Il governo italiano si prepara al vertice con il presidente cinese Xi Jinping. Sul tavolo ci sono molti dossier strategici e non pochi rischi. La Cina infatti partecipa all’incontro di Roma secondo il suo progetto di espansione commerciale, ispirato alla nuova via della Seta, che prevede una gigantesca rete di vie di collegamento terrestri e marittime.
L’Italia può cogliere l’opportunità per aumentare la sua capacità di esportare nel paese del Dragone ma deve essere prudente. Pechino, infatti, potrebbe avere un controllo eccessivo, attraverso i suoi colossi economici, che puntano a forti investimenti nella rete veloce 5G, ma anche nell’acquisto di aziende e infrastrutture italiane.
Mele e pere italiane hanno divieto di export in Cina. La denuncia Coldiretti
La perdita di sovranità non è però l’unico problema. Coldiretti lancia l’allarme perché la Cina impedisce al nostro Paese di esportare molti prodotti del settore agroalimentare a cominciare da mele, pere e uva da tavola.
Pechino afferma di voler evitare il rischio d’importare anche parassiti potenzialmente pericolosi con la nostra frutta e costringe l’Italia a lunghi negoziati su ogni prodotto, prima di autorizzare l’export.
Solo pochi mesi fa, infatti, la Cina ha autorizzato l’Italia a a esportare kiwi e agrumi mentre erba medica e carni suine hanno ottenuto il via libera nel 2016 e, anche in quel caso, solo al termine di estenuanti trattative.
La strategia cinese per favorire la propria bilancia commerciale
Il governo cinese punta, in realtà, a mantenere una supremazia a livello di export, limitando le importazioni per conquistare quote crescenti di mercato.
Non è infatti un caso se l’Italia ha esportato prodotti agroalimentari nel 2018 per un valore di 439 milioni di euro, ma ha importato dalla Cina frutta, compresa quella biologica, e persino passate di pomodoro per 594 milioni.
Secondo uno studio Coldiretti, elaborato sui dati Istat, le esportazioni da Pechino verso il nostro Paese superano del 35% le nostre verso la Cina, nonostante l’Italia abbia triplicato l’export verso il gigante asiatico nell’arco di dieci anni.
Il divieto di Pechino non impedisce a mele e pere cinesi di invadere il mercato italiano
La Cina pretende assicurazioni sull’assenza di insetti o malattie, prima di concedere l’importazione ai nostri prodotti, ma invade con le sue mele e pere il mercato italiano, provocando anche l’arrivo di parassiti sconosciuti sul nostro territorio fino a poco tempo fa.
Mele, pere, ciliegie, mirtilli e uva sono danneggiate dagli insetti cinesi
Grazie all’export dalla Cina, l’Italia fa i conti con una crescente invasione di insetti nocivi alle colture. Si spazia dal moscerino killer dagli occhi rossi che distrugge ciliege, mirtilli e uva, al cinipide del castagno, dannosissimo per i nostri boschi, fino alla cimice asiatica, che devasta orti e frutteti e ce la ritroviamo anche in casa perché non ha nemici naturali.
L’Emilia Romagna è stata la prima regione a sperimentare la capacità distruttiva della cimice asiatica che si è poi diffusa rapidamente in Italia a macchia d’olio. A differenza di quella nostrana, attacca tutto: pere, mele, pesche, pomodori, noci, mais e soia. Secondo le stime di Coldiretti, in un anno può distruggere fino al 30-40% delle coltivazioni.
Alcuni agricoltori emiliani usano una specie di bicarbonato di potassio che ne uccide molte, ma fermarle tutte è impossibile. Riescono a deporre fino a 300 uova all’anno, possono volare anche 100 chilometri al giorno e sono continuamente affamate.
La sfida continua dei produttori italiani di pere e mele
Il mercato dell’estremo Oriente è comunque troppo appetibile per lasciarselo sfuggire. I produttori di frutta italiana puntano sulla qualità e nuove tecniche di frigoconservazione per migliorare resa dei campi e durata dei prodotti.
Gli investimenti sono quindi molto alti e vanno compensati. Sul mercato europeo la Germania assorbe il 43% del prodotto, il medio Oriente aiuta l’export ma la conquista dall’estremo Oriente, a partire dalla Cina, può essere decisiva per il settore.
La pianura padana leader nella produzione di pere
I produttori padani guardano con interesse e apprensione agli sbocchi, fino ad oggi negati, verso la Cina e i numeri parlano chiaro.
I dati del 2017 dimostrano che 80% della produzione nazionale di pere si concentra su 23.00 ettari in territorio padano per un valore di 600 milioni di euro di cui circa 150 destinati all’esportazione. l’Emilia Romagna produce da sola il 65% di pere italiane.
Tuttavia, la produzione italiana è al terzo posto per volumi, pari a 8 milioni di quintali raccolti, dietro a Stati Uniti e Cina. Di conseguenza, i produttori italiani puntano a conquistare anche il mercato asiatico grazie alla nostra qualità e biodiversità.
Le richieste di Coldiretti per aprire il mercato cinese a mele e pere italiane
Coldiretti chiede al governo italiano di difendere con decisione i nostri prodotti e di stipulare nuovi accordi più favorevoli alle esportazioni. Inoltre, occorre massima attenzione sanitaria per i prodotti cinesi che varcano la frontiera: il paese del Dragone è ai primi posti tra quelli che hanno provocato più allarmi alimentari in Europa nel 2018.