Il referendum irlandese si è concluso con un niente di fatto. I voti che avrebbero dovuto rimuovere dalla costituzione i riferimenti sessisti nei confronti delle donne non sono arrivati. A questo giro, i diritti delle donne e la possibilità di emancipazione hanno subito una dura sconfitta, perché non si è raggiunto l’obiettivo ovvero ridefinire il ruolo delle donne nella Costituzione. C’è stata una bassa affluenza e il risultato emerso è una situazione immutata rispetto a quanto indicato nella Costituzione che risale al 1937.
Non è stato possibile, dunque, cancellare passaggi alquanto discriminatori per le donne nell’ambito della società irlandese. Ad esempio, permane l’indicazione che “fanno bene a rimanere in casa ed occuparsi della casa e della famiglia”.
Quello che non ci si aspettava, probabilmente, oltre a questa sconfitta, era questa affluenza alle urne così scarsa. Anche perché durante la campagna referendaria tutti i principali partiti caldeggiavano per il “sì” e sembrava esserci entusiasmo per la causa.
Le questioni che hanno invitato gli irlandesi alle urne erano: famiglia allargata e doveri delle donne nell’ambito familiare. Il primo punto da votare era accettare il concetto di famiglia allargata, cioè di ampliare il canonico concetto della famiglia fondata sul matrimonio, così come inteso e inserito nel testo nel 1937.
Con questo voto si voleva allargare ed equiparare famiglia ad ogni forma di relazione duratura, nonché di forma di convivenza tra coppie e coppie con figli. Il secondo quesito aveva lo scopo di eliminare l’articolo che stabilisce che la donna ha l’obbligo di occuparsi delle faccende domestiche (sollevando, quindi, l’uomo da ogni tipo di impegno in tal senso).