Un team di ricercatori potrebbe aver identificato i più antichi resti di Homo sapiens finora rinvenuti al di fuori del continente africano. Come affermato nel relativo articolo – pubblicato su Nature – il ritrovamento suggerisce che i nostri antenati raggiunsero l’Eurasia già 210mila anni fa.
Allo studio hanno partecipato numerosi istituti, tra cui il Natural History Museum (Inghilterra), la Eberhard Karls University of Tübingen (Germania) e il Museo di Antropologia di Atene (Grecia).
Out of Africa
Attualmente, la “Out of Africa” (in italiano, l’Ipotesi africana) rappresenta la teoria più accreditata per spiegare le origini della nostra specie. Secondo tale modello, l’Homo sapiens sarebbe comparso nella regione del Corno d’Africa, circa 350mila anni fa. Successivamente, i nostri antenati avrebbero tentato in più occasioni di colonizzare nuovi territori, seguendo differenti percorsi.
Ad esempio, si ritiene che il progressivo inaridimento delle zone tropicali – iniziato 135mila anni fa – abbia spinto alcune popolazioni a migrare verso il continente eurasiatico, in cerca di condizioni più ospitali. Queste, attraversarono il Mar Rosso in corrispondenza dello stretto di Bab el-Mandeb, per poi insediarsi nella penisola araba.
Sebbene si ritenga che questi antichi uomini fossero riusciti a colonizzare varie regioni – inclusa la Cina – studi genetici suggeriscono che non abbiano lasciato tracce nelle attuali popolazioni. Infatti, gli scienziati hanno ipotizzato che queste ultime derivino da un piccolo gruppo – forse poche centinaia di persone – che attraversò il Mar Rosso circa 75mila anni fa.
Migrando lungo le coste mediorientali ed asiatiche, i nostri antenati giunsero fino in India, per poi raggiungere l’Australia tra 65 e 50mila anni fa. Tuttavia, secondo gli studiosi, alcuni membri di questo gruppo scelsero una strada alternativa, risalendo il Nilo e attraversando la penisola del Sinai. Una parte, si diresse in Asia, mentre un’altra arrivò in Europa circa 55mila anni fa.
I primi uomini che lasciarono l’Africa
Negli anni ’70, un gruppo di ricercatori del Museo di Antropologia di Atene rinvenne i resti di due crani umani nella grotta di Apidima, lungo le coste della Grecia meridionale. I teschi – rinominati Apidima 1 e Apidima 2 – mancavano della mandibola e, nel caso del primo, anche della regione facciale.
Per tale motivo, non fu inizialmente possibile definire la specie di Apidima 1, mentre Apidima 2 venne classificato quale esemplare di Homo neanderthalensis. Solo recentemente, un team di studiosi – guidati dalla paleoantropologa Katerina Harvati – ha ricostruito digitalmente le sembianze dei due individui. In tal modo, gli scienziati hanno potuto identificare la specie di Apidima 1: altri non sarebbe che un antico Homo sapiens.
Dal momento che i due teschi sono stati rinvenuti affiancati, si era inizialmente creduto che fossero contemporanei. Ciò non sarebbe sorprendente, in quanto sappiamo che sapiens e neanderthal hanno convissuto in Eurasia per un certo periodo di tempo, arrivando perfino ad accoppiarsi tra loro. Tuttavia, i risultati del nuovo studio contraddicono questa prima ipotesi.
Mediante una tecnica di datazione – basata sul decadimento radioattivo dell’uranio – i ricercatori hanno stimato un’età attorno ai 170mila anni per Apidima 2, mentre il cranio di H. sapiens sarebbe appartenuto ad un individuo vissuto ben 40mila anni prima. Ciò, lo renderebbe il più antico fossile di sapiens mai rinvenuto in Europa.
Questa scoperta va ad aggiungersi ad altri ritrovamenti, come quelli effettuati in Israele presso le grotte di Misliya (una mascella datata fra 194 e 177mila anni fa) e di Skhul e Qafzeh (resti risalenti a un periodo compreso fra 130 e 90mila anni fa). Tali reperti suggeriscono che la nostra specie abbia compiuto numerose migrazioni fuori dell’Africa prima di riuscire a insediarsi stabilmente in altri continenti.
Infatti, come affermato dalla professoressa Harvati, “riteniamo che questi primi migranti non abbiano contribuito alle moderne popolazioni umane che vivono fuori dall’Africa, ma siano andate perdute per poi esser rimpiazzate localmente dai neanderthal”. Evidentemente, lo stesso è accaduto alla popolazione di Apidima 1.
Ulteriori studi potranno confermare l’identità degli individui rinvenuti nella grotta di Apidima. Inoltre, sarà possibile raccogliere informazioni per ricostruire le condizioni ambientali vigenti quando questi antichi uomini abitavano l’Europa.
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