La presenza di micro e nanoplastiche nella nostra cucina è molto più diffusa di quanto immaginiamo. Ogni giorno, senza rendercene conto, utilizziamo contenitori, utensili e imballaggi in plastica che, a contatto con calore, sfregamento o usura, rilasciano minuscole particelle nel cibo e nelle bevande. Queste particelle invisibili finiscono nel piatto, nel bicchiere e, infine, nel nostro organismo.
Le microplastiche sono frammenti di plastica con dimensioni inferiori a 5 millimetri, mentre le nanoplastiche sono ancora più piccole e potenzialmente più insidiose. Studi internazionali hanno rintracciato queste particelle in mare, nell’aria, nel suolo e persino nei tessuti umani, compreso il sangue e la placenta. Secondo una campagna di sensibilizzazione del WWF, è stato stimato che una persona possa ingerire fino a 5 grammi di plastica a settimana – l’equivalente di una carta di credito.
Come le microplastiche entrano nel cibo che prepariamo in cucina
I materiali plastici si degradano per effetto di luce, calore, sfregamento meccanico e lavaggi ripetuti. Nella quotidianità questo avviene quando scaldiamo un contenitore nel microonde, quando mescoliamo una zuppa bollente con un mestolo in plastica o quando conserviamo a lungo pietanze grasse in vaschette di plastica usa e getta. Ogni piccolo graffio, taglio o deformazione sul materiale è un potenziale punto di rilascio di particelle.
L’acqua imbottigliata è un’altra importante fonte di esposizione. Analisi su campioni provenienti da diversi Paesi hanno individuato una concentrazione di microplastiche nettamente superiore nell’acqua in bottiglia rispetto a quella del rubinetto. Nel tempo, il semplice gesto di riutilizzare la stessa bottiglia in PET, esponendola al sole o lasciandola in auto, favorisce la migrazione di frammenti di plastica e additivi nel liquido.
Gli effetti delle microplastiche sulla salute
La ricerca scientifica sta ancora valutando l’impatto a lungo termine dell’esposizione costante alle microplastiche, ma i segnali già emersi sono preoccupanti. Le particelle più grandi vengono in parte eliminate dall’organismo, mentre le più piccole possono attraversare le barriere biologiche e raggiungere organi interni, sistema circolatorio e tessuti. Alcuni studi hanno evidenziato la presenza di microplastiche nelle arterie e collegano questa contaminazione a un aumento del rischio cardiovascolare.
Oltre al materiale plastico in sé, va considerato il ruolo degli additivi: plastificanti, ritardanti di fiamma, coloranti, stabilizzanti. Molte di queste sostanze sono sospettate di agire come interferenti endocrini, contribuendo a squilibri ormonali, riduzione della fertilità, disturbi metabolici e aumento di patologie croniche. I rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità sottolineano la necessità di ridurre l’esposizione alle microplastiche e promuovere comportamenti più consapevoli nei confronti dei materiali a contatto con alimenti.
Cucina senza plastica: contenitori e pellicole da sostituire subito
Il primo passo per ridurre le microplastiche in casa è ripensare ai contenitori in cui conserviamo il cibo. Le classiche vaschette in plastica, soprattutto se vecchie o opacizzate, dovrebbero essere gradualmente sostituite con contenitori in vetro o acciaio inox con coperchi ermetici. Il vetro è inerte, non assorbe odori e resiste bene al calore, risultando ideale per conservare e riscaldare gli alimenti.
Anche la pellicola trasparente a base plastica può essere rimpiazzata con alternative più sicure: coperchi in silicone riutilizzabili, teli in cotone cerato, semplici piatti appoggiati sulle ciotole. Piccoli cambiamenti nella gestione degli avanzi possono ridurre in modo concreto la quantità di plastica usa e getta che entra in contatto con il cibo.
Cucina e acqua: come scegliere bottiglie e borracce più sicure
Limitare il consumo di acqua in bottiglie di plastica è una scelta vantaggiosa sia per l’ambiente sia per la salute. Quando la qualità dell’acqua di rete lo consente, è preferibile utilizzare caraffe filtranti certificate o impianti di filtrazione domestica e riempire borracce in vetro o acciaio inox. Questi materiali riducono il rischio di rilascio di microplastiche e non richiedono continui smaltimenti di imballaggi.
Anche le borracce “di design” in plastica rigida possono rilasciare particelle nel tempo, soprattutto se cadono, si graffiano o vengono pulite con spugne abrasive. Meglio orientarsi su modelli in acciaio a doppia parete o vetro temperato con rivestimento protettivo in silicone, facili da lavare e durevoli.
Utensili da cucina, taglieri e padelle: dove si nascondono le microplastiche
Mestoli, spatole, fruste rivestite in gomma dura e taglieri in plastica sono fra i principali responsabili del rilascio di microplastiche durante la preparazione dei pasti. I tagli ripetuti del coltello lasciano solchi microscopici da cui si staccano frammenti che finiscono nel cibo, soprattutto quando si tritano ingredienti umidi come pomodori, erbe, carne o pesce.
Una strategia efficace è preferire utensili in legno non trattato, bambù, acciaio inox o silicone di alta qualità certificato per l’uso alimentare. Per i taglieri, il legno duro e il bambù offrono una buona resistenza, sono facilmente igienizzabili e non rilasciano microplastiche. Anche la scelta delle padelle è cruciale: i rivestimenti antiaderenti danneggiati possono perdere microframmenti polimerici e composti chimici; quando il fondo si graffia o cambia colore conviene sostituire il pezzo con alternative in ghisa, acciaio inox o ceramica.
Bustine di tè, cialde e materiali usa e getta da evitare
Alcune bustine di tè e tisane sono realizzate in tessuti plastici o contengono strati polimerici nascosti nel filtro. A contatto con l’acqua bollente, questi materiali possono rilasciare milioni di particelle per singola infusione. Per ridurre il rischio, è preferibile scegliere tè sfuso da utilizzare con filtri in acciaio o carta non sbiancata, oppure bustine dichiarate compostabili e certificate.
Anche bicchieri monouso con rivestimento plastico interno, cialde per caffè non compostabili e imballaggi alimentari complessi contribuiscono al problema. Optare, quando possibile, per alternative riutilizzabili o compostabili e limitare l’uso di stoviglie usa e getta è una scelta che protegge sia l’ambiente sia la qualità di ciò che portiamo in tavola.
Piccoli gesti quotidiani per ridurre l’esposizione alle microplastiche
Passare a una cucina più “plastic-free” non richiede rivoluzioni immediate, ma una serie di scelte graduali e consapevoli. Sostituire mano a mano i contenitori usurati, scegliere bottiglie riutilizzabili in materiali sicuri, preferire taglieri e utensili in legno o metallo e limitare l’uso di imballaggi monouso sono azioni concrete alla portata di tutti.
Informarsi sulle caratteristiche dei materiali, leggere le etichette e monitorare lo stato degli oggetti che utilizziamo ogni giorno aiuta a ridurre l’esposizione a micro e nanoplastiche. Ogni cambiamento nella gestione della nostra cucina contribuisce a proteggere non solo l’ambiente, ma anche la salute di chi vive in casa.










