La storia di Stanislav Petrov, l’uomo che salvò il mondo da una guerra nucleare

Quando l'istinto la dice giusta

Molte persone sono passate alla storia per le loro nobili azioni.

Basti guardare Giorgio Perlasca, che salvò oltre cinquemila ebrei ungheresi durante la seconda Guerra mondiale, o Nelson Mandela, che lottò contro l’Apartheid.

Eppure, nonostante questo, non tutti ricevono i propri meriti.

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Uno di questi è Stanislav Petrov, un colonnello della sezione spionaggio militare dei servizi segreti dell’Unione Sovietica che 34 anni fa salvò letteralmente il mondo da una probabile catastrofe.

I fatti

La notte del 26 settembre 1983, nel cuore della Guerra fredda, il colonnello entrò in servizio presso il bunker Serpuchov-15, vicino a Mosca.

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Era un periodo di forte tensione: basti considerare che pochi giorni prima, l’1 settembre, un aereo di linea sud coreano era entrato per errore nello spazio aereo sovietico ed era stato immediatamente abbattuto, causando la morte di 269 persone.

Il compito di Petrov era di sorvegliare i siti missilistici statunitensi tramite un sistema satellitare istituito apposta, allo scopo di prevenire eventuali attacchi nucleari.

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Nel caso di un attacco, l’Unione Sovietica, tempestivamente informata dai suoi fedeli ufficiali, sarebbe passata al contrattacco contro il nemico.

Precisamente alle 00:14 di quella notte il sistema satellitare segnalò un missile lanciato dalla base di Malmstrom, in Montana, e ne diede l’allarme.

“Quando vidi il messaggio di allarme, mi alzai immediatamente dalla mia sedia. Tutti i miei subordinati erano confusi, così inziai a gridare loro ordini per evitare il panico. Sapevo che la mia decisione avrebbe avuto molte conseguenze”, dichiarò l’ex ufficiale durante un’intervista al Russia Today nel 2010.

Petrov ritenne inverosimile un attacco con un solo missile e non segnalò la cosa ai suoi superiori, pensando a un errore del sistema.

In pochi minuti, però, arrivarono quattro segnalazioni identiche alla prima, per un totale di cinque presunti missili lanciati dagli Stati Uniti verso l’Unione Sovietica.

Nonostante in cuor suo fosse sicuro che non stesse per accadere nulla di grave, i macchinari gli stavano dicendo l’opposto, e si trovò improvvisamente la responsabilità di milioni di vite.

Inviando la segnalazione a chi di competenza avrebbe avuto inizio la risposta nucleare come da protocollo, ma il colonnello, sapendo che si trattava di un attacco troppo riduttivo rispetto alla vastità della flotta statunitense, ritenne che si trattava di una serie di errori.

Così segnalò un malfunzionamento del sistema, anziché un imminente attacco nucleare.

I minuti seguenti furono carichi di tensione, i 120 ufficiali sotto il comando di Petrov li contarono uno a uno, finché, a pochi secondi dall’imminente schianto dei missili, gli allarmi cessarono. Le sirene si spensero e calò la quiete.

Quiete che fu immediatamente interrotta dal giubilo dell’uomo e dei suoi sottoposti, vivi grazie alla prontezza di mente e al sangue freddo del loro comandante.

Venuto a sapere dell’accaduto, il suo superiore gli promise onorificenze e addirittura un giorno in suo onore, promesse che non vennero mai mantenute.

Il pensionamento anticipato

Il governo russo non poteva permettere che il mondo intero, specie il suo popolo e il grande nemico, gli Stati Uniti, venisse a sapere dell’accaduto, e che quindi le attrezzature da loro utilizzate avessero delle falle.

Stanislav Petrov fu ammonito per non aver rispettato il protocollo e degradato, occupando una posizione inferiore; poco tempo dopo fu mandato in pensionamento anticipato. Tutto questo per mantenere il silenzio.

Ha vissuto una vita modesta con una pensione misera fino al 1998, quando il suo comandante in capo, Yuri Votintsev, presente quella sera, ha raccontato la verità in un libro di memorie giunto a un tal Douglas Mattern, presidente dell’organizzazione internazionale per la pace Associazione di cittadini del mondo.

Mattern, sbigottito dalla storia, verificò la verdicità dei fatti e andò personalmente in cerca dell’ex ufficiale a Mosca per consegnargli il Premio Cittadino del Mondo.

Lo rintracciò dopo non poche difficoltà, causate dal fatto che l’uomo viveva quasi come un eremita, con pochissimi contatti esterni.

La vicenda venne così a galla e si diffuse a macchia d’olio, portando esperti di Stati Uniti e Russia a calcolare quali sarebbero stati i danni in base all’arsenale dell’epoca. Giunsero alla conclusione che, con la sua decisione tempestiva, Petrov salvò dai tre ai quattro miliardi di persone.

Dai primi anni 2000 in poi gli vennero finalmente riconosciuti i meriti delle sue azioni e ricevette vari onori:

  • Il già citato Premio Cittadino del Mondo nel 2004;
  • Un’onorificenza da parte del Senato Australiano il 23 giugno 2004;
  • Il 19 gennaio 2006 è stato ricevuto dall’ONU;
  • In Germania, nel 2011, è stato premiato con il German Media Award, premio dedicato a chi ha contribuito alla pace nel mondo, per aver scongiurato una potenziale guerra nucleare;
  • Ha vinto il premio Dresda nel 2013.

Inoltre è stato girato un documentario basato sulla sua storia, Pulsante Rosso (2014), con Kevin Costner.

Petrov è venuto a mancare il 19 maggio 2017, all’età di 77 anni, dopo essersi ritirato a Frjazino, un piccolo villaggio vicino Mosca.

Grazie a lui siamo scampati a un disastro che poteva essere addirittura peggiore dell’Olocausto, eppure è ancora conosciuto da pochi.

Tutto ciò che facciamo adesso, la vita che ognuno di noi conduce, è dovuto, in parte, a quella decisione presa d’istinto in pochi minuti.

Il colonnello Stanislav Petrov ha salvato, paradossalmente, tutti noi, ed è giusto che venga ricordato.

Crediti: giannellachannel.info
Fonti: LadbibleGiannella ChannelWikipedia.