Facebook, bandisce la “finocchiona” scopri il motivo

Gli algoritmi del social network non hanno identificato il vero significato della parola nel giusto contesto

Da quando è stata riconosciuta prodotto Igp nel 2015 la finocchiona non aveva mai avuto tanta pubblicità come nelle ultime ore. L’insaccato è finito alla ribalta delle cronache social perché Facebook considera il nome un insulto, “pertanto non rispetta gli standard della community”.

Il qui pro quo è capitato a causa degli algoritmi che utilizza l’azienda di Zuckerberg per bloccare eventuali contenuti di carattere “offensivo” o “denigrante” che possono offendere gli utenti del social network. Evidentemente, la parola non è stata tradotta correttamente; anzi, è stata valutata fuori dal contesto in cui veniva utilizzata.

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La faccenda parte in Puglia, quando un’azienda pubblicitaria – Laboratorio Com – crea un post per un progetto culinario dell’enoteca La Staffa in cui si elogia l’insaccato toscano, con tanto di foto. Ma il sistema di moderazione automatico non funziona bene e condanna la pubblicità. Inizialmente, l’agenzia pensa di rivolgersi al team di Facebook per fare riabilitare l’inserzione, con una lezione di storia, ma poi desiste. E’ più semplice rifare la campagna.

Così i pubblicitari si mettono d’impegno e creano altri post che questa volta non sono banditi. Così, sul famoso salame si può leggere sul social che “ la finocchiona è un prodotto che ha il sapore della storia, delle tavole nobiliari e delle osterie più famose della Toscana”.

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Chissà se altri tagli di carne poco conosciuti come il lampredotto, la guancia e la lingua finiranno per offendere la sensibilità degli utenti di Facebook!! Quello che è certo è che non offenderanno il palato!