Account indelebili: quando la disattivazione è un’odissea

Cancellare un account e-mail non è sempre facile come ci si potrebbe aspettare. E se la disattivazione tarda ad arrivare, che cosa ne è di tutti i nostri dati personali?
Ormai la sottoscrizione delle “Condizioni di utilizzo” è svolta da molti utenti di Internet con un qualche tipo di (pericolosa) automazione. Accetta, accetta, accetta. Avanti; conferma. Molti blog hanno dedicato lunghissimi post cercando di spiegare perché, invece, l’attenta lettura di queste condizioni sia importante; editor di tutto il mondo hanno insistito sulla necessità di un controllo attento di queste condizioni (il recente caso degli account Facebook non li ha sorpresi poi molto). Gli avvertimenti, insomma, si sprecano: ma quali sono le conseguenze legate ad una lettura poco attenta dei “Termini del servizio”, nell’attivazione di un account?
Una di queste consiste nel restare “prigionieri” dei propri account.
Il diritto di recesso è garantito dalla legge italiana: chi dispensa un servizio soggetto a contratto deve fornire al consumatore “l’indicazione dei termini, delle modalità e delle eventuali condizioni per l’esercizio del diritto di recesso”. Ma, per l’appunto, i termini attraverso i quali questo può essere rivendicato dal consumatore (in questo caso, di servizi digitali) possono variare. Ci si può trovare perciò di fronte a richieste che possono sembrare assurde: ad esempio, quella che prevede la compilazione di un modulo da inviare via fax per la cancellazione di un account di posta elettronica.
Questo è il caso degli account e-mail di libero.it, per i quali quella appena citata è l’unica modalità di disattivazione. Quest’ultima può altrimenti avvenire “automaticamente” dopo un periodo complessivo di inattività dell’account di 450 giorni (270 + 180). Che – fatti un paio di conti – equivalgono a 15 mesi.
E che fine fanno, nel frattempo, i dati personali che immettiamo al momento dell’attivazione del nostro account?
Ma qual è il motivo di un procedimento tanto complesso? Mistero. Tuttavia, il fatto che ItaliaOnline (di cui fanno parte Libero e Virgilio) fosse, al marzo 2014, il più grande colosso italiano dell’online (con oltre 98.131.000 pagine viste al giorno) può destare qualche sospetto.