La decisione di interrompere gli aggiornamenti di sicurezza e manutenzione per Windows 10 interessa una quota enorme di utenti, aziende e pubbliche amministrazioni. Per molti computer, soprattutto quelli acquistati tra il 2015 e il 2020, passare a Windows 11 non è possibile a causa dei requisiti hardware più severi (come il TPM 2.0 e determinate CPU). Questo crea un divario: da un lato i dispositivi ancora perfettamente funzionanti, dall’altro un sistema operativo che smette di essere sicuro.
Cosa significa davvero “fine del supporto”
Quando un sistema operativo non è più supportato, Microsoft smette di rilasciare patch di sicurezza, correzioni di vulnerabilità e miglioramenti alla stabilità. Il sistema continua ad avviarsi e a funzionare, ma diventa via via più esposto agli attacchi. I criminali informatici, infatti, studiano proprio le piattaforme che non ricevono più aggiornamenti perché sanno che rimarranno scoperte. Non è un dettaglio: molti ransomware sfruttano proprio falle note e non più chiuse.
Il problema nascosto: l’ondata di rifiuti elettronici
Se milioni di utenti saranno spinti a cambiare PC solo perché il sistema non è più supportato, la conseguenza inevitabile sarà un picco di e-waste. Studi universitari hanno stimato che centinaia di milioni di dispositivi potrebbero essere dismessi anzitempo, pur essendo ancora funzionanti a livello hardware. Questo avviene in un contesto in cui meno di un quinto dei rifiuti elettronici mondiali viene riciclato correttamente, mentre il resto finisce in discariche o viene smaltito in modo informale, con dispersione di metalli pesanti e plastiche.
Obsolescenza software = obsolescenza hardware
Si parla spesso di obsolescenza programmata per indicare i prodotti costruiti per durare poco. In questo caso, però, non è l’hardware a rompersi: è il software che “decide” quando la macchina non è più idonea. È una forma di obsolescenza software che mette in difficoltà utenti, scuole, associazioni e piccole imprese che non possono permettersi di rinnovare il parco macchine ogni 3-4 anni. Prolungare il ciclo di vita dei PC significherebbe anche ridurre emissioni e consumo di materie prime.
Rischi di sicurezza per chi resta su Windows 10
Chi continuerà a usare Windows 10 dopo la fine del supporto dovrà farlo in modo più accorto. Un sistema non aggiornato è più esposto a:
- malware che sfruttano vulnerabilità non più corrette,
- ransomware diffusi tramite email e siti compromessi,
- attacchi alla rete domestica o aziendale se il PC funge da “punto debole”,
- furto di credenziali salvate nel browser.
In ambito aziendale questo è ancora più critico, perché un solo PC insicuro può compromettere l’intera rete.
Opzione 1: aggiornare dove possibile
La prima strada resta sempre verificare se il dispositivo può essere aggiornato a Windows 11 (o a eventuali versioni successive). A volte basta abilitare il TPM nel BIOS o procedere con un upgrade della RAM o dell’SSD per riportare in vita un PC. È una soluzione che prolunga la vita dell’hardware e riduce il rischio di doverlo smaltire.
Opzione 2: passare a Linux (anche su PC datati)
Per i computer che non possono eseguire Windows 11 in modo ufficiale, la strada più sostenibile è installare una distribuzione Linux leggera (per esempio Linux Mint, Xubuntu o Zorin OS). Questi sistemi:
- sono gratuiti,
- ricevono aggiornamenti di sicurezza per anni,
- funzionano bene anche su hardware vecchio,
- permettono di continuare a usare il PC per navigare, scrivere, gestire email e anche fare scuola a distanza.
Per molte realtà (famiglie, no profit, biblioteche) è la soluzione più ecologica ed economica.
Opzione 3: estensioni di supporto e virtualizzazione
In alcuni casi, soprattutto per le aziende, si possono valutare programmi di supporto esteso o l’uso di Windows 10 in macchine virtuali isolate. Non è la soluzione ideale per tutti, ma consente di far funzionare software gestionale o macchinari industriali legati a vecchie versioni di Windows senza esporre l’intera rete.
Diritto alla riparazione e software più duraturo
La vicenda Windows 10 riaccende il tema del diritto alla riparazione: non basta poter cambiare una batteria o un SSD, se poi il produttore dismette il software e costringe al cambio di macchina. Per ridurre i rifiuti elettronici servono politiche che incentivino sistemi operativi con cicli di vita più lunghi, aggiornamenti di sicurezza separati dalle novità estetiche e obblighi di trasparenza sui requisiti hardware futuri.
Cosa può fare subito l’utente
Chi oggi ha un PC con Windows 10 può già:
- fare un backup completo dei dati,
- aggiornare tutti i driver e le patch disponibili prima della fine del supporto,
- installare un buon antivirus e tenere il browser aggiornato,
- valutare il passaggio a Linux su un secondo disco o in dual boot,
- informarsi sui centri di raccolta per il corretto smaltimento dei dispositivi non più usati.












