Segnali di una società al tramonto e della ricerca della felicità

Il caso della maestra e del suo allievo di 10 anni

Leggo di una maestra di sostegno di Vicenza che avrebbe instaurato un rapporto forse “troppo affettuoso, ma assolutamente corretto”, come afferma l’insegnante, con un alunno di 10 anni. Così scrive il “Corriere della Sera” a proposito dei baci e degli SMS che i due si scambiavano:
“Una volta sulla bocca, a stampo”, ha raccontato il piccolo. Ma, soprattutto, gli avrebbe inviato degli sms bollenti. Questo, almeno, emerge dalle chat trovate dai genitori nel suo telefonino. Messaggi in cui la docente chiamava l’alunno “amore mio”. Gli scriveva “ti amo”, “mi sono innamorata, sapessi quanto ti spupazzerei su tutto il mio corpo”. Il bambino a volte abbozzava, altre rispondeva sforzandosi d’interpretare la parte dell’adulto. Frasi sentite chissà dove: “Voglio toccarti”. E lei: “Anch’io”.
La Giustizia farà il suo corso, ma questo episodio suggerisce una riflessione sui tempi che stiamo vivendo.

Pedofilia femminile ed erotismo pornografico

Se si tratta di un caso di pedofilia femminile, che esiste al pari di quella maschile ma meno raccontata con severità e disprezzo, certamente questo non è il primo caso e non sarà l’ultimo. Al pensiero che una quarantenne di bell’aspetto desiderasse toccare e farsi toccare da un ragazzino imberbe, qualche maschio adulto avrà abbozzato un sorriso invidioso, ricordando il proprio goffo esordio con la compagna di scuola, ma è pur vero che siamo circondati dall’erotismo/ pornografia gettata in faccia ormai senza alcuna prudenza.

La televisione e il messaggio sul sesso

Accendiamo il televisore e dai film agli spettacoli d’intrattenimento, siamo soverchiati dall’argomento “sesso”, suggerito o protagonista. Anche la pubblicità non è esente da questo indirizzo: che sia un integratore per dimagrire o una linea di costumi da bagno o un profumo, il messaggio è sempre lo stesso: assumi questo, indossa questo, cospargiti il corpo con questo e tutti gli sguardi saranno per te con le prevedibili e affettuose conseguenze. Abbiamo inventato trasmissioni dove la spasmodica attesa dello spettatore è quella di scoprire quando il giovane macho, in cerca di una scrittura e chiuso in un set/casa a Cinecittà, s’ingropperà la subrettina di turno, anche lei a far da cavia per la stessa ragione. Altri format vanno ancora più velocemente al sodo e presentano due estranei che fanno conoscenza in mutande e, se scatta l’attrazione entro un paio d’ore, si chiude la porta della stanza e si procede… Il tutto per diventare famosi 5 minuti e farsi una crociera gratis.

Il diritto alla felicità

Anche il desiderio di sesso è sempre esistito – per nostra fortuna o saremmo già scomparsi dalla faccia della Terra – e i nostri nonni ne avevano senz’altro da vendere, considerato che s’incaponivano a sbirciare una caviglia, ma oggi è assurto a strumento primario nella ricerca della felicità. Il piacere, in tutte le sue forme, domina le nostre scelte. Per molti, non è ascoltare Mozart o leggere un buon libro, che può infondere gioia e appagamento, ma un intrigante rapporto sessuale: unica parentesi di felicità in una vita alienante.
Ecco, se si potesse esprimere in una frase ciò che caratterizza le persone del nostro tempo, forse potrebbe essere: “Io ho il diritto ad essere felice!”. Questo impegno assoluto ed egoistico della felicità è assurta a valore unico, non più mitigato da altri quali la fede, l’amore per la famiglia, il senso civico, la volontà di raggiungere una statura morale fatta di rettitudine, educazione e cultura. Il rispetto delle cose e delle persone pare essersi trasformato nel ricordo di tempi sicuramente difficoltosi, ma più civili, per chi li ha vissuti.

Quando mai si è visto studenti sbeffeggiare e colpire con violenza il loro professore, documentare la bravata in video, solo per il gusto di contare i “mi piace” su facebook? Quando mai si è visto figli insultare i genitori che si sono permessi di rimproverarli per il rientro a casa alle prime luci dell’alba?

Delle tante regole che costruivano l’educazione, è rimasto ben poco, se non il perseguire la felicità e ciò che, in una società senza valori, si presuppone possa concederla: il denaro. Essa, poi, si coniuga con un altro termine, libertà, interpretato in un modo improprio, a mio parere, dimenticando che finisce là dove inizia quella di un altro.

Eccesso di libertà?

Guardiamo la politica: negli anni successivi alla II Guerra Mondiale e in quelli che contraddistinsero il boom economico, abbiamo avuto veri comunisti, come Berlinguer, e veri fascisti, come Almirante. Eppure, tra loro c’era rispetto, confronto tra visioni opposte della società, ma sempre nel solco dell’educazione e della misura, nella consapevolezza che l’esprimere odio genera violenza della quale non si possono prevedere i confini. Oggi il dileggio e l’insulto non fanno più notizia, rientrano nel normalità del confronto politico, si camuffano da satira nel nome della libertà d’opinione. Il tabù della droga, anche oltre la cannabis, resisterà ancora per poco, poiché il concetto di libertà personale e l’esigenza di felicità preme e a questa felicità è legato un business da capogiro; la famiglia, intesa quale mattone della società, non ha più il forte significato che possedeva e si divorzia con la “nonchalance” che usiamo per rinnovare il guardaroba, poiché la nostra felicità è altrove, con un’altra persona e abbiamo il diritto di essere felici con lei/lui.

Concetto di coppia

Il concetto che nella coppia tutto possa essere accettato, se utile a riattizzare sessualmente il rapporto, è un fatto ormai incontestabile. Scambi di coppia, bondage, threesome, vibratori e “strap on” non fanno più scandalizzare nessuno, da quando il porno gratuito è entrato nella case via internet. Tralasciamo poi argomenti più seri, delicati e controversi come l’adozione per coppie gay o la maternità surrogata, che potrebbero rientrare in questa ricerca della felicità.

Ritornando al caso della maestra di Vicenza, sempre se rappresenta davvero un atto illecito e non si configura quale interpretazione giornalistica, non voglio affermare che sia stata la decadenza dei costumi a favorirlo; certo che in un tempo dove migliaia d’italiani organizzano vacanze sessuali a Santo Domingo, Thailandia e Kenia, dove dai bambini agli erculei abitanti, tutto è “utilizzabile” per soddisfare le proprie fantasie sessuali, anche le più estreme, non sarà certo un “bacio a stampo” a creare scandalo! Forse questo avrà pensato la maestra di sostegno, osservando compiaciuta le forme acerbe e invitanti dell’alunno, fonte della sua felicità.
A questo punto, dismetto l’abito di Catone il censore fuori tempo, fustigatore dei costumi, e pongo una domanda al lettore: la nostra civiltà occidentale, nel suo complesso e con le caratteristiche che l’hanno distinta da più di mille anni, ha ancora un futuro? La personale risposta è facilmente intuibile…

Platone, il suo monito e la felicità

Felicità egoistica che si coniuga con libertà, vi dicevo, appoggiata e giustificata nel segno di un diritto che s’allunga come un elastico. Ma quando una civiltà dimentica i propri valori fondanti, che nel nostro caso sono quelli cristiani, allora si assiste al progredire di una cancrena che conduce al suo inesorabile tramonto.

A questo proposito e nell’VIII libro de “La Repubblica”, Platone suggerì un’altra evoluzione, che certamente non può farci gioire:
Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.
Massimo Carpegna

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Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.