L’origine del Covid-19 dal laboratorio di Wuhan riprende quota

Nuove ricerche e prese di posizione ufficiale alimentano il sospetto che le origini del Covid-19 siano tutt'altro che chiarite e cresce la richiesta di nuove indagini

Da 14 mesi il dibattito sulla nascita del Sars-Cov-2 non si è mai interrotto e i media distinguono i sostenitori del salto di specie naturale dai “complottisti” che sostengono il contrario, ma ora l’origine del Covid-19 dal laboratorio di Wuhan riprende quota, grazie a nuovi indizi e prese di posizione maturati negli ultimi mesi.

Le indagini dell’Oms nel laboratorio di Wuhan

Una commissione dell’Organizzazione mondiale della sanità ha ispezionato il laboratorio di Wuhan per valutare l’origine del virus. La visita del gennaio scorso, a oltre un anno dall’inizio della malattia, ha scatenato non poche polemiche ed è difficile che eventuali prove di un’origine artificiale di Sars-Cov-2 siano ancora presenti dopo tanto tempo.

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La stessa Oms non ha fugato i dubbi nelle 120 pagine del suo rapporto e, per quanto ritenga “altamente improbabile” che il virus sia sfuggito al controllo dei ricercatori cinesi, il documento lascia trasparire che serviranno altre indagini anche perché certezze al momento non ce ne sono.

Il direttore dell’Oms crea più dubbi che certezze

Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, ha riportato al centro la questione a fine marzo, e non ha escluso alcuna ipotesi: “Leggeremo il report e ne discuteremo il contenuto con tutti i Paesi del mondo. Tutte le ipotesi sono ancora sul tavolo e serviranno studi completi e approfonditi, oltre a quelli fatti sinora”.

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In effetti, la data precisa in cui sono avvenuti i primi contagi è ancora sconosciuta, il famoso passaggio da animale a uomo non si riesce a ricostruire e la presenza di ospiti intermedi del virus richiedono “ulteriori indagini tra cui una maggiore portata geografica“. In parole povere, ci sono più domande che risposte e l’indagine è in alto mare.

L’intervento di Ilaria Capua

La ricercatrice in virologia Ilaria Capua ha scritto un editoriale lo scorso 5 aprile sul Corriere della Sera che rimette al centro non solo il potenziamento della strategia vaccinale con nuovi preparati più facili da conservare, ma punta il dito anche sul problema delle possibili fughe di virus dai laboratori:

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La scienza non può più nascondersi dietro un filo d’erba. Bisogna farsi coraggio e affrontare l’elefante che troneggia nei nostri dubbi sospesi a mezz’aria…L’ipotesi che Sars-Cov-2 possa essere figlio di un virus generato in laboratorio è ritenuta plausibile al punto tale da dover mandare una squadra di esperti a verificare cosa è successo in quel laboratorio…Questi esperimenti detti GOF (Gain Of Function, acquisizione di funzioni). mirano a far acquisire a virus naturali o di laboratorio alcune caratteristiche come la virulenza o la trasmissibilità per poi studiarne i meccanismi in sistemi di ricerca artificiali“.

In pratica, Ilaria Capua, ritiene che il metodo GOF prenda campo con una proliferazione pericolosa di laboratori che possono creare nuovi virus pandemici per ragioni di studio. Non basta quindi studiare l’eventuale passaggio da animale a uomo, ma scegliere una volta per tutte tra investimenti su virus potenziati, che hanno possibili benefici scientifici ma anche altissimo rischio, e vaccini “più agili” in versione cerotto, spray o chip per prevenire nuove epidemie.

L’inchiesta di Fabrizio Gatti

Fabrizio Gatti, inviato dell’Espresso, rincara i sospetti sull’origine artificiale del virus a Wuhan con un’inchiesta svolta in 14 mesi di pandemia attraverso carte e documenti che ha condensato nel libro “L’infinito errore“. Secondo le sue conclusioni, Covid-19 ha due parenti stretti tra i coronavirus Sars-like nei pipistrelli, ZC45 e ZXC21, che vengono sequenziati tra 2015 e 2017 dagli scienziati della terza università medica militare di Chongqing e del Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino.

I ricercatori infettano cuccioli di ratti, nati da tre giorni in un laboratorio e, dopo l’esperimento, scrivono che i coronavirus Sars-like derivati dai pipistrelli possono replicarsi con successo nei ratti da latte e contagiare specie diverse. Gatti scrive che questi virus: “Possono immediatamente diffondere la loro infezione ai ratti senza necessità di adattamenti o mutazioni. E’ un nuovo salto di specie provocato non dalla casualità dell’evoluzione naturale, ma dalla competizione fra scienziati“.

I sospetti della Francia

Le Figaro ha riportato le dichiarazioni scientifiche del “Gruppo di Parigi” e, secondo questi ricercatori, il mercato ittico di Wuhan è stato un semplice amplificatore della malattia, inoltre il laboratorio sospetto è nato da una stretta collaborazione in campo scientifico tra Cina e Francia, con tanto di benedizione del presidente Manuel Macron, che lo aveva inaugurato personalmente nel 2018.

Già all’epoca, l’intelligence francese non ne era entusiasta, perché sapeva che sarebbe stato impossibile controllare le attività della struttura, una volta che i cinesi ne avessero assunto il controllo a livello politico e militare. Il principio di aiutare Pechino a prevenire nuove malattie, si è quindi scontrato con le ricerche di alto livello e altrettanto pericolose. Gli scienziati francesi rivolgono infine un appello alle autorità cinesi con richieste precise di chiarimenti:

  • Verificare se un dipendente del laboratorio è stato contaminato da un animale cavia
  • Esame dei rifiuti altamente pericolosi del laboratorio e del loro corretto smaltimento, per escludere che abbiano infettato persone all’esterno, dando il via all’escalation pandemico.

L’appello di 18 scienziati su Science

La rivista scientifica Science aveva riportato la conclusione dell’Oms che ritiene “altamente improbabile” la fuga dal laboratorio, ma 18 scienziati di Stanford, Harvard, Massachussets Tecnology Institute (Mit) e Cambridge, hanno scritto proprio a Science per contestare l’interpretazione ufficiale sulle origini del Covid-19.

Il genetista di Cambridge Ravindra Gupta, impegnato contro le varianti del virus, e l’epidemiologo di Harvard Marc Lipsitch sono tra gli estensori e dichiarano: “Le teorie di un rilascio accidentale da un laboratorio rimangono plausibili“, denunciano “l’atmosfera tossica” che impedisce di affrontare l’argomento con mente aperta e ribadiscono la necessità di parlare apertamente del rischio di un incidente in laboratorio.

Il microbiologo di Stanford David Relman precisa: “Teniamo conto che il laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan svolgeva ricerca sui coronavirus in epoca pre-pandemica. E che sappiamo bene che gli incidenti di laboratorio accadono assai più spesso di quanto chiunque voglia ammettere. Anche nei migliori laboratori, anche negli Stati Uniti“. Secondo Relman, chiunque sostenga a spada tratta l’origine naturale o l’incidente non ha dati sufficienti per farlo.

Le conclusioni di Paolo Liguori

Paolo Liguori, direttore di Tgcom24, è in prima linea da 15 mesi nel raccogliere dati sulla possibile fuga da un laboratorio del virus e ora fa il punto in un editoriale, accusando la congiura del silenzio, oggi non più sostenibile, dato che l’origine del Covid-19 dal laboratorio di Wuhan riprende quota con nuove prese di posizione:

Su questa stessa ipotesi (la fuga dal laboratorio N.d.R.) si sono attestati alcuni scienziati australiani, che hanno aggiunto un altro elemento: anche la Sars, alcuni anni fa nacque e si sviluppò allo stesso modo, partendo dai laboratori di Wuhan. E le loro tesi seguono di un anno quelle del professore Francese Montaigner, che quei laboratori conosce molte bene, per averci lavorato fin dall’inizio ed ha sempre detto che non erano sufficientemente sicuri per esperimenti di quel genere sui virus.

Ho ricevuto informazioni attendibili e dettagliate sul virus… Sono partito dalle mie – che, come ho detto, sono fonti di intelligence – ed ho scoperto che a Taiwan sapevano per primi degli esperimenti a Wuhan e li giudicavano Bio Weapon (armi biologiche), e così i servizi di intelligence Usa, Britannici, Francesi, Australiani e Israeliani. Però questi organismi di proposito non scambiavano le notizie tra loro. Ovvio, il rapporto con la Cina è delicato e bilaterale e ognuno vuole capire prima cosa conviene”.

Liguori punta il dito sull’Oms che avrebbe agito in modo ingannevole per ragioni geopolitiche filocinesi ma, in ogni caso, Pechino non ha perso tempo, avendo tutti i dati del virus e vari vaccini che ora le permettono di offrire nuovi accordi di scambio in Asia, Africa e Sud America. Nel frattempo, le origini del Covid-19 sono ancora avvolte da una cortina di fumo che neppure le ultime dichiarazioni delle autorità sanitarie mondiali hanno diradato.