Contagi Covid e rischio di nuove strette, il punto per non cedere al panico

Il dilagare del panico non aiuta a contrastare la recrudescenza del Covid-19 occorre basarsi sui fatti e strategie mirate di contenimento

I media bombardano di notizie i cittadini, sempre più preoccupati dai contagi Covid in crescita, e dal rischio di nuove strette alla normale circolazione, ma è comunque possibile fare il punto per non cedere al panico e affrontare la recrudescenza della pandemia con realismo e misure razionali.

Covid-19 e contagi in ripresa creano problemi a partire dalle grandi città

Sras-Cov-2 ha rialzato la testa in autunno con crescita di contagi a partire da Milano, con 1.858 nuovi casi in 24 ore, passando per Genova, che registra il più alto tasso di positivi (circa il 25%) rispetto ai tamponi effettuati, senza dimenticare l’affollamento dei trasporti e crescita di positivi anche a Roma e Napoli.

Il premier Giuseppe Conte, alle prese con le critiche sulle carenze organizzative dell’estate, vuole scongiurare un nuovo lockdown generalizzato, invita i cittadini, al pari del ministro della Salute Roberto Speranza, a uscire solo per necessità di lavoro, studio e acquisti essenziali.

La strategia sembra improntata a misure di contenimento mirate, come quelle adottate in Liguria per circoscrivere il cluster della Spezia e limitare il contagio in alcuni quartieri genovesi, ma si rischiano nuovi lockdown localizzati, controllo nell’uscita dai confini regionali e la chiusura o meno di sale giochi, palestre e centri commerciali, interrompendo anche attività produttive più vulnerabili alla diffusione del virus.

Le nuove prospettive di intervento

Preoccupa anche l’aumento dei pazienti in terapia intensiva, passati da 539 il 14 ottobre a 992 di oggi con 136 decessi, tuttavia si spera che la situazione sia recuperabile con le misure mirate, per evitare di raggiungere la soglia di 2.300 ricoveri ad alta densità di cura, che metterebbe in tensione il sistema sanitario, costringendo a divieti più drastici.

Molto dipende dalla capacità dei provvedimenti locali di abbassare la curva, dato che le limitazioni e il monitoraggio appena avviati danno risultati dopo circa 15 giorni, mentre ai 5.400 posti operativi di terapia intensiva si prevede di aggiungerne a breve altri tremila a titolo precauzionale, ma si punta in particolare sui progressi raggiunti nelle terapie antinfiammatorie più mirate per curare i sintomi a casa nella maggioranza dei pazienti.

Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera conferma che il coprifuoco notturno si unisce ad attenta sorveglianza di sale giochi, palestre e piscine, oltre ai centri commerciali, ma al riguardo sembra che Conte voglia seguire l’esempio della Lombardia che permette l’apertura di tutti i negozi di alimentari e delle farmacie, per evitare serrate totali, nonostante i contagi Covid in aumento, per evitare il rischio di strette troppo dure che, di certo, farebbero cedere al panico più di un esercente.

Il parere di Arnaldo Caruso

Il presidente della Società italiana di virologia Arnaldo Caruso, rispondendo alle domande di Alessandro Ferro, precisa che l’aumento dei casi deriva dalla ricerca dei positivi che all’inizio dell’epidemia non si faceva, conferma il problema dei contagi in famiglia e luoghi chiusi, ma offre anche spazio alla speranza:

“Avere le mascherine, tenere il distanziamento e lavare le mani è quasi superiore ad una vaccinazione: con questo piccolo accorgimento, non siamo solo quasi totalmente immuni dal Coronavirus, ma siamo immuni da tutte le malattie infettive che si prendono per via aerea. Avremmo una salute di ferro soltanto se facessimo attenzione. È un obiettivo da raggiungere in maniera collettiva”.

La risposta di Matteo Bassetti al bombardamento di notizie

Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova ha spiegato a Matteo Carnieletto del Giornale quali sono, secondo lui, i punti chiave per non sottovalutare la recrudescenza del virus che si è manifestata in autunno ed evitare al tempo stesso, di seminare il panico:

  • Apprezzamento per la decisione nel Dpcm di lasciare intervenire Regione e Comune in modo mirato solo dove la situazione lo richiede per non distruggere l’economia, facendo zone a limitata circolazione e divieti mirati di assembramento
  • Evitare di definire le limitazioni mirate come coprifuoco perché si evocano scenari di guerra impropri
  • 93-94% di positivi asintomatici o paucisintomatici richiedono l’assistenza della medicina territoriale che andava potenziata

La tirata d’orecchie di Bassetti al sensazionalismo mediatico

Bassetti precisa che per mesi ha chiesto che tutta la sanità italiana si attrezzasse meglio anche a livello territoriale e che fosse spiegato con chiarezza che nella maggioranza dei casi l’infezione si può gestire a casa, ma non è stato fatto, e lancia un affondo contro il sensazionalismo mediatico:

Si è detto alle persone che questo era un virus devastante, che dà complicazioni e che finiranno tutti intubati e così, non appena qualcuno ha un sintomo, corre in ospedale per farsi curare…Non possiamo però fare sei/otto mesi con bollettini e racconti di catastrofi. Non credo che questo sia il modo migliore di fare informazione.

La notizia alla fine è sempre quanti sono i morti e nessuno guarda mai quanti sono i guariti. Questa comunicazione, che parte sempre da ciò che è negativo, non aiuta le coscienze degli italiani. Dopo nove mesi, la gente è in difficoltà. Soprattutto se non le dai una speranza di uscita”.

Oltre all’infettivologo genovese, anche Alberto Zangrillo, primario dell’unità operativa di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano si dichiara contrario al terrorismo mediatico che è controproducente e precisa che il 30% degli accessi al pronto soccorso nel suo ospedale, riguardano persone che si possono curare a casa, mentre nelle terapie intensive la risposta è migliore e più organizzata rispetto a marzo/aprile “anche se il virus oggi è tornato a mordere“, specie a Milano.   

Le breaking news dalla Liguria

Genova è tra le città con più contagiati, anche se in maggioranza asintomatici, tuttavia occorre fare riferimento ai nosocomi cittadini per capire la gravità degli interventi, e l’emittente ligure Primocanale ha monitorato la situazione:

  • alle 12:30 del 22 ottobre i tre ospedali genovesi principali, San Martino, Galliera e Villa Scassi avevano 315 persone al pronto soccorso
  • 33 erano in codice rosso d’emergenza
  • 121 in codice giallo di media gravità
  • 55 codici verdi non preoccupanti
  • 4 codici bianchi senza problemi ospedalieri di sorta
  • 102 erano in osservazione breve che non richiede ricovero immediato, ma una terapia o un accertamento diagnostico.

Intervistato da Primocanale, Angelo Gratarola, coordinatore dei pronto soccorso e rianimazione della Liguria spiega la situazione: “Accanto ai pazienti con sintomatologia Covid correlata insistono anche patologie di altra natura rendendo il quadro complessivo estremamente impegnativo…I pazienti con sintomatologia influenzale ma senza difficoltà respiratoria dovrebbero rimanere a casa perché affollare il pronto soccorso in questo modo significa indebolire il tessuto sanitario rendendolo meno efficiente“.

Il virus è quindi molto pericoloso per alcuni e meno per altri: fare gli ottimisti è assurdo quanto abbandonarsi al catastrofismo per i contagi Covid e rischio di nuove strette, perchè si può fare sempre il punto della situazione e non cedere al panico, agevolando anche il lavoro del personale sanitario, di nuovo in grave difficoltà, perché troppi hanno trasformato una legittima paura razionale in terrore, alimentato dal sensazionalismo mediatico, che non s’ispira alla locuzione latina “in medio stat virtus“, informando in modo completo ma equilibrato, soprattutto quando c’è in gioco la salute psicologica, sempre più logorata, di milioni di persone che rischia di non reggere a lungo.