Everest

La ragazza che ha trasformato una diagnosi in un viaggio incredibile fino all’Everest

Una ricerca di sé che dalla Vysočina porta all’Everest

In un mondo in cui molti cercano un significato, la storia di Monika Benešová inizia nella regione ceca della Vysočina e prosegue lungo strade imprevedibili: un viaggio a piedi in America, la sopravvivenza all’esplosione di Beirut e la salita verso l’Everest. Non per dimostrare qualcosa, ma per conoscere se stessa. È il racconto di una tenacia quotidiana, fatta di piccoli gesti, passi lenti e scelte coerenti con il proprio corpo e con la propria mente.

La diagnosi di Crohn: quando dare un nome cambia tutto

A ventisei anni Monika riceve la diagnosi di malattia di Crohn. Dopo anni di disturbi e visite, sapere cosa la stava ostacolando è stato paradossalmente un sollievo: alla sofferenza si affianca un piano di cura, alla confusione un linguaggio condiviso con medici e familiari. Monika ha sempre percepito un’intima relazione tra psiche e corpo, e questa consapevolezza la spinge a prendersi cura di sé in modo integrale: terapia, ascolto dei segnali fisici, ritmi sostenibili, attenzioni alimentari.

Il viaggio negli Stati Uniti: partire prima di preoccuparsi di arrivare

Dopo la diagnosi, Monika sceglie i grandi sentieri americani. Non le interessa “completare” in senso competitivo: ciò che conta è muoversi, sentire il respiro cambiare al mutare dei paesaggi, trovare nella natura un’alleata. Tra deserti, foreste e catene montuose, percorre oltre 4.000 km. L’itinerario diventa una scuola di gestione dell’energia: pasti regolari, idratazione meticolosa, pause quando è necessario. Persino la tenda, ogni sera, si trasforma in un laboratorio di ascolto: come ha reagito il corpo oggi? Cosa migliorare domani?

L’effetto del cammino sulla salute: routine, natura e regolarità

Il contatto prolungato con l’ambiente naturale e una routine essenziale – dormire, camminare, nutrirsi in modo semplice – influiscono positivamente sulla sintomatologia. Monika inizia a sentirsi più stabile, con una qualità di vita che le permette di godersi l’aria aperta senza paura. Non parla di guarigione miracolosa: riconosce la cronicità della malattia, ma rivendica una nuova capacità di “stare” nel corpo, di prendersi spazi e tempi che riducono lo stress e alimentano l’equilibrio.

Sognare l’Everest fin da bambina

Sin dall’infanzia, l’idea dell’alta quota la affascina. Dopo il Crohn, il sogno torna con forza: non come sfida all’impossibile, ma come dialogo con i propri limiti. La domanda non è “Riuscirò a raggiungere la cima?”, bensì “Che cosa scoprirò di me lungo la salita?”. Prepararsi significa costruire resilienza quotidiana: allenamenti progressivi, check medici, nutrizione curata, pianificazione dei campi, gestione dell’altitudine. È un progetto che intreccia ambizione e prudenza.

Beirut: sopravvivere per rimettere a fuoco le priorità

L’esperienza della grande esplosione a Beirut incide profondamente sul suo modo di leggere la vita. La fragilità diventa tangibile, il tempo una materia preziosa da non sprecare. Monika scopre che il coraggio non è un lampo eroico, ma un’abitudine: presentarsi a se stessi ogni giorno, come si è, con quello che si ha, e scegliere la direzione più sincera.

Sulla via dell’Everest: la scalata del 2024

Nel 2024 Monika entra nel teatro dell’alta quota. Il percorso verso i campi alti è un alternarsi di finestre meteo, rotazioni di acclimatazione, notti corte e decisioni calibrate. Alla fatica fisica si aggiunge la gestione della mente: rumore del vento, silenzio della neve, il tempo che scorre diversamente. In un momento critico, lo sguardo dello sherpa – saldo e fiducioso – diventa lo specchio in cui ritrovare convinzione. Non si tratta di “spingere” oltre, ma di riconoscere che è il momento di un passo in più.

La paura come bussola: ascoltarla senza farsi guidare

La montagna più alta del mondo non concede ingenuità. Monika accetta la paura come informazione: regola il ritmo, controlla le ancore (corda, punti di sicurezza, respirazione), mantiene lucidità nei passaggi delicati. È una paura utile, che allena all’umiltà e affina l’attenzione. Ogni gesto diventa intenzionale: sistemare il rampone, infilare il guanto, chiudere il moschettone. Piccoli riti per dire al corpo: “Siamo qui, insieme”.

La vetta e la vetta personale

Raggiungere la cima è un istante che contiene anni di scelte. Per Monika la vera vetta coincide con l’opportunità di ispirare altri a cercare la propria strada, qualunque essa sia. Portare un sorriso ai genitori, a chi l’ha sostenuta nei giorni complicati, vale quanto la foto sulla cresta sommitale. Il cammino resta aperto: i progetti non finiscono al rientro, cambiano semplicemente forma.

Approfondimento: chi è Monika Benešová

Definizione: viaggiatrice e alpinista che, nonostante la malattia di Crohn, ha attraversato l’America a piedi e ha raggiunto l’Everest nel 2024.
Curiosità: appartiene al ristretto numero di persone che hanno combinato una traversata di oltre 4.000 km con la salita della cima più alta del pianeta.
Dati chiave: circa 4.000 km percorsi nei sentieri americani; vetta dell’Everest nel 2024.

Le lezioni pratiche: cosa ci insegna il suo percorso

Routine che aiuta

Mangiare con regolarità, dormire a orari coerenti, pianificare pause: sono leve semplici che possono ridurre lo stress sistemico, preziose anche per chi convive con patologie croniche.

Ascolto e gradualità

Ogni obiettivo richiede una progressione: piccoli traguardi misurabili, feedback del corpo, strumenti di monitoraggio (diari, parametri, check medici). La gradualità rende sostenibile la motivazione.

Reti di supporto

Medici, amici, guide esperte: il successo nasce anche da relazioni che sanno contenere, orientare e incoraggiare nei momenti di incertezza.

Everest come metafora: scegliere il proprio passo

La montagna diventa immagine di un principio semplice: scegliere il passo giusto. Non sempre serve accelerare; talvolta è strategico rallentare per avere più fiato più avanti. È così nei progetti professionali, nei percorsi di cura, nelle relazioni. La forza che resta è quella che si distribuisce lungo il cammino.

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