50 Sfumature di Grigio. La mediocrità fatta film.

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ieri è arrivato nelle sale italiane l’attesissimo 50 sfumature di Grigio, primo dei tre romanzi della neoscrittrice inglese E. L. James, atteso dalle fan della trilogia come uno dei più eccitanti e sconvolgenti film degli ultimi venti anni.

In realtà ciò che c’è di sconvolgente è che, quello che doveva essere il film più pruriginoso degli ultimi anni, abbia sfiorato il comico con alcune battute al limite del ridicolo. Il romanzo in sé non è certo un’opera Shakespeariana. Scritto in maniera elementare e ripetitiva, ai limiti del buonsenso, sullo stile dei romanzi trash più in voga negli anni ’90, ha saputo stregare un ampio target di lettori. L’unica via di miglioramento era la trasposizione cinematografica ma purtroppo i risultati sperati non si sono visti anzi, il fondo si è toccato proprio in sala. Nonostante la presenza della scrittrice sul set, la regista Sam Taylor Johnson non è riuscita a far scaturire dalla storia quello che di salvabile c’era. Forse perché neanche l’autrice se ne è resa conto, scadendo nel volgare e scontato racconto delle peripezie sessuali del giovane miliardario. Infatti ciò che poteva apparire interessante, oltre alle “prodezze” amorose del bel Christian sulla tormentata Anastacia, era la divergenza dei due protagonisti nell’affrontare una delle pulsioni umane più primitive. Divergenza nata da cause pregresse che hanno portato i due ad approcciarsi alla vita e al sesso in maniera differente. C. Grey, con un passato difficile alle spalle, vive la sessualità in modo violento, aggressivo, dominata da una continua alternanza tra eros e thanatos, dove la distruzione prevale  sfociando nel sadismo, per poi lasciar spazio al piacere effimero dell’attimo. A questo si oppone la purezza di Anastacia che nonostante la sua essenza si lascia risucchiare nel torbido mondo del ragazzo. Inizia così un’interazione tra i due universi nella quale il Bene e il Male si incontrano dando vita ad una altalena di emozioni che porterà uno dei due a soccombere.

Nel film tutto questo non c’è stato. Le immagini  e i dialoghi si sono susseguiti senza alcun pathos, senza nessun accento sugli eventi determinanti delle sofferenze dei due personaggi. È apparso tutto molto sfuggevole e accennato. L’argomento sarebbe potuto essere uno spunto più che interessante per scoprire le stanze buie dell’animo umano e le pulsioni più intrinseche che muovono la mente quando ci si trova di fronte determinate circostanze. Purtroppo il tema è stato trattato sia nel romanzo che nel film, con una superficialità e una vena licenziosa che sono sfociati nella più totale vacuità e volgarità, forse ahimè, vere cause del suo successo mondiale.