Riforma Senato: contenuto, polemiche, immunità

riforma Senato

Renzi l’aveva promesso fin dal suo esordio come presidente del Consiglio: riforma Senato, mai più due Camere che svolgono le stesse identiche funzioni, il primo voto, in mancanza del quale vi sarebbero state le sue dimissioni, il 10 giugno.
Non è andata esattamente così, perché siamo ancora in commissione affari costituzionali, (ricordiamo che non si tratta di una semplice legge ma di una modifica della Costituzione) non senza polemiche o rotture, come ad esempio la cacciata di Corradino Mineo, giornalista e volto storico del PD, dalla commissione affari costituzionali perché molto critico vero la riforma Senato che si stata mettendo in campo.

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Punti forti della riforma Senato

Il Senato, secondo il disegno presentato dai relatori Anna Finocchiaro (PD) e Roberto Calderoli (Lega Nord, maggiormente calderoliconosciuto perché padre del porcellum, la legge elettorale a cui lui stesso ha dato il nome dicendo di aver fatto una porcata), dovrebbe avere in seguito alla Riforma Senato, solo 100 membri di cui 5 nominati dal Presidente della Repubblica e 95 come rappresentanti degli enti locali, di questi 74 eletti dai consigli regionali e dalle provincie autonome di Trento e Bolzano in misura di minimo tre per ogni Regione (tranne Molise, Valle D’Aosta e province autonome di Trento e Bolzano che potranno averne uno solo). Gli altri 21 devono essere scelti dai consigli regionali tra i sindaci dei comuni delle Regioni, in ragione di un sindaco per Regione.

Polemiche sulla Riforma Senato

La prima polemica importante è sull‘immunità di cui i potenziali senatori derivanti dalla riforma Senato dovrebbero godere, la stessa non si capisce bene da dove venga perché il governo e in particolare il ministro Boschi, non ne riconosce la paternità e dice che è stata aggiunta nei lavori in commissione, voluta dai relatori che abbiamo nominato prima. Afferma, infine, che il testo può essere cambiato in aula, fortunatamente. C’è chi polemizza perché in effetti si tratta di un salvacorrotti per senatori che non sono stati eletti dal popolo e che quindi può ben essere usato, ed abusato, per togliere qualche politico dalle rogne personali in cui si può trovare e sappiamo bene che in Italia questa ipotesi non è peregrina.
Le critiche al salvacorrotti contenuti nella riforma Senato arrivano da SEL, che è già alle prese con problemi interni di scissione in seguito alle dimissioni dal partito di molti deputati tra cui Gennaro Migliore e Fava, la cui capogruppo al Senato Loredana De Petris dice che al governo e al ministro Boschi non basta lavarsi le mani facendo ricadere le responsabilità sui relatori, ma deve inserire un emendamento specifico che comporti un’immunità per i nuovi rappresentanti del Senato in seguito alla riforma.
Forte la reazione anche del M5S che pur si era detto pronto a convergere con il PD sulla loro proposta di Riforma Senato. Forti le parole del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S) che sul blog di Peppe Grillo si chiede se “l Pd voterà l’ennesimo vergognoso privilegio alla politica pur di tenere in piedi l’accordo (ancora in alto mare) con Berlusconi e Lega?”
La risposta di Calderoli alle polemiche è abbastanza strana, lui afferma che se il salvacorrotti deve essere eliminato dalla Riforma Senato, l’immunità deve essere tolta anche alla Camera. Ottima proposta, vero, ma sembra un piccolo ricatto, chi infatti può credere che la Camera dei deputati dica “bene togliamo l’immunità anche ai deputati”, le terremo entrambe.

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Percorso della riforma Senato

E’ bene dire che sulla riforma Senato siamo davvero alle prime battute, perché fino al 25 giugno possono essere presentati nuovi emendamenti, gli stessi devono essere vagliati in commissione, il testo definitivo approvato dalla stessa deve poi passare alle due Camere che, ricordiamo, sono caratterizzate dallo svolgimento delle stesse identiche funzioni inerenti il potere legislativo, entrambe le Camere devono approvare testi identici, quindi se una legge viene modificata da una delle Camere, deve ritornare indietro all’altra Camera. Per ogni Camera vi devono essere due votazioni, se si raggiunge la maggioranza qualificata dei 2/3 la legge potrà apportare le dovute modifiche alla Costituzione e quindi diventerà effettiva, nel caso in cui dovesse mancare la maggioranza qualificata, si dovrà passare attraverso un referendum popolare nel quale però non è richiesto un particolare quorum. Nel caso in cui il testo non dovesse ottenere neanche la maggioranza, sarebbe affossato.
La strada è quindi lunga e difficoltosa e sarà possibile portarla a termine solo se si riuscissero a trovare dei compromessi tra le varie forze parlamentari, in ciò l’uscita di molti deputati da SEL potrebbe costituire un buon vantaggio, ma tutto è da vedere.