Il Segreto…del successo in TV! Produzioni italiane alla deriva?

il segreto

Quali sono i motivi del forte riscontro positivo ottenuto dalla soap “Il Segreto”?

Ciò che sto per scrivere non vuol essere né critica né elogio di quella che, negli ultimi mesi, s’è indubbiamente tramutata in una vera e propria mania da parte del pubblico femminile. Che piaccia o meno, “il Segreto” è l’ennesimo esempio di come produzioni straniere (nella fattispecie, si parla di terra spagnola) riescano in molte circostanze ad incontrare larghi consensi da parte del pubblico italiano. Non sono un fan della serie e mi limito a parlare con dati alla mano: i numeri dell’Auditel non mentono.

La domanda che in questo caso verrebbe da porsi è una: il successo de “il Segreto” è da ricollegare a forti meriti della soap o piuttosto a demeriti caratterizzanti i prodotti italiani? Beh, non è facile dar risposta. Tuttavia, la tendenza generale del nostro Paese è quella di non rischiare e di puntare sempre sull’“usato garantito” (basti pensare ai vari “Don Matteo”, “I Cesaroni”, “Un Medico in famiglia” e via dicendo). Siamo il popolo dei buoni sentimenti, della fede, dell’amicizia. Non necessariamente ciò dev’essere visto come un limite perché, seppur si tenda a partire puntualmente dalle medesime tematiche, sono i successivi sviluppi a non lasciare il segno.

Parliamoci chiaro: non c’è originalità, né tanto meno voglia di sperimentare. Se l’Auditel dice no, la bocciatura è sancita, senza alcun diritto di replica (così vogliono gli inserzionisti). Questo discorso vale per qualunque tipo di trasmissione televisiva messa in onda. Ma le novità hanno bisogno di tempo per crescere e per essere conosciute: basti pensare che lo stesso “Grande Fratello”, divenuto poi innegabile (ed opinabile…) fenomeno di costume, esordì nella prima edizione con ascolti ben inferiori alla media di rete. Ma appena un’idea riesce ad ottenere il successo, allora ecco che la si spreme fino al midollo, fin tanto che un netto calo di ascolti non ne determini lo stop. Proprio qui nasce il secondo problema: 13 edizioni di “Amici”, 15 edizioni di “C’è posta per te”, 13 edizioni dello stesso “Grande Fratello”, e si potrebbe continuare all’infinito citando programmi che esisteranno fino al limite del sopportabile, rimescolando insistentemente i soliti ingredienti già triti e ritriti.

Mi son domandato spesso perché negli Stati Uniti ci siano realtà mediatiche come “American Horror Story”, “Lost” o “Californication”: certo, le possibilità economiche presenti li sono di ben altro livello, ma servirebbero a ben poco nel caso mancassero spunti tali da portare ciò che si sta creando ad essere ben identificabile rispetto alle altre proposte televisive. Prendiamo ad esempio “Grey’s Anatomy”: oddio, un’altra “fiction da corsia ospedaliera”?! Invece no, perché l’ambientazione clinica si limita ad essere…un’ambientazione, ma gli intrecci ed il particolare modo di raccontare le vicende dei protagonisti hanno reso questa serie tra le più amate ed apprezzate degli ultimi tempi (anche in Italia).

Non mi dilungherò oltre, limitandomi a sottolineare il fatto che dalle nostre parti manchi proprio questo: il desiderio di reinventarsi, di provare a risvegliare la stantia TV italiana evitando che, con il passare degli anni, questa diventi sempre più l’ombra di se stessa. Quando in un posto c’è solo ombra, allora non resta altro da fare che attendere di brillare grazie a luce riflessa. La luce delle produzioni oltre confine che, anche qualora non brillassero per freschezza e dinamismo, riuscirebbero comunque ad essere “meno peggio” di quanto si sia in grado di fare nel bel Paese.