Un team di ricerca internazionale ha recentemente identificato i resti di un’antica balena quadrupede – denominata Peregocetus pacificus – sulle coste del Perù. Questi fossili risalgono a 42 milioni di anni fa (Eocene Medio), e potrebbero fare luce su come gli antenati dei cetacei moderni colonizzarono il continente americano. Alla spedizione hanno aderito i musei di storia naturale di Bruxelles, Parigi, Lima, e anche le università di Pisa e Camerino.
I progenitori delle balene impararono a nuotare
I cetacei sono un gruppo di mammiferi perfettamente adattati alla vita acquatica. Sono diffusi in tutto il mondo – dalle calde acque equatoriali fino ai gelidi mari polari – e alcuni possono raggiungere dimensioni eccezionali. L’origine di questi animali va ricercata nel territorio del Pakistan, dove furono rinvenuti i resti di una creatura, vissuta circa 50 milioni di anni fa (nell’Eocene Inferiore), chiamata Pakicetus. Secondo le più recenti ricostruzioni, questo animale era un predatore che si muoveva agilmente sulla terraferma grazie agli arti snelli e dotati di zoccoli. A cavallo tra l’Eocene Inferiore e Medio comparvero forme semiacquatiche come l’Ambulocetus, il quale si ritiene cacciasse tendendo imboscate alle prede (come i moderni coccodrilli). È possibile attaccasse perfino animali lungo la costa, balzando improvvisamente fuori dall’acqua. Fossili risalenti alla fine dell’Eocene documentano l’evoluzione delle prime balene completamente adattate all’ambiente acquatico. Tra queste, il Basilosaurus – vissuto 40 milioni di anni fa – presentava un corpo affusolato, caratterizzato dalla presenza di pinne e, contemporaneamente, dalla riduzione degli arti posteriori (ormai vestigiali). Ad oggi, esistono due gruppi di cetacei: gli Odontoceti (dotati di denti, come delfini e capodogli) e i Mysticeti (aventi fanoni, come le megattere).
Il cetaceo quadrupede
Mai prima d’ora erano stati ritrovati resti di un cetaceo quadrupede nella zona dell’Oceano Pacifico, tantomeno nell’Emisfero Australe. Come affermato da Claudio Di Celma (geologo presso l’Università di Camerino), è possibile rappresenti il più antico esemplare trovato in America, e anche uno dei più completi. Nel relativo articolo – pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology – il P. pacificus è descritto come un protocetide di grandi dimensioni, lungo circa 4 m. Le sue proporzioni, taglia e caratteristiche anatomiche – come la presenza di piccoli zoccoli – lo rendono simile ad altri cetacei primitivi, rinvenuti in India e Pakistan. Secondo i ricercatori, ciò suggerisce che l’esemplare peruviano fosse perfettamente in grado di camminare sulla terraferma, come i suoi parenti asiatici. Tuttavia, si ritiene che le zampe fossero palmate e che, pertanto, si muovesse agilmente anche in acqua. Inoltre, come sostiene Giovanni Bianucci (paleontologo presso l’Università di Pisa), la struttura delle vertebre caudali – dotate di robusti punti di aggancio per la muscolatura – ricorda quella di alcuni mammiferi anfibi, come le lontre, perciò è possibile fosse a sua volta impiegata per nuotare. Grazie alle loro abilità natatorie, i protocetidi furono in grado di solcare l’oceano e raggiungere il Nuovo Mondo.
Rotta per il Perù
Per anni gli scienziati hanno tentato di comprendere quale fu la rotta percorsa dai cetacei nel loro viaggio verso il continente americano. Il ritrovamento di P. pacificus potrebbe fornire un contributo fondamentale per la risoluzione di tale enigma. Infatti, le somiglianze tra quest’ultimo e alcuni esemplari rinvenuti in Marocco e Nigeria, suggeriscono che i protocetidi migrarono lungo le coste africane e attraversarono l’Oceano Atlantico Meridionale. Tale viaggio sarebbe stato favorito dalla minore distanza che, durante l’Eocene, separava Africa e Sud America, e dalla presenza di una corrente oceanica superficiale – diretta verso Ovest – fra i due territori. Sebbene non possa esser del tutto esclusa, è improbabile un’eventuale migrazione direttamente dall’Asia (luogo di origine dei cetacei), sia a causa del tragitto notevolmente più lungo che per l’assenza di fossili a supporto di tale teoria. La ricerca non si conclude qui, e gli scienziati si augurano di definire il percorso evolutivo che ha portato un piccolo ungulato alla conquista dei mari.