Balbuzie: cos’è e come curarla

Scopriamo insieme come intervenire

Secondo una definizione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la balbuzie è definita un disordine del ritmo della parola nel quale il soggetto sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma non è in grado di dirlo.
La balbuzie interessa circa il 2-3% della popolazione, con incidenza maggiore nel sesso maschile.
Nella maggior parte dei casi il tutto comincia a manifestarsi in una fase che va dai 3 ai 6 anni. Essa consiste in un insieme di alterazioni del ritmo e della fluidità dell’espressione verbale ed è vissuta da chi ne è affetta con grande sofferenza e disagio, perché il rallentamento nel parlare non riguarda assolutamente il pensiero.

La balbuzie si manifesta con:

ripetizione di suoni e sillabe;
– prolungamento di suoni;
– interiezioni;
– interruzioni di parole (cioè pause all’interno di una parola);
– blocchi udibili o silenti (cioè, pause del discorso colmate o non colmate);
– circonlocuzioni (sostituzione di parole per evitare parole problematiche);
– parole emesse con eccessiva tensione fisica;
– ripetizione di intere parole monosillabiche; 
Esistono diversi tipi di cura, ai quali si può fare ricorso, anche se non è detto che essi siano efficaci.
Fra questi, il primo da tentare è quello dell’autoterapia, che consiste nel prendere consapevolezza della disfunzione verbale e nell’accrescere il desiderio di guarire.
Spesso, comunque, da soli non si riesce a fare molto, ma potrebbe essere necessario l’aiuto di un logopedista.
Attraverso i consigli di un esperto si potrebbero individuare i fattori psicologici che incidono, per poter provare a desensibilizzare ansie e paure. L’obiettivo è quello di modificare la balbuzie, cercando di evitare i blocchi verbali.
In questo senso il lavoro del logopedista potrebbe essere accompagnato anche da un consulto psicologico.
Si fanno poi degli esercizi che riguardano la respirazione, la corretta articolazione delle labbra e della lingua e la fonazione. Esistono, inoltre, delle apparecchiature elettroniche, che hanno l’obiettivo di migliorare la fluidità del linguaggio.
Il tutto consiste nel far sentire al paziente la sua voce in modo alterato, attraverso una percezione del ritardo della voce, una modificazione della frequenza delle parole o un mascheramento di queste ultime. Soltanto in casi estremi si arriva all’uso di farmaci come gli ansiolitici. Questi ultimi vanno presi sempre sotto consulto medico.
Il bambino deve imparare a conoscere il suo corpo e gli effetti che su di esso hanno le sue reazioni di ansia.
Ambra Leanza
Ambra Leanza
Articolista freelance, appassionata di viaggi, lettura e scrittura