Il “vecchio” Resident Evil tornerà sulle console grazie a The Evil Within?

Ad ottobre uscirà il nuovo survival horror di Shinji Mikami, il “padre” dei primi Resident Evil: The Evil Within segnerà il ritorno di una vera pietra miliare dell’horror, oppure si distaccherà da quest’ultimo? Scopriamolo assieme.

Quanti di voi non hanno mai sentito sentito parlare di Resident Evil, la serie horror più conosciuta dei videogames? Sono decine i titoli usciti sotto questo nome, per non parlare degli omonimi film (al momento sono cinque, ma ce ne sono altri in lavorazione) o dei libri, fumetti e chi più ne ha più ne metta: chi vive di pane e console deve conoscerlo, ma se non è così vi invito a digitare su Google “Resident Evil” e farvi una cultura su di esso. Nel 2013 la serie ha raggiunto le 60 milioni di copie vendute, segno eloquente della popolarità del gioco, ma per i fan i “veri” Resident Evil sono soltanto i primi tre: da quando lo sviluppo non è stata più nelle mani di Shinji Mikami, il titolo targato Capcom ha preso la strada del gioco d’azione classico e non più del survival horror, facendo storcere il naso a non pochi amanti del genere.

Molti di loro si sono sentiti traditi, arrivando a rievocare le vicende di Raccoon City con una punta di nostalgia tipica del videogiocatore che vede il “proprio” gioco stravolta da capo a piedi. All’annuncio di The Evil Within, però, quegli stessi fan disillusi hanno gioito, perché dalle anteprime il progetto sviluppato dalla Tango Gameworks sembrava veramente puntare in direzione del vecchio amore che nessuno era riuscito a dimenticare: Resident Evil tornerà alla vita sotto un nome nuovo, ma sarà veramente così?

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Iniziamo dicendo che è vero, The Evil Within sarà un survival horror dove l’approccio stealth (almeno alle difficoltà più elevate) farà la differenza, anche perché le armi a nostra disposizione saranno limitate e le munizioni talmente rare che ogni colpo dovrà essere calibrato con precisione: buttare giù una porta e sparare all’impazzata vi porterà soltanto ad una morte rapida causata dagli infetti (i classici e tanto amati zombie) che -guarda caso – infestano l’ambiente di gioco. Ce ne saranno così tanti che non potremo mai ripulire completamente un’area, anche perché i nostri antagonisti si rigenereranno nel tempo e l’unica arma per mettere fine alla loro non-vita sarà l’uso del fuoco: anche questa risorsa sarà però limitata, quindi dovremmo procedere con cautela e senza farci scoprire. Per aiutarci a sopravvivere, potremo usare i vari oggetti che troveremo nell’ambiente di gioco, come bottiglie o mattoni, per distrarre gli infetti e sfuggire alle loro grinfie oppure metterli ko con un colpo alla spalle, una dinamica già vista ed apprezzata in The Last of Us.

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Da queste piccole cose si può intuire che il silenzio sarà il nostro maggiore alleato, anche perché contrariamente a come avveniva in Resident Evil l’inventario sarà contenuto in una sorta di “ruota” da cui potremmo scegliere l’oggetto desiderato, ma in modalità slow-motion: ci sarà poco tempo per decidere cosa utilizzare, e tergiversare troppo porterà facilmente alla morte. Anche scappare non sarà per niente facile, perché la barra della stamina non ci permetterò di correre come Bolt o saltare all’infinito: tutto quindi dovrà essere calibrato e studiato nel dettaglio, perché anche alle difficoltà più basse vi capiterà di morire spesso, ed anche in modi banali (ed avvolte fastidiosi).

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Come ultimo fattore non possiamo che parlare del terrore che un gioco survival horror dovrebbe sprizzare da ogni poro: in The Evil Within però non sarà la paura ad accompagnarci, e più che di paura dovremmo parlare di inquietudine o al massimo di disturbo. Sembrerà di trovarsi dentro ad un incubo, ma nulla di questo riuscirà a spaventarvi (a differenza di Outlast, solo per fare un esempio): difficilmente salterete sulla sedia o vi metterete ad imprecare contro il monitor, ed è questa forse la pecca più grande che si può riscontrare in The Evil Within.

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Ora torniamo quindi alla domanda principale: ma The Evil Within può essere considerato il Resident Evil dei nostri giorni? In tutta franchezza dobbiamo rispondere no, perché ci sono troppi elementi che lo differenziano dall’acclamata saga horror: più facile che il gioco si presenti come uno stealth dalle meccaniche più moderne, incasellato in un ambiente orrorifico e splatter. Chi si avvicinerà al nuovo titolo di Mikami con delle aspettative differenti dalla realtà potrebbe restare deluso, ma per dare un giudizio più preciso non ci resta che aspettare l’uscita del gioco (prevista per la fine di ottobre) ricordando che The Evil Within avrà una sua precisa collocazione, creato non per emulare le gesta del vecchio e caro Resident Evil. Sarà un gioco a sé, ed in questo modo dovrà essere giudicato.