Sin dagli anni ‘90, gli astronomi hanno esplorato le vastità dello spazio alla ricerca di mondi abitabili, in grado di sostenere forme di vita. Nel frattempo, sono state fatte numerose scoperte, l’ultima delle quali è stata annunciata questa settimana.
Due studi indipendenti – pubblicati su arXiv e Nature – hanno riportato la presenza di vapore acqueo sull’esopianeta K2-18b, il quale potrebbe perfino ospitare acqua allo stato liquido.
Alla ricerca degli esopianeti
Nel 1992, gli astronomi Aleksander Wolszczan e Dale A. Frail furono i primi a identificare un sistema solare alieno che, tuttavia, poco aveva in comune con il nostro.
Distante 2300 anni luce, era costituito da tre pianeti in orbita attorno ad una nana bianca: un corpo celeste estremamente denso, nato dal collasso di una stella massiva.
Da allora, l’esplorazione spaziale ha portato alla scoperta di oltre 4000 esopianeti (mondi esterni al nostro sistema solare).
Ma come fanno gli astronomi a individuare oggetti così “piccoli” e distanti da noi?
In pratica, osservano gli effetti che questi corpi esercitano sulle rispettive stelle, ad esempio mediante l’attrazione gravitazionale. Un altro sistema comunemente impiegato è la fotometria di transito, la quale analizza le variazioni di luminosità prodotte dal passaggio di un pianeta davanti alla sua stella.
In tal modo, è possibile rilevare la dimensione dell’oggetto celeste e la distanza a cui orbita. Non solo, gli scienziati possono anche determinare quali sono i principali costituenti della sua atmosfera, secondo il principio della spettroscopia.
Quando la luce della stella attraversa l’atmosfera del pianeta, i gas contenuti al suo interno bloccano specifiche lunghezze d’onda, tramite cui è possibile risalire alla natura dei composti.
Grazie a questa tecnica, il telescopio spaziale Kepler – lanciato dalla NASA nel 2009 – è riuscito a identificare circa 2600 mondi alieni, incluso K2-18b.
Un mondo d’acqua
Scoperto nel 2015, K2-18b possiede una massa circa 9 volte superiore a quella del nostro pianeta ed è perciò definito una “super-Terra”. È possibile si tratti di un mondo ghiacciato, oppure possieda una superficie rocciosa ricoperta da una densa atmosfera.
Esso, orbita intorno ad una nana rossa, una piccola stella distante circa 111 anni luce da noi. Sebbene questo corpo celeste emetta solo una frazione dell’energia prodotta dal Sole, gli scienziati ipotizzano che le temperature di K2-18b siano relativamente elevate – con valori compresi fra circa -73 e +47 °C. Ciò, si deve alla distanza che lo separa dalla sua stella, talmente ridotta che un anno dura appena 33 giorni.
Tra il 2016 e il 2017, un team di scienziati guidato da Björn Benneke – astronomo presso l’Università di Montréal – ha analizzato 8 transiti del pianeta di fronte alla nana rossa, osservati tramite il telescopio spaziale Hubble. Questi dati, combinati a quelli raccolti dai telescopi Kepler e Spitzer, hanno permesso di identificare la presenza di vapore acqueo su K2-18b.
Come ci spiega il professor Benneke: “…i nostri modelli suggeriscono che alcune regioni della sua atmosfera presentino temperature e pressioni tali da permettere al vapore di formare gocce d’acqua allo stato liquido. Queste, come nell’atmosfera terrestre, formerebbero nubi e cadrebbero sotto forma di pioggia”.
Secondo Benneke, K2-18b potrebbe avere un ciclo dell’acqua simile a quello che osserviamo sulla Terra, e non è impossibile che alcuni organismi batterici sopravvivano all’interno delle sue nuvole.
In effetti, K2-18b rappresenta probabilmente il miglior candidato per la ricerca di vita al di fuori del sistema solare, come affermato dall’astronomo Angelos Tsiaras. Quest’ultimo, ha guidato un secondo studio giunto a simili risultati.
Il lancio di nuovi, più avanzati strumenti – tra cui il telescopio spaziale James Webb – ci permetterà di determinare le concentrazioni di vapore acqueo sul pianeta, e l’eventuale presenza di altri gas come l’anidride carbonica.
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