Le voci del cinema. Parla Angelo Maggi/Tom Hanks: vi spiego perché Muccino si sbaglia

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Il doppiaggio in Italia vanta generazioni di grandi artisti. Dalla sua nascita, negli anni Trenta, se ne contano cinque. Queste generazioni si sono susseguite assicurando al doppiaggio italiano il primato del migliore del mondo. Una vera e propria arte, messa la servizio degli spettatori da veri e propri artisti. Attori che prestano la loro voce (e non solo quella) ad altri attori, dotati di una marcia in più, quella di ricreare emozioni agli spettatori in un riadattamento linguistico che passa, in primis, per la traduzione dei copioni.

Noi italiani siamo abituati alle voci dei doppiatori, di alcuni non possiamo fare proprio a meno: quella voce è quell’attore, nonché quel personaggio. Immaginiamo Robert de Niro e non può non venirci in mente la meravigliosa voce di Ferruccio Amendola.

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Parlando del compianto e apprezzatissimo Tonino Accolla non possiamo non pensare subito alla risata di Eddie Murphy o al D’oh di Homer Simpson?

Quando Luca Ward non ha doppiato Russel Crowe nel film “Noah” ha voluto comunicarlo ufficialmente ai suoi fan, per non deludere delle aspettative che tutti sanno ci sarebbero state: c’è un film di Russel Crowe al cinema, quindi mi aspetto la voce di Luca Ward.

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Noi italiani siamo affezionati ai doppiatori, siamo in grado di riconoscere loro una bravura tale da non sentire la mancanza delle voci originali.

È notizia recente, però, che Gabriele Muccino abbia espresso il suo dissenso per quanto riguarda la pratica del doppiaggio in Italia. “Vedere un film doppiato è come spararsi in bocca”, è la dichiarazione forte del regista de “La ricerca della felicità”. L’attacco di Muccino parte dal presupposto che il film doppiato viene denaturalizzato e che, doppiandolo, si privano gli spettatori della possibilità di una esperienza più vera, più reale, quando vanno a vedere un film. Parla anche degli stranieri, Muccino, dicendo che anche loro hanno diritto, nelle nostre sale cinematografiche, di assistere ad un film in lingua originale. E parla in ultimo dei registi, che vedono il loro lavoro annullato o comunque alterato quando gli attori con cui ha lavorato per fare il film vengono doppiati.

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All’udire di queste affermazioni, è stata inevitabile la polemica. Risposte dal mondo dei doppiatori non si sono fatte attendere, così dai loro sostenitori.

Abbiamo deciso anche noi di sentire cosa hanno da dire i doppiatori, a riguardo. Nella fattispecie, lo abbiamo chiesto ad uno dei più bravi, una di quelle voci che ha saputo restituire al pubblico italiano meravigliosi personaggi, come il naufrago Tom Hanks in Castaway , l’impacciato e dolcissimo Hugh Grant di Notting Hill, l’irriverente e sexy Robert Downey Junior nei panni di Iron Man, ma anche il meraviglioso e divertentissimo Commissario Winchester de I Simpson: Angelo Maggi.

Angelo Maggi, insomma, questa polemica scatenata dalle affermazioni di Muccino ha creato un pochino di scompiglio tra voi doppiatori, che vi siete trovati a dovere difendere la vostra categoria.

Non si tratta di difendere una categoria, ma un mestiere, un mestiere completo che viene troppe volte confuso. Un doppiatore non è una voce prestata, ma un attore. Un attore due volte: lo dice la parola stessa, doppiatore/doppio-attore. La settima arte, il cinema, è basata prevalentemente sulle immagini. E basta partire da questo presupposto per ammettere che il doppiaggio, rispetto al sottotitolo, è il male minore. È stato condotto uno studio che ha dimostrato come, un film sottotitolato, viene seguito, nello scorrere delle sue immagini, solo al 50%. Il resto del tempo lo si passa a leggere i sottotitoli.

Allora voglio dire al Signor Gabriele Muccino che sicuramente doppiare un film può significare alterarlo, ok. Vogliamo dire che è una mostruosità? Diciamolo pure, va bene. Ma, allo stesso tempo, dobbiamo anche essere coscienti che è il male minore.

Oltre a questo, mi verrebbe una domanda da fare a Gabriele Muccino: perché, lui che ha il potere di farlo, non inizia dai suoi film a fare sì che vengano distribuiti in Italia senza essere doppiati? Non vedo il punto di criticare il mestiere dei doppiatori, quando di questo si usufruisce in prima persona. È un po’ un controsenso, così.

Il doppio-attore, molto bella questa riflessione. In effetti, signor Maggi, mi fa riflettere su una cosa: un doppiatore deve fare una sorta di doppio lavoro. Deve restituire delle emozioni in un secondo momento allo spettatore, quelle che in un primo momento sono state portate in scena dall’attore. Non deve essere semplice.

Esatto, infatti non lo è. È un’arte difficile, una pratica laboriosa, quella di doppiare un personaggio, un attore. Tom Hanks, che io ho doppiato molte volte, regala le sue emozioni facendo quel personaggio, io le devo ricreare, cercando di non alterare quelle iniziali date dall’attore, ma anche adattandole ad un pubblico diverso da quello originale. Devo essere così bravo da essere anche irriconoscibile, nel senso che cambiando l’attore a cui do la mia voce, devo fare in modo che il pubblico non si confonda, non pensi che due attori diversi hanno le stesse voci. Un doppiatore deve essere camaleontico. Deve essere rigore (nel sapere usare tutte le tecniche necessarie per fare questo mestiere) e sregolatezza (perché appunto si deve adattare a diversi attori).   Dire che doppiare un film sia una mostruosità non è propriamente corretto, ce lo insegna addirittura la natura, con gli agnelli.

Gli agnelli?

Sì,  io ho una origina blogica, avendo studiato questa materia all’università di Roma. Quando la madre di un agnello non ha latte sufficiente per nutrirlo allora viene affidato ad un’altra madre. In gergo si dice che gli agnelli vengono doppiati.

Noi doppiatori siamo l’altra madre, quella che nutre l’agnello per la seconda volta.

E se il doppiatore è l’altra madre, allora noi spettatori siamo gli agnelli, nutriti da un altro latte che da quello originale, altrettanto buono e nutriente.

La questione, quella sollevata da Muccino, è sicuramente una di quelle questioni di cui si può dibattere per molto tempo. Difficile ammettere chi ha ragione e chi no. forse è impossibile.

Una cosa però è certa: quando Angelo Maggi/Tom Hanks grida “Wilson!” in Castaway, si sente, nella potenza tragica della sua voce, tutta la bravura di un attore con la A maiuscola, che con una sola parola ti fa venire la pelle d’oca.