Formazione e giovani: le nuove sfide della comunicazione

La nuova comunicazione richiede studio, qualità e ricambio generazionale.

Il direttore della Stampa Maurizio Molinari ha inaugurato il corso di Linguaggio giornalistico all’università di Torino e investe sulla nuova comunicazione.

L’obiettivo non si limita ad affrontare temi che spaziano dalle vecchie alle nuove forme giornalistiche, passando per la sfida del web, ma punta a rispondere a tre esigenze specifiche:

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  • La Stampa è legata alla città di Torino dal 1867. La redazione si rafforza con l’interattività, che si basa sulla conversazione fra chi scrive e chi legge
  • La professione giornalistica si trasforma e può trasmettere i contenuti su tante piattaforme: nascono più opportunità da cogliere fondendo l’esperienza dei reporter con l’energia delle nuove generazioni
  • La sfida più temibile viene dalla divulgazione delle fake news che sono fuorvianti per il lettore e il miglior antidoto è la forza delle conoscenza, formando giornalisti rigorosi e competenti per un’informazione di qualità e adeguata al XXI secolo.

In pratica, lo svecchiamento della comunicazione passa da una formazione ad ampio raggio che pone al centro i giovani aspiranti giornalisti, più pronti e ricettivi alla sfida del cambiamento in corso.

L’assenza di ricambio danneggia la comunicazione

Al congresso della federazione nazionale della Stampa Italiana, Enrico Mentana, direttore del tg LA7, getta il sasso e non nasconde la mano riguardo la necessità e urgenza di rivoluzionare comunicazione e giornalismo.

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Mentana punta il dito contro il ricambio generazionale e denuncia che dopo 33 anni di assenza al congresso della FNSI, ha rivisto molte persone, ancora sulla breccia, che aveva incontrato nel lontano 1986.

La scialuppa della comunicazione non raccoglie i naufraghi più giovani

Mentana usa la metafora della scialuppa per dimostrare che i professionisti di lungo corso della comunicazione si sono concentrati sui problemi interni ma non a quello che succedeva intorno a loro.

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Di conseguenza, la categoria sembra una barca con il peso tutto da una parte, mentre dall’altra i giovani tentano disperatamente di salire a bordo, ma ricadono in acqua e non riescono mai a entrare nella professione.

La proposta di Mentana per una nuova comunicazione

Questa è la ragione che ha spinto il direttore di LA7 a lanciare il progetto Open, che ha offerto a 20 giovani il contratto di praticante. Il ricambio generazionale garantisce, secondo Mentana, il futuro della comunicazione.

In pratica, la linfa nuova evita di guardare la realtà con occhi vecchi che non comprendono il mondo che cambia.

L’Inpgi scende in campo per il futuro della comunicazione

Marina Macelloni, presidente dell’istituto nazionale di previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi) amplifica la denuncia di Mentana e  propone di aprire le porte anche ai non giornalisti.

Questa novità non è solo rivoluzionaria nel mondo del giornalismo e comunicazione ma rappresenta anche la “via d’uscita per ribaltare il destino dei dinosauri e immaginare un mondo che non preveda solo l’estinzione”.

L’iscrizione all’Inpgi si estenderebbe quindi a tanti che non sono giornalisti di professione, ma che si occupano di comunicazione anche via web, strumento di lavoro in continua crescita.

I motivi per aprirsi alla nuova comunicazione

Marina Macelloni si è impegnata nel progetto partendo da una realtà drammatica:

  • l’Inpgi affronta spese per ammortizzatori sociali cresciute del 58% in 5 anni.
  • Nello stesso periodo, il 15% del lavoro giornalistico dipendente ha cessato di esistere
  • Gli iscritti sono circa 15 mila e i pochi nuovi assunti guadagnano meno di 30 mila euro
  • Le differenze di guadagno penalizzano giovani, donne e residenti al sud
  • Cresce in modo massiccio la migrazione verso il lavoro autonomo e si nota una digitalizzazione intensa, ma non è governata da regole chiare
  • Cambiano i mezzi di produzione, le figure professionali e il modo di gestire la comunicazione da parte degli utenti, ma non diminuisce la domanda d’informazione
  • La via d’uscita è riconoscere questo cambiamento, allargare lo sguardo e offrire tutele previdenziali anche a chi è stato sempre escluso.