistemi attendibili per valutare la sicurezza di un prodotto per l’uomo. Il fronte animalista sostiene che i risultati e le scoperte fatte a seguito di tali pratiche fanno sì che il modello animale sia inattendibile e non può andare bene per l’uomo per il semplice fatto che l’organismo umano e quello degli animali presentano notevoli differenze, anzi risulta addirittura pericoloso. Oggi, tale dibattito è ancora al centro di molte polemiche, tuttavia la direzione che sembra aver preso la giustizia fa ben sperare a non lasciare impuniti i maltrattamenti contro gli animali.