Hayao Miyazaki. Dal conflitto all’incanto, dall’incanto al senso della vita

Il ritorno nelle sale del film d’animazione La principessa Mononoke della scorsa settimana, è la buona occasione per un rinnovato incontro con le opere di Hayao Miyazaki. Un autore che racconta per incantesimi, stregonerie, sogni e conflitti, un mondo contemporaneo dalle dinamiche complesse.

Nasce a Tokyo, nel 1941, periodo segnato dal secondo conflitto mondiale. I genitori sono però benestanti, Hayao vive una vita tranquilla, almeno fino al 1947, quando la madre si ammala di tubercolosi e trascorre un lungo periodo in ospedale, lontana da suo figlio, accudito dal padre e dai nonni.

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Da sempre appassionato di fumetto, Hayao si laurea in Scienze politiche ed Economia, ma negli anni ’60 comincia a disegnare per la società TOEI. Lavora per Yasuo Otsuka e collabora con Isao Takahata e Yoichi Kobate: è questo il periodo del suo contributo in alcune serie di animazione come Lupin III, Heidi, Anna dai capelli rossi, Conan – il ragazzo del futuro. Miyazaki diventa tale nel momento in cui fonda “Lo Studio Ghibli”, nel 1982. Si apre la nuova fase, una più autoriale, che firma lavori come Il mio vicino Totoro, La principessa mononoke, La città incantata, Il castello errante di Howl, Ponyo sulla scogliera. Seguendo le opere più note in ordine cronologico significa ripercorrere anche le tappe interiori e artistiche del maestro dell’animazione, comprenderne i personaggi e la loro evoluzione, i temi trattati e l’estetica.

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IL MIO VICINO TOTORO (1989) è dichiaratamente un film autobiografico. Le protagoniste femminili della storia, due bambine che traslocano in una casa di campagna con il padre, rappresentano l’alter ego di Hayao, in particolare la più piccola, perché più creativa e ribelle. Fin da subito infatti, notiamo che manca la figura materna, sostituita graziosamente da Satsuki, che bada alle faccende domestiche e alla sorellina, nonostante l’impegno scolastico. La predisposizione delle donne al lavoro è una tematica ricorrente nella filmografia di Miyazaki. Si capisce presto che la madre è in ospedale, ricordando l’infanzia del regista. Il film si basa sull’esplorazione prima della casa, poi dell’esterno da parte di Mei e Satsuki. La campagna è contenitore di spiriti, incontri magici, visioni.

Le creature immaginarie sono presenti già dentro la casa, dove le bambine, scoprono i “nerini del buio”. La campagna però, quindi la Natura, esplode di animali e presenze misteriose, dai poteri magici e dall’energia positiva. Figure amiche, che migliorano lo stato d’animo, diventano la compagnia di un’infanzia. Mei infatti, seguendo uno strano coniglio fino alla foresta, incontra Totoro. Un animale curioso, che comparirà tutte le volte che le bambine immaginano, si sentono sole, hanno paura, devono crescere. Un amico di avventure, forse solo nell’immaginazione delle bambine, perché i grandi non lo “vedono” (o non riconoscono), ma importante e decisivo nella vita delle due sorelle.

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Principessa-Mononoke

LA PRINCIPESSA MONONOKE (1997) è un film più complesso, dalla narrazione fitta e articolata. Si basa sul duello, dove due figure femminile (di nuovo) incarnano due anime diverse, due modelli di vita. Mononoke “principessa” della foresta, mentre Lady Eboschi che governa e protegge “la città del ferro”. Tra di loro il principe Ashitaka, colpito dal morso di un demone, che lo condurrà all’origine del male: l’incomunicabilità tra uomo e natura. Il primo film che sembra andare oltre le dinamiche e le possibilità dell’animazione. Dinamico, ma anche dai dialoghi forti (finalmente nella nuova edizione appena presentata nelle sale, doppiato meglio anche in italiano rispetto alla prima proiezione rivolta soprattutto ai bambini, quindi dal linguaggio semplificato), un’epopea dal sapore universale, che mette in discussione i grandi conflitti umani: la guerra, uomo contro natura, la supremazia della tecnologia. L’amore, è la forza che può vincere sul male, che guida i personaggi e ne condiziona le azioni e le scelte.

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LA CITTA’ INCANTATA (2001) che vince l’Orso d’Oro a Berlino nel 2002, è il film sul percorso di crescita. Chihiro è la nuova protagonista della storia disegnata da Hayao. Trasloca, come Mei e Satsuki, questa volta la famiglia è al completo, ma l’atmosfera non è la stessa. Chihiro infatti è triste, teme il nuovo, non ha un buon rapporto con i suoi genitori, appare incompresa e capricciosa. S’imbattono in un tunnel, lo attraversano, nonostante le polemiche della ragazzina. Il tunnel, allegoria di passaggio da una tappa ad un’altra, ha la stessa funzione del ponte nell’iconografia cinematografica delle origini. Il passaggio implica la morte metaforica di qualcosa e la nascita di altro. Per Chihiro il mondo trovato dopo il tunnel rappresenta il cammino faticoso verso la maturità. Come in una “classica” fiaba il protagonista/eroe dovrà porsi un obiettivo, superare delle prove, confidare in un aiutante, ottenere l’oggetto del desiderio. miyazakiL’idea di oggetto del desiderio nelle fiabe è abbastanza vaga. Può rappresentare anche un sentimento, uno stato economico, la felicità, qualcosa di materiale, una tappa della vita. Chihiro infatti si ritrova nel bel mezzo di una città incantata, in quanto dominata da incantesimi e stregonerie, dove viene privata dei suoi genitori, che diventano l’obiettivo del suo percorso. Il lavoro, l’onestà, l’educazione, il coraggio e l’amore porteranno Chihiro a migliorare, crescere, rinascere matura. Anche qui tanta la fantasia dell’autore giapponese, sia nelle figure che popolano la città, sia nei dettagli; simpatici i ciuffi di fuliggine che portano il carbone in una grande caldaia gestita da un uomo con sei mani.

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IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL (2004) come un trattato sull’antimilitarismo e sulla fiducia negli uomini. Un capolavoro di Miyazaki, visivamente toccante, che offre diverse spunti interpretativi. Il conflitto è ancora presente, ma questa volta si esprime in maniera più “poetica”, perché anche i personaggi diventano sempre più completi psicologicamente. Come in tutti i suoi film Hayao abolisce la distinzione netta tra Bene e Male, tra Buoni e Cattivi, perché il personaggio (e quindi l’uomo) è in in movimento, cambia. Consapevole della nuova società, Miyzaki, non riesce a semplificare la realtà attraverso contrapposizioni chiare; non giudica, ma racconta, sogna e spera. Disegna il senso della vita, attraverso la sua esperienza e la sua sensibilità. In questo nuovo contributo cinematografico, Miyazaki ci parla della sua idea di Bellezza e di Libertà. Un film antimilitarista, pensiero interpretato dal contorto Howl, il quale si tramuta in mostro alato per osservare dall’alto gli orrori della guerra. Howl però, è afflitto da una maledizione, il quale non può mantenere la sua identità di alato a lungo, perché rischia di non ritornare più umano. Metafora profonda di Miyazaki, che vuole comunicare quanto sia impossibile cancellare i ricordi della guerra.

La Bellezza di Howl è soprattutto estetica. Un personaggio fragile, cagionevole, viziato, insoddisfatto. Diversamente invece Sophie, la protagonista, la quale trasformata da una strega in vecchietta, accetta con tranquillità e maturità il suo stato fisico. La sua Bellezza interiore completerà Howl, lo porterà a maturare, a trovare in Sophie la sua compagna e la ragione della sua vita. Howl è un personaggio ambiguo anche perché utilizza diversi nomi in base alle circostanze: è un chiaro riferimento alla Libertà. Howl quindi lotterà per la Libertà e per l’Amore. Innamorandosi di Sophie trova un senso alla sua vita. Sophie è d’altra parte la protagonista principale, la forza che indurrà Howl a cambiare il corso degli eventi. Da vecchia, metafora di saggezza e bontà, diventa giovane, ma non più ragazza. Il suo percorso a ritroso le offre la ricompensa di maturare prima. L’amore di Sophie per Howl, in tutti i suoi aspetti, nella sua natura, romperà tutti gli incantesimi. Insieme i due personaggi matureranno, si uniranno nell’amore, trasformeranno il castello, sommerso da polvere e sporcizia, in un prato fiorito in viaggio.

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Infine PONYO SULLA SCOGLIERA (2008), moderna favola dedicata al mondo dell’infanzia, bello e sincero, capace di guardare oltre e credere. Ponyo, creatura del mare, sembra ricordare la  storia della “Sirenetta”. Un bambino incontra Ponyo, tra i due nasce subito un’intesa, un’amicizia, poi amore. Sentimenti elementari, puri. La fiducia è il loro punto di forza. L’ostacolo tra i due sarà il dio del mare, padre di Ponyo, che le impedirà di vivere con gli umani. La forza dei loro sentimenti li porterà a superare tutte le prove, a ritrovarsi sempre. Ponyo rinunciando ai suoi poteri, diventerà umana, resterà con Sosuke. Anche qui Miyazaki ripropone, in chiave diversa, il percorso di crescita. Il cambiamento dell’uomo e la sua trasformazione, sono quasi dei pensieri ossessivi dell’autore. La magia di Ponyo è un livello da superare, attraverso le prove e, solo confidando nell’amore, sarà in grado di diventare un’umana. Questo percorso coinvolge anche il protagonista maschile, Sosuke, suo compagno di avventure e di crescita.

Il cinema di Hayao Miyazaki è dunque un lungo e sorprendente viaggio verso il senso della vita, dove le tappe rappresentano le tematiche fisse della sua poetica, rimescolate tra loro, dimostrano una predisposizione a far evolvere il proprio pensiero, e di conseguenza i suoi personaggi, le sue storie. Si parte sempre dal conflitto: l’uomo contro la Natura, la Natura “contro” l’uomo, la guerra e la pace, l’estetica e l’interiorità, il Bene e il Male. Conflitti che però presentano situazioni complesse, personaggi costruiti a livello psicologico a tal punto da sembrare veri, risvolti positivi, che rimettono in discussione un modo stereotipato di concepire il lieto fine nel film d’animazione. L’incanto è metafora di prova da superare, ostacolo, sacrificio. Dove si trova il senso della vita per Miyazaki?.

L’amore, l’amicizia, la pace, l’equilibrio con la Natura, la bellezza dell’animo. Sembrano slogan, eppure il regista giapponese riesce ad entrare dentro lo spettatore, a colpire il suo lato più intimo e profondo, a stimolare le potenziale emozioni pure dell’uomo, stratificate di significati aggiunti derivanti dalla società, dalla mostruosità della tecnologia, dall’efferatezza della guerra.

Il colore, la riscoperta e la valorizzazione dei dettagli, il rifiuto del digitale, fanno di Hayao Miyazaki il maestro dell’animazione, che ha ritirato il Leone d’Oro alla Carriera nel 2005. Ci insegna ad assaporare i gesti, le abitudini, i silenzi, il rumore della natura, i rapporti tra gli esseri. L’attenzione al paesaggio è un chiaro omaggio alla Natura, primo amore di Miyazaki.

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Le donne poi esprimono quella forza rigenerante e portante della società e dell’umanità. Così come la vecchiaia, protagonista importante e presente nelle sue opere, in grado di trasmettere valori e tradizioni che il nuovo sistema sociale ha quasi completamente rimosso. L’infanzia, infine, come fase della vita più bella, in cui si osserva la realtà con fantasia e spontaneità. Fase in cui i sentimenti sono veri, perché non mascherati, puri e forti. Il percorso di crescita dall’infanzia alla giovinezza è metafora della vita, perché la vita per Miyazaki è sinonimo di evoluzione, ma ciò accade solo attraverso il “colore”: amore, amicizia, pace.