Sincronia e asincronia. I Radiocroma, un progetto di audio-visione.

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Un altro gruppo interessante ritrovato nella quantità di musica offerta dal “Meeting del mare”, i Radiocroma, che si raccontano a Generazioneweb. Un progetto di musica diverso e complesso, che deve portare all’analisi dei testi e dei video, per comprenderne la poetica e gli intenti comunicativi.

I Radiocroma – Audiovideoproject arrivano dalla Ciociaria, territorio tra Caserta e Roma, si uniscono in questo progetto nel momento in cui Mauro Serra (referente dei Videocartoni) incontra Alessandro Toto (voce, chitarra, ukulele, theremin, piano, programming) e Giacomo Aversa (percussioni), a cui si unisce anche Gianluca Materiale (basso, chitarra acustica). Le influenze musicali sono diverse, dai Beatles a Fabrizio De Andrè, ma anche Io sono un cane, che la band trova molto interessante. La formazione è quindi da autodidatti, ed è nella loro sinergia che prende forma questo progetto. La musica è prima scritta con il pc, poi è risuonata dal vivo dai Radiocroma. Strumenti vari, sfruttati e maltrattati, in particolare da Alessandro Toto; lo strumento diventa quasi materia che plasma qualcosa, uno o più suoni, perché è dalla conoscenza diretta del mezzo musicale che si possono ottenere suggestioni sonore reali.

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radiocroma1La ‘pienezza’ della musica rappresenta un importante elemento della loro ricerca estetica. Uso di megafoni, rumori estranei, ricreati virtualmente o riprodotti dal vivo, esplorazione sonora delle chitarre, creano una tridimensionalità della musica, una sorta di materializzazione del suono. Questa concretezza delle partiture musicali sono infatti associate alle immagini. Le immagini, almeno concettualmente, riescono ad essere didascaliche e a narrativizzare un senso. In questo caso però, occorre prendere in esame tre elementi della band, forse analizzarli anche singolarmente; il testo scritto, la struttura musicale, il video. Queste tre dimensioni non sempre sono pensate e strutturate dalla stessa mente, o da tutti i componenti insieme, ad esempio il testo scritto è affidato ad Alessandro Toto, mentre i video sono ideati e realizzati da Mauro Serra. L’arrangiamento musicale, poi, è il momento più aggregativo, forse perché è l’elemento più importante, quello decisivo.

La parte strumentale infatti, deve spiccare rispetto alle parole, deve fungere quasi da colonna sonora ai videocartoni che scorrono alle spalle dei musicisti. L’insieme di tutti questi componenti audiovisivi sembrano ricreare una sorta di cinema live, di videoclip vagante, che passa da un luogo ad un altro, e parliamo di luoghi fisici. La materialità dunque, dal suono all’immagine fino all’esecuzione, fanno dei Radiocroma, un gruppo innovativo e ‘originale’.

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I testi scritti sono spesso brevi ed ermetici, si possono considerare dei flussi di pensiero, che dall’osservazione di un minimo dettaglio diventano un’immagine confusa, un’idea, una risposta, una denuncia o un urlo, poi arrivano sulla carta e in un’inconscia ritmicità, diventano una canzone. I video seguono tre linee principali di realizzazione: ispirati dall’andamento musicale, ispirati dal testo scritto, sintesi di testo e musica

 radiocroma1Mauro Serra è infatti solito leggere o solo il testo scritto e lasciarsi ispirare, creando suggestioni e associazioni visive, oppure ascoltare la parte musicale per aggiungere il movimento alle immagini, altre volte legge-ascolta e crea la storia. Il suo modo di raccontare è completamente personale, perché non è influenzato dai suoi compagni, soddisfacendo un’altra volontà dei Radiocroma: lasciare la libera interpretazione del testo. La non facile accessibilità ai testi rappresenta il bisogno di personalizzare il più possibile le storie raccontate, ma anche rilanciare la qualità del testo nella canzone italiana.

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Prendendo in considerazione l’audiovisione nella sua totalità, si possono applicare i principi di sincronia e asincronia per chiarire le dinamiche che governano il rapporto suono/immagine. Due sono gli esempi più significativi di questa doppia natura dell’esperienza audiovisiva.

Pasquale nel cubo” è un chiaro tentativo di creare una certa sincronia delle immagini con la musica, e viceversa. Sono infatti trasportati nel video gli elementi principali che sono presenti nel pezzo o che comunque evocano. La personificazione del megafono traduce la voce del cantante riprodotta dal megafono, la bocca che urla e le parole in movimento, invece, riproducono l’atto di gridare. I cavalli che si muovono dall’alto verso il basso sembrano voler identificare con un’immagine il ritmo continuo e costante della batteria, che Mauro Serra interpreta attraverso quell’immagine. Infine il cubo che ruota su stesso. Questo elemento può riprodurre quei suoni in più che percepiamo, che sono quasi ipnotici, così come il movimento del cubo, che incanta e stordisce. In questa esperienza audiovisiva si può rintracciare una elementare struttura sincronica, perché tende a riportare il ritmo e la forma musicale in una totale corrispondenza visiva.

Diversamente già un video come “Tommaso aspetta” presenta un’idea asincronica. Tolti i pochi momenti di “ritornello”, in cui ci sono immagini quasi allucinatorie, il resto del video crea tendenzialmente un discorso compiuto, è più narrativo. Qui si percepisce la volontà di raccontare qualcosa, procedere in maniera parallela rispetto al movimento musicale, trovando poche affinità tra ciò che vediamo e ciò che ascoltiamo. L’asincronia però, può essere più interessante, perché crea due testi in comune tra loro, ma i linguaggi mantengono due nature separate: il discorso narrativo per il video (figlio del cinema), mentre l’evocazione di un sentimento per la musica. Ovviamente anche le immagini possono avere le stesse potenzialità della musica, come anche la musica può assumere una forma narrativa, ma in questo caso rimangono separate e nella loro struttura più originaria.

Infine occorre parlare del brano “Luna pendente“, che nel complesso si può definire la sintesiradiocroma “perfetta” di audiovisione. Partiamo dal testo della canzone. Sebbene presenta poche strofe descrive (in maniera anche poco chiara ad una prima lettura) una situazione di suicidio. Il video ha una struttura narrativa perfetta. E’ un riuscito esperimento di momenti sincronici a momenti asincronici. La breve storia di Luna è una proiezione metaforica di un mondo interiore non condiviso e spezzato dal disperato atto del suicidio. Nonostante la costruzione narrativa però, non mancano giochi visivi che rimandano al ritmo e, in generale, c’è la tendenza a creare dei movimenti interni che sembrano seguire l’andamento musicale. Anche la musica è più vicina all’idea di “ambientazione”, aggiungendo effetti sonori che riproducono situazione oniriche che si sposano perfettamente con le immagini che vediamo (Luna sul letto che si sveglia. Comincia a sognare? o l’autore del testo e del video immaginano?).

Indubbiamente i Radiocroma non riescono più a concepire il fare musica senza il “supporto” delle immagini. Supporto alla musica o distrazione? Concezione totale dell’esperienza audiovisiva o enfatizzazione delle caratteristiche proprie di ogni linguaggio? L’arte come creazione di un solo artista o “convivenza” di più sguardi sulle cose? I Radiocroma portano a porsi diverse domande. Un progetto che nasce senza molte pretese, né con propositi rivoluzionari o autoriali. Eppure, ogni volta che l’immagine interagisce con il suono, si possono aprire molti discorsi. Due dimensioni che spesso si richiamano l’uno l’altro, ma che insieme possono agire in svariati modi.

Un grande gruppo, i Radiocroma, da valorizzare sempre di più. Consapevoli, forse, di dover entrare “dentro” la musica e portarla ad incontrarsi con diverse forme di comunicazione. Incontri interessanti, stranianti, nuovi e creativi.