“Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano”; Pasolini e Roma. In mostra al Palazzo delle Esposizioni.

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Li osservo, questi uomini, educati
ad altra vita che la mia: frutti
d’una storia tanto diversa, e ritrovati,
quasi fratelli, qui, nell’ultima forma
storica di Roma. Li osservo: in tutti
c’è come l’aria d’un buttero che dorma
armato di coltello: nei loro succhi
vitali, è disteso un tenebrore intenso,
la papale itterizia del Belli,
non porpora, ma spento peperino,
bilioso cotto. La biancheria, sotto,
fine e sporca; nell’occhio, l’ironia
che trapela il suo umido, rosso,
indecente bruciore […]”.

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Dal 15 aprile al 20 luglio, il Palazzo delle Esposizioni (Roma) in collaborazione con Berlino, Parigi e Barcellona, dedica una mostra a Pier Paolo Pasolini, intellettuale e regista italiano (1922-1975), nel suo rapporto con Roma.

Roma è il topos letterario e cinematografico di Pasolini, un aggregato sociale in cui osservare le dinamiche umane più recondite, la “purezza” dell’inciviltà, la logica della sopravvivenza. Il sottoproletariato romano è il protagonista assoluto del primo Pasolini, quello degli anni ’60, quando dalla scrittura (romanzo, poesia) passa al cinema, il mezzo che lo avvicina all’esperienza della vita, perché in grado di riprodurla. Il Palazzo delle Esposizioni celebra “Pasolini e Roma” attraverso incontri, concerti, rassegne cinematografiche e foto. Una mostra che avvicina il fruitore ad uno dei personaggi più sensibili, rivoluzionari e misteriosi del contesto italiano, basti pensare alla sua morte.ACCATTONE (1) Uno dei modi per parlare del rapporto di Pasolini con Roma è descrivere, e provare ad interpretare, i suoi primi due film: Accattone (1961) e Mamma Roma (1962). Dal suo primo lungometraggio è subito chiara la sua ‘poetica’: raccontare e dare voce a quel mondo di emarginati che popolano la periferia romana. Accattone rappresenta una maschera vera, tangibile, forte e realistica, della Roma che Pasolini ‘guarda’ con empatia e dedizione. La sua attenzione verso il sottoproletariato lo portava, infatti, a perdersi nelle strade abbandonate della Capitale, a frequentare i luoghi isolati dalla civilizzazione. Pasolini amava sporcare le sue scarpe di fango, ritrovarsi nel bel mezzo della periferia, per toccare con mano l’umanità, quell’umanità perduta di cui parla in “Ragazzi di vita”, e che rivendicava, verso la quale provava nostalgia a tal punto da andare, personalmente, a cercarla. Lo sguardo di Pasolini esprime la rozza natura del sottoproletariato, misero e dedito alla delinquenza, attraverso la profondità della musica di Bach, da cui è rimasto folgorato immediatamente; un legame che lo accompagnerà anche nei film successivi. Bach assume un ruolo estetico, ma è soprattutto ‘ontologia’ del sottoproletariato, incarna il pathos del regista nel raccontare, nel senso di testimoniare, la loro condizione sociale e umana. Paradossalmente per Pasolini la mancanza di civiltà e modernizzazione della comunità periferica corrisponde alla purezza, conferisce sacralità agli Accattone, alle prostitute, ai ladri, ai miserabili. “Aggiungere” sulle immagini violente e profane, un brano come “La passione secondo Matteo” di Bach, dal carattere sacro, è un’operazione chiaramente contrappuntistica ed estetica. Contrappuntistica perché, come da definizione, più melodie diverse tra loro, si incontrano per un effetto armonico. Nel caso di Accattone, il valore sacro della dimensione musicale procede con lo scorrere delle immagini profane; nel loro incontro avviene l’armonia, o meglio il momento sublime, che fa di un’immagine precisa (come ad esempio il famoso pestaggio di Maddalena, o la lite tra Accattone e il cognato), un significato nuovo, catartico.

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 P_originalMamma Roma è la successiva tappa cinematografica del regista friuliano, con Anna Magnani nella parte di una prostituta ‘pentita’, se di pentimento si può parlare nella logiche della vita di chi sta sempre ai margini, perché il “sesso è la consolazione della miseria“, come recita il titolo di una poesia di Pasolini. “Ma nei rifiuti del mondo, nasce un nuovo mondo: nascono leggi nuove dove non c’è più legge; nasce un nuovo onore dove onore è disonore …“. Sia Accattone che Mamma Roma/Anna Magnani prendono le distanze dalla massa, desiderano un riscatto, un miglioramento “sociale” e umano, eppure sembra rievocare la società della colpa della tragedia eschilea, quando la colpa dei padri ricadeva sui figli, inesorabilmente. E’ ciò che accade ai nostri protagonisti. Per entrambi il solo tentativo di distaccarsi, emanciparsi, dal luogo in cui si sono formati come esseri amorali, non li migliora, ma li porta alla sconfitta (?).

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Accattone trova nella morte il suo riscatto e la sua “salvezza”, Mamma Roma, negando se stessa, perde la fiducia del figlio, che per rigetto, si dà alla delinquenza, fino a morire in carcere. Significativa una delle ultime inquadrature del film, quando Pasolini cita chiaramente il Cristo morto di Andrea Mantegna.

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Questo rimando pittorico è una esplicita associazione tra i due personaggi. Il figlio di Mamma Roma è come Cristo, una figura portatrice di purezza e sacralità, vittima del luogo in cui ha preso forma, incapace di espiare le sue colpe perché gli sono congenite, tramandate dalla madre, dal contesto che non gli permette di elevarsi. L’associazione è rivoluzionaria, azzardata, forte e per alcuni versi blasfema, ma in queste operazione va ricercata e afferrata la sensibilità di Pasolini. Cristo rappresenta ribellione, povertà, salvezza, verità. Il mondo non ha colto il potere rivoluzionario di Gesù, a tal punto da condannarlo e assistere alla sua morte in croce. Si tratta di una sacralità impregnata di umanesimo e umanità, priva di civilizzazione e consumismo. L’umanizzazione del Cristo di Mantegna è pienamente condivisa da Pasolini, evocandone il senso in una successione di fotogrammi. Ricerca della ricchezza, dunque, ma quale? …

“[…] Sono usciti dal ventre delle loro madri
a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
preistorici, e iscritti in un’anagrafe
che da ogni storia li vuole ignorati…
Il loro desiderio di ricchezza
è, così, banditesco, aristocratico.
Simile al mio. Ognuno pensa a sé,
a vincere l’angosciosa scommessa,
a dirsi: “È fatta,” con un ghigno di re... […]”

Versi tratti dalla poesia “Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato“, Pier Paolo Pasolini, 1961