La recrudescenza del Sars-CoV-2 non è uguale ovunque, nel contrasto al Covid-19 ci sono Paesi meno colpiti di altri che usano vari metodi per contenere l’infezione e si può fare il confronto tra le loro strategie per capire meglio come si stanno muovendo in questa fase della pandemia e con quali risultati.
La Cina contiene l’espansione del virus con un nuovo sistema di tracciamento
La Cina è nell’occhio del ciclone dall’inizio della pandemia perché da Wuhan è partito il Sars-CoV-2 e molte nazioni sospettano che Pechino abbia taciuto a lungo sulla reale portata dell’epidemia la cui origine, naturale o meno, è ancora al centro del dibattito. Tuttavia, il Paese del dragone ha anche messo a punto una nuova tecnica per contenere i nuovo focolai.
Si tratta, in pratica, di un sistema di tracciamento, denominato batch testing,che permette non solo di monitorare interi gruppi di persone all’interno di un focolaio, ma di analizzare anche un enorme numero di tamponi in tempi molto veloci e, secondo quanto ricostruisce Federico Giuliani per Inside Over, i risultati sono significativi non solo nell’area di Wuhan, ma anche nella città di Qingdao, una metropoli da 9 milioni di abitanti, che si trova nella provincia di Shandong in Cina orientale.
Come funziona il batch testing
La strategia cinese è cambiata rispetto all’inizio dell’anno, perché Pechino punta ora sull’esame di lotto (batch) che non pretende di far processare milioni di tamponi ai laboratori, che non riuscirebbero mai ad analizzarli in tempi brevi, e si ingolferebbero subito in qualsiasi Paese avanzato:
- Si parte da controlli a campione in caso di sospetto focolaio
- Il metodo combina in un unico lotto una decina di campioni dei test per volta
- Se uno di questi campioni è positivo, tutte le persone dello stesso lotto finiscono in quarantena e sottoposte a test individuale
- L’analisi è molto più veloce perché si fa sul lotto e non sui singoli campioni
- Quindi solo i lotti che contengono un positivo meritano l’approfondimento d’indagine
Il metodo è tuttavia efficace solo se si esaminano gruppi di persone a basso livello d’infezione, altrimenti ci sarebbe già un’epidemia generalizzata e bisognerebbe fare i test ad ogni individuo, quindi il batch testing circoscrive i focolai quando sono appena all’inizio per evitare quarantene su larga scala.
Gli altri Paesi a basso livello di contagio
Oltre alla Cina, che dichiara di tenere sotto controllo l’epidemia anche con il nuovo sistema di tracciamento, il Sars-CoV-2 continua a circolare anche a cavallo tra Asia e Oceania, ma parecchie nazioni sembrano aver fatto il tagliando alla malattia con risultati soddisfacenti e, nel contrasto al Covid-19, ci sono infatti Paesi meno colpiti che aiutano a fare il confronto tra le rispettive strategie.
Thailandia, Vietnam e Cambogia registrano picchi limitati a poche decine di casi, anche se resta il dubbio che il loro sistema di tracciamento non sia così sofisticato da individuare tutti i contagiati, anche per il numero più limitato di tamponi, tuttavia sembrano stare meglio rispetto a Malesia, Indonesia e Bangladesh, dove il virus contagia a ritmi molto più europei, come precisa Giuliani.
La Nuova Zelanda, da parte sua, dichiara di avere in effetti quasi domato anche l’ondata di ritorno, forse anche grazie alla sua natura insulare, che la rende meno soggetta a grandi arrivi di massa, e alla densità di appena 18 abitanti per chilometro quadrato. I neozelandesi sono in buona compagnia perché anche l’Australia sembra attraversare un periodo tranquillo, dopo aver avuto problemi tra luglio e settembre, anche se la curva epidemiologica non ha mai superato il picco di 750 nuovi positivi. Bisogna inoltre considerare che la regione di Melbourne ha affrontato 112 giorni di lockdown, mentre le autorità australiane hanno imposto una rigorosa quarantena a chi arrivava dall’estero.
Sembra quindi che alcuni governi siano riusciti meglio di altri a individuare persone o gruppi altamente contagiosi e a isolarli per impedire che diventassero untori incontrollabili, spezzando quindi la catena dei contagi come se avessero spento la miccia salvando il deposito degli esplosivi.
Giappone e Corea del Sud
Molto si è scritto sulla tendenza culturale cinese ad agire collettivamente, rendendo più facile al regime di Pechino l’imposizione di misure draconiane, ma la cultura asiatica, più improntata all’armonia comunitaria che all’esaltazione dell’individuo, ha giocato un ruolo determinante anche in Giappone dove l’uso delle mascherine è una prassi consolidata per non infettare gli altri neppure in caso di raffreddore.
Tuttavia, il governo di Tokio e la Corea del Sud hanno gestito la pandemia per stroncare i cosiddetti cluster di trasmissione, proprio come in Cina, investendo molto su una strategia tecnologica avanzata per tracciare i contagi e incrociare i dati. In questo modo, il servizio sanitario ha agito in modo più mirato e in tempo reale, usando questa specie di navigatore satellitare dell’emergenza, evitando che un semplice focolaio scatenasse un incendio pandemico.
I risultati della strategia nipponica e coreana
Come precisa Claudio Del Frate sul Corriere della Sera, i dubbi sui dati ufficiali del regime cinese, riguardanti un incremento molto limitato di nuovi casi giornalieri, coincidono ampiamente con quelli del Giappone, che ha comunicato all’Oms di avere attualmente meno di 700 nuovi casi e solo 5 deceduti nelle ultime 24 ore, dopo il picco di duemila contagiati registrati in agosto.
La Corea del Sud segnala appena 61 nuovi positivi e nessuna vittima e Seul ha puntato molto sulla gestione dei big data informatici, con tracciamento delle carte di credito, e uso delle immagini delle videocamere di sorveglianza per ricostruire gli spostamenti delle persone in periodo di emergenza.
Il governo giapponese ha investito su moderne tecnologie di tracciamento retrospettivo che ricostruiscono la vita quotidiana e i contatti sociali del paziente prima ancora del contagio, ma ha anche incoraggiato al massimo il telelavoro per diradare l’affollamento sui trasporti pubblici e nei locali chiusi.
Nonostante le differenze che emergono nei Paesi più virtuosi nella lotta al virus, è comunque evidente che i risultati hanno premiato la capacità di contenimento del Covid-19, con una strategia avanzata, razionale e tempestiva, per evitare soluzioni improvvisate e comunicazioni confuse ai cittadini con il risultato di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati, subire più perdite umane e infliggere danni gravissimi al sistema sanitario e all’intera filiera produttiva.