Lucio Anneo Seneca: un saggio… d’altri tempi!

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“Hai perso il frutto di tanti mali, se non hai ancora imparato ad essere sventurata”, scriveva Seneca a sua madre nella Consolazione a lei dedicata. E di sventure il poeta e filosofo latino ne conobbe svariate: nato in Spagna il 21 maggio nel 4 a.C. da una prestigiosa famiglia equestre, fu protagonista degli intrighi della corte imperiale tanto da essere esiliato da Claudio nel 41 d.C. e condannato a morte da Nerone nel 65 d.C. per la presunta partecipazione alla congiura dei Pisoni.

Da bravo stoico, però, venuto a conoscenza della pena capitale che pendeva sulla sua testa, si tolse la vita: Al saggio non può capitare nulla di male: non si mescolano i contrari. Come tutti i fiumi, tutte le piogge e le sorgenti curative non alternano il sapore del mare, né l’attenuano, così l’impeto delle avversità non fiacca l’animo dell’uomo forte: resta sul posto e qualsiasi cosa avvenga la piega a sé; è infatti più potente di tutto ciò che lo circonda.(De Providentia)

Fu una morte sofferta: recise le arterie e le caviglie, Seneca fu costretto a bere la cicuta, sulla falsariga di Socrate, perché a causa della vecchiaia e dei digiuni, il sangue non riusciva a sgorgare. Non riuscendo ad ingurgitare il veleno, dovette immergersi nell’acqua calda per favorire la perdita di sangue e rimanere soffocato dai vapori caldi.

Nonostante l’adesione rigorosa allo stoicismo, che si manifesta anche nel tipo di suicidio attuato, l’autore si rivelò un esibizionista persino nella morte: si racconta, infatti, che chiese allo scriba di restargli accanto e di “recensire” l’evento!

Educato a Roma nelle migliori scuole filosofiche e retoriche, Seneca divenne noto per le Lettere morali a Lucilio, in cui unì la filosofia e il genere epistolare, e si cimentò anche nelle tragedie, di cui rinomato è il “gusto splatter” (specialmente nella Medea); tuttavia non mancò di presentare al pubblico anche opere più “leggere” come l’Apokolokyntosis, ovvero la parodia della morte dell’imperatore Claudio.

Brillante uomo di lettere, Seneca incorse nel suo più grande fallimento con la mancata educazione morale dell’imperatore Nerone, di cui voleva fare un sovrano esemplare, come scrive nel dialogo De Clementia. A detta del filosofo, quello che sarebbe diventato uno dei più grandi tiranni di Roma “poteva vantare una virtù che non aveva avuto alcun altro imperatore, cioè l’innocenza“.

Nonostante il “fallo politico”, la fama dell’autore non conosce oblio, tanto che recentemente la Newton Compton Editori ha pubblicato L’arte di essere felici nella collana Live, detta “anticrisi”: i libri che ne fanno parte costano infatti solo 0,99 centesimi!arte di essere felici seneca

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 Alessia Pizzi