Raggio della morte: una terribile arma inventata da Guglielmo Marconi?

Non ci sono prove riguardo all'effettiva invenzione del fantomatico "raggio della morte". Come ha avuto inizio la leggenda?

Il raggio della morte è una terribile arma, di cui non si ha alcuna prova riguardo la sua esistenza. Tutto è confinato nella leggenda e nel sentito dire. Secondo quello che è stato tramandato, sarebbe stata creata dal geniale Guglielmo Marconi. Ma come si è andata a creare una simile storia? Di Marconi si hanno parecchie informazioni. Fu un grande fisico, politico e imprenditore. Marconi è famoso a livello mainstream per l’invenzione della radio, non tutti sanno però che sarebbe stato coinvolto nell’invenzione di quest’arma ad alta tecnologia di cui parleremo in questo articolo.

Cosa poteva fare il raggio della morte?

Il raggio della morte avrebbe avuto il potere di annientare in un sol colpo un intero esercito nemico. Sembra che per lo sviluppo di una simile arma, Guglielmo Marconi abbia usato un macchinario elettromagnetico, al giorno d’oggi conservato presso il Museo della Radio a Verona. Qui sono presenti ulteriori cimeli collegati allo scienziato. Vi è inoltre un dossier di Historia risalente al 1972 in cui sono contenuti alcuni interessanti approfondimenti relativi a tale misteriosa arma. C’è da credere, tuttavia, a una simile storia?

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Marconi finanziato da Mussolini

Secondo alcune indiscrezioni riportate all’epoca dai giornalisti, tra il 1935 e il 1937 Benito Mussolini avrebbe finanziato Guglielmo Marconi per la costruzione di un’arma segreta. Non conosciamo molto delle fattezze di questo marchingegno, ma sappiamo qualcosa riguardo alle capacità del raggio, che avrebbe avuto il potere di bloccare e annientare, a qualsiasi distanza, qualsiasi mezzo motorizzato. Una favola di impronta fascista? Può essere, del resto se ne sono dette tante anche riguardo al nazismo di stampo esoterico e alla fantomatica ricerca del Santo Graal da parte di Hitler.

Eppure, sembra che qualche informazione concreta sull’esistenza del raggio della morte ci sia. Il punto di partenza per la ricerca della verità è la moglie di Mussolini, Rachele. La donna, nel suo libro dal titolo “Mussolini privato” racconta di come una volta avrebbe assistito a un esperimento condotto nel 1936 sull’autostrada Roma-Ostia. Intorno alle 15, tutti i veicoli che stavano avanzando in quel tratto si bloccarono improvvisamente, senza una vera e propria spiegazione. Dopo mezz’ora, le auto riuscirono a ripartire come se nulla fosse accaduto.

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Eppure i dubbi rimangono (e giustamente)

Al di là della testimonianza di Rachele Mussolini, cerchiamo ora di usare la ragione: ammesso (e non concesso) che questo fantomatico raggio della morte sia esistito, è legittimo chiedersi come mai tale arma non sia stata utilizzata dall’Italia nel corso della sua partecipazione alla seconda guerra mondiale. Ebbene, sembra che anche in questo caso ci sia una risposta a tale dilemma. Si vocifera, infatti, che pochi anni prima dell’entrata in guerra del nostro Paese, Guglielmo Marconi ebbe un colloquio con papa Pio XI.

Pio XI, spaventato dell’immensa potenza che avrebbe potuto scatenare il raggio della morte, chiese a Guglielmo Marconi di interrompere le ricerche. Marconi confessò a Mussolini quanto chiestogli da Pio XI, molto preoccupato per la situazione. il duce, che voleva proseguire l’amicizia con il papa e, allo stesso tempo, rispettare la ferma religiosità di Marconi, accettò di bloccare le ricerche sul raggio, ma l’invenzione non sarebbe mai stata distrutta. Guglielmo Marconi morì nel 1937 a causa di un infarto. Nella tomba si sarebbe portato anche il segreto su tale arma.

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Le dichiarazioni di Francesco Chiantera

Francesco Chiantera, direttore del Museo della Radio a Verona, ha rilasciato alcune dichiarazioni su Guglielmo Marconi e il raggio della morte, riportate da L’Arena: “Pensiamo che Marconi avrebbe voluto usare il raggio della morte solo per difendersi dai nemici, non come arma distruttiva” e poi ancora: “Avrebbe voluto smagnetizzare ogni mezzo a motore: auto, motociclette, camion e aerei, per rendere vani gli attacchi esterni. Dopo la morte di Marconi, nel 1937, si vocifera che il raggio finì in mani sbagliate”.

Il Museo della Radio diretto da Francesco Chiantera è ospitato presso l’aula magna dell’Istituto tecnico industriale statale “Ferraris” di via del Pontiere. Chiantera ha qui allestito un punto dedicato a Guglielmo Marconi, ove è possibile ammirare diversi tesori del passato. Sempre riguardo all’enigmatica (e terribile) arma inventata dal geniale scienziato, Chiantera ha aggiunto: “Sembra che tutt’oggi si continui segretamente a sviluppare l’arma e pare che le grandi potenze la utilizzino in silenzio”. Se così fosse è lecito chiedersi: a che punto sono le ricerche attualmente?

La possibile verità dei fatti

Al giorno d’oggi, dopo quasi novant’anni, ancora si continua a discutere sull’effettiva esistenza del raggio della morte, di cui non abbiamo neanche una foto. Eppure, la soluzione sarebbe da ricercare proprio partendo da Guglielmo Marconi. Lo stesso, tramite un suo stretto collaboratore, fece sapere a un giornalista italiano che voleva saperne di più sull’arma bellica degli anni ’30: “Raggio della morte? Fantasie”. Marconi “non era impegnato, per conto del regime fascista, a costruire nessuna ”arma formidabile per arrestare gli eserciti in marcia oppure incendiare a distanze favolose le navi sui mari”, ma lavorava all’invenzione del radar, nella speranza di poter battere sul tempo gli scienziati angloamericani”. Parola di Giovanni Paoloni, ricercatore che a fine anni ’90 rintracciò alcuni documenti nell’archivio dell’Accademia dei Lincei, dove sono conservate le ”Carte Marconi”. Tra gli incartamenti più importanti una lettera del giornalista Carlo Rossi indirizzata a Umberto Di Marco, premio Nobel per la Scienza, datata 5 giugno 1935.

Come informa Adnkronos in un articolo del 1997, Rossi, incaricato di redigere una rticolo sul raggio della morte, si dichiarava “miscredente” riguardo a tale argomento richiedendo informazioni precise per non scrivere stupidaggini. Rivolgendosi a Marconi, Carlo Rossi scrive: “”Non desidero sapere di che si tratta, ma soltanto se e’ escluso il genere di esperienze suddette. Potrebbe e vorrebbe Ella farmi la cortesia di illuminarmi in proposito? Ella capira’ facilmente la ragione: non posso prendere in giro una cosa che magari Sua Eccellenza ha dimostrato possibile”. Marconi alla fine vuotò il sacco e fece sapere al giornalista, tramite il suo fidato segretario, che nessuna voce relativa ai suoi lavori su fantomatiche armi da fuoco era vera.