In un nuovo esperimento condotto in Giappone, gli scienziati hanno dimostrato che i polpi possono essere ingannati a credere che un braccio finto appartenga al loro corpo. Questa scoperta apre una nuova finestra sulla comprensione della coscienza corporea e dell’autoconsapevolezza nel regno animale, suggerendo che anche i cefalopodi possiedano un senso di proprietà del corpo sorprendentemente sofisticato.
Ecco il link all’esperimento originale pubblicato su Current Biology:
https://www.cell.com/current-biology/fulltext/S0960-9822%2825%2900592-5
L’esperimento si ispira a un fenomeno già noto in psicologia umana: l’illusione della mano di gomma. In questo test, una persona viene indotta a percepire una mano di gomma come propria, grazie alla stimolazione tattile simultanea della mano reale e di quella finta. Fino a oggi, si pensava che un tale livello di percezione corporea fosse esclusivo degli esseri umani e di alcuni mammiferi, ma i polpi sembrano aver dimostrato il contrario.
L’esperimento che ha svelato la mente del polpo
Il tem di ricerca dell’Università di Ryukyus, guidato da Sumire Kawashima e Yuzuru Ikeda, ha lavorato con sei polpi della specie Callistoctopus aspilosomatis. Ogni polpo è stato collocato in una vasca trasparente contenente un braccio finto in gel, simile per consistenza e colore a un vero tentacolo.
Il braccio artificiale è stato posizionato in modo da nascondere alla vista quello reale del polpo. Con delle pinze di plastica, i ricercatori hanno iniziato ad accarezzare contemporaneamente il braccio finto e quello vero per un periodo di otto secondi, replicando la stimolazione sincronizzata utilizzata negli esperimenti sull’uomo.
Quando gli scienziati pizzicavano il braccio finto, i polpi mostravano reazioni difensive immediate, come il cambiamento di colore della pelle o un improvviso movimento di ritrazione. Queste reazioni non avvenivano quando la stimolazione non era simultanea, dimostrando che l’illusione dipendeva da una perfetta sincronia tra i due stimoli.
Cosa significa l’illusione per la scienza
I risultati dello studio indicano che i polpi non solo possiedono una percezione del proprio corpo, ma possono anche essere indotti a estenderla a oggetti esterni. Questo suggerisce che la loro mente integra informazioni visive e tattili in modo complesso, proprio come accade negli esseri umani.
Per i neuroscienziati, questa scoperta è rivoluzionaria perché mostra che la percezione corporea potrebbe essersi evoluta in modo indipendente in specie molto distanti tra loro. La capacità dei polpi di rappresentare mentalmente il proprio corpo potrebbe avere un valore adattivo: riconoscere e controllare i propri tentacoli in un ambiente complesso, come il fondale marino, è fondamentale per sopravvivere.
L’illusione del braccio finto dimostra anche come i polpi riescano a fondere in modo flessibile stimoli sensoriali multipli, un’abilità che li rende capaci di risolvere problemi e adattarsi rapidamente a situazioni impreviste.
Approfondimento: l’illusione della mano di gomma
L’illusione della mano di gomma è stata scoperta negli anni ’90 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Princeton. Il fenomeno si verifica quando una persona osserva una mano finta mentre la propria viene toccata in modo sincronizzato. Dopo pochi secondi, il cervello integra le informazioni tattili e visive, convincendo la persona che la mano di gomma sia parte del proprio corpo.
La versione applicata ai polpi segue lo stesso principio, ma ha implicazioni ancora più ampie. Gli animali coinvolti non possiedono uno scheletro e il loro sistema nervoso è distribuito in modo diverso da quello dei vertebrati. Ogni braccio di polpo, infatti, contiene centinaia di milioni di neuroni e può compiere azioni indipendenti, rendendo ancora più sorprendente la capacità del cervello centrale di integrare la percezione corporea.
Un cervello distribuito e intelligente
I polpi sono considerati tra gli invertebrati più intelligenti. Possiedono un cervello complesso, diviso tra un sistema nervoso centrale e otto centri periferici situati nei bracci. Questo modello unico di elaborazione rende il loro comportamento incredibilmente sofisticato: possono aprire barattoli, risolvere labirinti e perfino riconoscere individui umani.
La scoperta della percezione del braccio finto aggiunge un nuovo tassello alla comprensione della loro mente. Indica che, nonostante la distanza evolutiva, i polpi condividono con l’uomo un principio cognitivo comune: la capacità di creare una rappresentazione mentale del proprio corpo.
La voce degli esperti
Peter Godfrey-Smith, biologo e filosofo dell’Università di Sydney, noto per i suoi studi sui cefalopodi, ha definito questo esperimento “una pietra miliare per la comprensione della coscienza animale”. Secondo il ricercatore, il risultato suggerisce che i polpi possiedono una forma di autoconsapevolezza più sofisticata di quanto si pensasse in precedenza.
Kawashima e Ikeda hanno sottolineato che l’obiettivo non è solo capire quanto siano intelligenti i polpi, ma comprendere come differenti forme di vita percepiscano e interpretino il proprio corpo nel mondo.
Implicazioni per la neuroscienza e la robotica
Le implicazioni di questa ricerca si estendono oltre la biologia marina. Comprendere come i polpi elaborano la percezione corporea può ispirare lo sviluppo di sistemi robotici più avanzati, dotati di un senso del corpo dinamico e adattabile. I robot ispirati ai cefalopodi, già studiati in ambito bioingegneristico, potrebbero utilizzare principi simili per adattarsi a spazi ristretti o manipolare oggetti delicati.
La ricerca, inoltre, contribuisce al dibattito sul concetto di autocoscienza animale. L’idea che un polpo possa provare un’illusione percettiva simile a quella umana ridefinisce il confine tra intelligenza umana e animale, spingendo gli scienziati a riconsiderare come definire la coscienza stessa.
L’esperimento sui polpi e l’illusione del braccio finto segna un nuovo passo nella comprensione delle menti non umane. Mostra che la natura della coscienza e della percezione corporea può manifestarsi in forme straordinariamente diverse, ma unite da un principio comune: la capacità di sentirsi parte del proprio corpo, anche quando la realtà inganna i sensi.










