Molte persone, davanti a un documento da sottoscrivere, si bloccano su una domanda semplice ma comune: nella firma deve comparire prima il nome o il cognome? È un dubbio che nasce soprattutto quando si compilano atti ufficiali, contratti o moduli amministrativi e si teme di sbagliare l’ordine corretto della sottoscrizione.
In realtà, la normativa italiana non impone un ordine preciso. Tuttavia, alcune indicazioni provenienti dal Codice Civile, dall’Ordinamento dello Stato Civile (ossia il sistema normativo che disciplina la formazione, la gestione e la struttura degli atti relativi alla vita delle persone: nascita, matrimonio, morte, cittadinanza e generalità, regolato dal D.P.R. 396/2000) e dall’uso linguistico permettono di capire quale sia la forma più corretta e consigliata.
Cosa dice il Codice Civile sul nome e sul cognome
Il Codice Civile, all’articolo 6, definisce il “nome” come l’insieme composto da prenome (il nome proprio) e cognome. L’ordine in cui vengono citati è significativo: prima il nome di battesimo, poi il cognome.
Questa impostazione ha progressivamente sostituito l’abitudine – diffusa fino alla metà del Novecento – di presentarsi e firmare dicendo prima il cognome e poi il nome.
La stessa linea guida si ritrova nell’Ordinamento dello Stato Civile (D.P.R. 396/2000), secondo il quale, nella compilazione degli atti, le generalità devono essere riportate nel seguente ordine:
- nome
- cognome
- luogo di nascita
- data di nascita
- cittadinanza
- residenza
L’articolo 11 stabilisce che negli atti dello stato civile devono essere indicati:
«il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la residenza e la cittadinanza delle persone coinvolte».
Di conseguenza, quando si firma un documento è considerato corretto scrivere prima il nome e poi il cognome, anche se questo ordine non è obbligatorio e non invalida un documento firmato in modo diverso.
Il parere dell’Accademia della Crusca
Anche l’Accademia della Crusca conferma che, per ragioni linguistiche e di tradizione grammaticale, l’ordine preferibile è:
nome + cognome
Il motivo è semplice: i cognomi, storicamente, sono nati come una precisazione aggiuntiva al nome (ad esempio l’origine familiare, la professione o una caratteristica fisica). Così come l’aggettivo segue il sostantivo, anche il cognome segue naturalmente il nome.
Quando il cognome può venire prima?
Ci sono casi, però, in cui l’ordine si inverte senza che ciò crei problemi:
- nei documenti prestampati che richiedono esplicitamente prima il cognome;
- nel Codice Fiscale, dove i primi tre caratteri rappresentano il cognome e i successivi tre il nome.
Queste eccezioni non riguardano la firma autografa, ma solo sistemi di archiviazione o moduli tecnici.
Firma: vale nome e cognome, ma vale anche la sigla
La legge non impone alcuna formula obbligatoria per la firma. Per gli atti pubblici e amministrativi, però, la sottoscrizione deve essere leggibile, cioè deve permettere di riconoscere chi ha firmato.
Diverso è il caso degli atti privati, dove è possibile utilizzare:
- una sigla abituale,
- un tratto grafico abituale,
- una firma abbreviata.
L’importante è che la firma sia riconducibile al suo autore. La validità, infatti, non dipende da ciò che si legge, ma dalla possibilità di attribuire quello specifico segno grafico alla persona che ha firmato.
Quando una firma non è valida
Una firma non è considerata valida quando:
- non è stata apposta di proprio pugno (salvo casi previsti dalla legge);
- non è riconoscibile nemmeno tramite perizia calligrafica;
- è composta da simboli o disegni geometrici che non permettono di identificare l’autore.
La firma deve quindi essere un segno personale, costante e ripetibile, in grado di essere riconosciuto da esperti in caso di contestazione.
Chi può contestare una firma?
Solo chi ha apposto la firma può disconoscerla.
Se un soggetto dichiara che la firma non gli appartiene:
- negli atti privati sarà la controparte a dover provarne l’autenticità;
- negli atti pubblici spetta invece al contestatore fornire prova attraverso la querela di falso.
Un esempio tipico è quello delle banche: quando si apre un conto viene depositato uno “specimen” della firma, che servirà per verificare assegni e documenti futuri. Una firma palesemente diversa deve essere rifiutata.
Cosa succede se hai sempre firmato al contrario?
Nulla di grave.
Chi ha firmato per anni scrivendo prima il cognome e poi il nome non rischia la nullità del documento. Al massimo, in situazioni molto formali, potrebbe essere richiesto di riscrivere correttamente le generalità in un modulo.
Da oggi, però, conoscendo la forma consigliata, si può iniziare a firmare così:
“Mario Rossi” e non “Rossi Mario”
Naturalmente puoi anche continuare come hai sempre fatto: l’ordine non rende la firma invalida.
Come deve essere quindi la firma per essere valida?
- deve essere apposta di proprio pugno;
- deve essere riconducibile all’autore;
- può essere leggibile o stilizzata, purché identificabile.
L’ordine nome/cognome non influenza la validità legale della firma.










