La corsa contro il tempo per approvare la riforma degli appalti

Riforma codice appaltiDiciassette aprile duemilasedici. Quello che apparentemente potrebbe sembrare un giorno qualsiasi è invece una scadenza molto sentita nell’ambito degli appalti, perché è la data entro la quale l’Italia – come tutti gli altri Paesi membri – deve obbligatoriamente recepire le ultime tre direttive comunitarie in questa delicata materia. Nel nostro Paese, l’azione europea è diventata l’occasione per redigere un nuovo Codice degli appalti, che mandi in soffitta quello attuale, sottoposto a così tante revisioni da contare al momento più di 600 diverse norme. Per restare sempre aggiornati su questa materia, basta cliccare su appaltitalia, il giornale degli appalti nel nostro Paese.

Le direttive europee. Sono state, come detto, ben tre le direttive approvate a Bruxelles per creare regole comuni nel campo degli appalti, e infatti tutte sono orientate verso una maggiore flessibilità procedurale. Nello specifico, la direttiva 2014/23/Ue disciplina la materia delle concessioni, la 2014/25/Ue regola gli appalti nei settori speciali (abrogando la precedente 2004/17/Ce), mentre la 2014/24/Ue regolamenta gli appalti pubblici nei settori ordinari (abrogando la direttiva 2004/18/CE). L’intera struttura normativa persegue ovviamente gli obiettivi strategici delineati in “Europa 2020” e tenta di aumentare l’efficacia della spesa pubblica anche attraverso la semplificazione della partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.

Appalti pubblici. Quella più delicata è probabilmente l’ultima direttiva citata, la 2014/24/UE, che stabilisce in particolare nuove norme sulle procedure per gli appalti indetti da amministrazioni aggiudicatrici riguardo a opere pubbliche e concorsi di progettazione. La nuova direttiva è costituita da 94 articoli e 15 allegati (più corposa dunque della precedente, che si fermava per l’esattezza a 84 articoli e 12 allegati), e cerca di fissare criteri e regole per minimizzare il più possibile il rischio di corruzione o procedimenti poco trasparenti.

L’Ue e la corruzione. Quello degli appalti, e in particolari quelli pubblici, resta infatti un settore particolarmente vulnerabile, specialmente nel sistema burocratico e amministrativo del nostro Paese, dove la corruzione raggiunge somme elevate e costa moltissimo all’intera comunità, perché compromette la fiducia di mercati e imprese, scoraggia nuovi investimenti dall’estero e, quindi, determina una perdita generale di competitività. A febbraio 2014 l’Ue ha pubblicato il Rapporto sulla lotta alla corruzione, in cui ha affermato, tra le altre cose, la necessità, negli appalti pubblici, di ricorrere in modo sistematico alla valutazione dell’eventuale rischio di corruzione da parte degli organismi di controllo. Non è un caso, quindi, che nel testo in discussione nel Parlamento italiano un ruolo centrale lo assuma l’Autorità Nazionale per l’Anticorruzione, l’ente guidato da Raffaele Cantone, che dovrebbe avere dunque nuovi compiti e, soprattutto, nuovi poteri.

Come si sta muovendo l’Italia. Come detto, in Italia si sta tentando di armonizzare il recepimento delle tre direttive al necessario processo di revisione del Codice dei contratti pubblici, che pur risalendo al 2006 sembra ora obsoleto, oltre che “illeggibile” perché troppo corposo e poco snello (parola di Raffaele Cantone). È semplificazione la parola chiave, dunque, e l’opera dovrebbe concludersi entro il 2015, come auspicato dal viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, in anticipo dunque rispetto alla scadenza obbligatoria di aprile. Tra i suoi punti centrali, oltre alla rinnovata importanza dell’Authority, ci dovrebbe essere l’attenzione alle piccole e medie imprese e alle tematiche ambientali, con possibili norme specifiche sulla cosiddetta “partecipazione pubblica” e sulla qualificazione delle imprese.

L’Italia si è mossa e sembra davvero pronta ad avviare questo percorso che dovrebbe approdare a un cambiamento, effettivo e profondo, nell’attuazione delle opere e degli appalti pubblici. Mancano pochi mesi per scoprire cosa partorirà la montagna, sperando non sia il solito, proverbiale topolino.