Virus che incendia lo smartphone: l’esperimento BadPower

Si tratta di un esperimento, ma è davvero possibile manomettere il caricabatterie tramite virus

Un gruppo di ricercatori cinesi ha dimostrato, che basta un semplice virus per manomettere il caricabatteria dello smartphone e incendiarlo. Ecco BadPower, l’esperimento della Xuanwu Lab, divisione di ricerca interna del gigante cinese Tencent.

Ricariche veloci, vantaggi e rischi

Le nuove tecnologie nel settore dell’elettronica di consumo, specialmente per il mercato degli smartphone e tablet, hanno portato a nuovi metodi e funzioni per la ricarica veloce dei device. In alcuni casi recenti, la potenza di queste ricariche super veloci, può arrivare anche a 90 Watt. Per ricaricare a questa potenza, e quindi velocità, serve anzitutto, un caricabatteria molto potente, di solito basato su elettronica in GaN (nitruro di gallio) e, ovviamente, di uno smartphone compatibile.

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I due dispositivi dialogano tra loro e stabiliscono la potenza massima di ricarica. Questo significa che se un caricatore veloce viene connesso ad un dispositivo che non supporta la ricarica veloce, il caricatore abbasserà automaticamente la potenza erogata. Questo, per non danneggiare lo smartphone che, altrimenti, potrebbe addirittura andare a fuoco. Il processo viene regolato tramite il firmware dell’alimentatore, che dialoga con il firmware del dispositivo da ricaricare.

BadPower, il virus che manda a fuoco gli smartphone

Ma che succederebbe se i firmware non riuscissero a comunicare tra di loro a causa di un virus? Ed ecco che la risposta è stata data da “BadPower”, l’esperimento del team di ricercatori della Tencent. Questi ultimi hanno infatti dimostrato che la comunicazione può essere “manipolata” tramite infezione con un virus. Il firmware infetto ignorerà il messaggio ricevuto da un dispositivo non compatibile con la ricarica veloce e inizierà a ricaricarlo al massimo voltaggio. Come risultato, il dispositivo ricaricato verrà gravemente danneggiato, a volte prendendo addirittura fuoco. Naturalmente si tratta solo di un esperimento, ma questo, dimostra che potrebbe essere possibile una cosa del genere: tanto che su 35 caricatori veloci testati, 18 sono stati manomessi dal codice infetto.

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Inoltre, lo stesso risultato lo si può ottenere anche agendo sul firmware del dispositivo da ricaricare e non su quello del caricatore. Nel caso in cui si modificasse il caricatore, invece, si potrebbe “friggere” praticamente tutto quello che gli verrà connesso dopo la manomissione. Lo scopo di questo test, è dunque quello di allertare i produttori di dispositivi di ricarica (e di dispositivi da ricaricare) a mettere in atto potenti protezioni per i firmware che gestiscono la ricarica veloce.