Intervista a Montanari: il vaccino, l’immunità e la nuova pandemia

Stefano Montanari, torna nuovamente a parlare del covid-19 esprimendo forti dubbi sul vaccino e sulla capacità di generare l'immunità

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Da tempo si fa strada l’idea, in quanto a Coronavirus, del Dottor Stefano Montanari che suona a mo’ di repetita. Per argomentare al meglio le sue teorie abbiamo chiesto al Dottor Montanari di rispondere ad alcuni quesiti.

CHI È STEFANO MONTANARI?

Il Dottor Stefano Montanari nasce a Bologna il 7 giugno 1949. Nel 1972 si laurea in Farmacia presso l’Università di Modena con una tesi in Microchimica. Ha iniziato presto ad occuparsi di ricerca applicata al campo della medicina. Numerosi i suoi brevetti nel campo della cardiochirurgia, della chirurgia vascolare e della pneumologia.

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Diversi ruoli scorrono nella lunga biografia del Dottor Montanari dal Consulente Tecnico, al Docente di Master, al ricercatore nonché scopritore delle nanopatologie. Accanto a lui, una donna tanto tenace e determinata, tale Antonietta Gatti, esperta di fisica e mente sagace in fatto di “ricerca alla scoperta di nuovi tipi di malattie come la nano e la micro-patologia”.

1- Un suo resoconto maturato sul COVID-19 in base alle sue competenze e a quanto affermato da ricercatori e virologi? Nonché sulla prevista seconda ondata?

R – È impossibile rispondere come se ricercatori e virologi formassero squadre in qualche modo omogenee dalle stesse vedute e sugli stessi livelli. I virologi o, almeno, quelli che sono saliti alla ribalta dei media e hanno dettato le decisioni strategiche hanno dimostrato una preoccupante incompetenza, se non altro a fronte di tutta la loro incapacità palese di gestire una situazione che, tutto sommato, non era di particolare difficoltà.

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Questo a meno che una gestione del genere non facesse parte di qualcosa che nulla aveva a che spartire con la salute. Per quanto riguarda i ricercatori, ad oggi non hanno isolato il virus. Insomma, si poteva fare di meglio. Il virus che, per tante ragioni, ha devastato il mondo ha una grande infettività, vale a dire un’ottima capacità di passare da individuo a individuo, ma questo non significa che abbia grande patogenicità. Di fatto, si tratta di un virus della stessa famiglia di quelli che inducono il raffreddore o qualche banale influenza.

2 – L’utilizzo della mascherina. Era realmente necessario l’utilizzo a differenza di quanto previsto nei mesi pre – e post – lockdown?

RLa mascherina è stata e resta una delle non poche assurdità che hanno caratterizzato la gestione di questa finta pandemia. Per pietà umana non entro nell’argomento delle grottesche mascherine fabbricate in casa con vecchi indumenti come suggerito dalle istituzioni. È fin troppo evidente che chi ha pensato a soluzioni del genere non aveva la minima esperienza di filtrazione o, in alternativa, era dotato di un certo sense of humour. E nemmeno entro nell’argomento delle mascherine firmate dalle case di moda e vendute a caro prezzo.

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Personalmente trovo ineccepibile che i gonzi paghino e, dunque, non ho obiezioni. Nella maggior parte delle circostanze, le mascherine sono quelle di carta usate dai chirurghi nelle sale operatorie ma, in quei casi, le condizioni ambientali sono diversissime. Nell’impiego che ne fa il portatore comune, la carta s’inumidisce rapidamente, offrendo un eccellente terreno per virus, batteri, funghi e parassiti vari sempre presenti nell’aria. Così, il portatore passa ore con una concentrazione di patogeni a pochi millimetri da bocca e naso quando non addirittura a contatto. Inoltre, la respirazione corretta è ostacolata e, così, il soggetto inspira l’anidride carbonica che altro non è se non il rifiuto del metabolismo cellulare.

Insomma, ridà alle cellule ciò che le cellule avevano eliminato, in questo modo inducendo una condizione di sofferenza chiamata ipercapnia. Ricordo che una scarsa ossigenazione al cervello, come è in questo caso, ostacola l’attenzione e, dunque, chi guida un veicolo indossando la mascherina può costituire un pericolo per l’incolumità propria e altrui. Dall’ipercapnia consegue un’altra condizione chiamata acidosi in cui l’acidità dell’organismo aumenta (si abbassa il pH), in questo modo offrendo un ambiente adatto all’innesco di varie malattie, non ultimo, il cancro.

È evidente a chiunque abbia conoscenze d’igiene che portare le mascherine con le modalità imposte è un modo piuttosto efficiente per mettere in difficoltà l’organismo, rendendolo più accogliente per la malattia. A questo si aggiunge l’assurdità del lockdown, con le persone cui s’impedisce di prendere il sole, rendendole, cioè, impossibilitate ad avere un metabolismo corretto della vitamina D che è una sostanza essenziale per le difese immunitarie. In più, contravvenendo a quanto la medicina sa da diversi secoli prima di Cristo, i reclusi non potevano fare moto, con ciò indebolendo ulteriormente l’organismo. Come se questo non bastasse, l’umore va a terra e, ancora una volta come ampiamente noto, in quella condizione le difese immunitarie s’indeboliscono. In definitiva, si è lavorato perché il maggior numero possibile di persone perdesse la salute e, alla prova dei fatti, il successo è stato enorme.

3 – In merito al vaccino anti-Coronavirus ci può spiegare cosa ne pensa? Altresì ci fornisce la sua teoria su come andava gestito scientificamente il Coronavirus?

R Pretendere di fare un vaccino contro questo virus è semplicemente un’assurdità. Imporlo obbligatoriamente è una truffa violenta. Al di là della sua ben scarsa patogenicità, questo virus non induce immunità se non, nella migliore delle ipotesi, per pochissime settimane. Inoltre, muta con enorme rapidità e, dunque, è tecnicamente impossibile produrre un vaccino con pretese di efficacia. Personalmente dubito che esista anche un solo morto per questo virus e le statistiche di mortalità non mostrano alcun aumento in questo periodo.

Anzi, in Italia la mortalità rispetto al pari periodo del 2019 è addirittura diminuita. In moltissimi casi si sono attribuite a Covid19 numerosi decessi che nulla avevano a che fare con quel virus. Proprio ora ho avuto un paziente la cui madre è morta di carcinoma polmonare da poche settimane e il certificato di morte riporta “Coronavirus”. Quando morte c’è stata, è stata a causa delle intubazioni che hanno “bruciato” il tessuto polmonare, intubazioni quanto meno inutili perché le difficoltà respiratorie erano dovute a tromboembolie polmonari e, dunque, si è ricorso a un trattamento non solo inutile ma dannoso. La gestione della tromboembolia polmonare è semplice e ben nota: eparina prima che si formino i trombi; urochinasi se il trombo si è già formato e ha occluso un ramo arterioso polmonare. Il trattamento è possibile quasi sempre a casa e i suoi costi sono bassissimi. Stando alle ultime statistiche annuali disponibili, sono morte 49.301 persone per patologie infettive contratte in ospedale. Il che significa che 135 persone muoiono ogni giorno a causa del ricovero in strutture dall’igiene inadeguata.

4 – La nuova pandemia prevista con il virus suino è un simil Coronavirus oppure rappresenta una nuova minaccia per la salute delle persone?

RChi pronostica ora una pandemia si prende semplicemente gioco del popolo e della sua credulità. Non esiste alcun elemento per poterla prevedere e ciò che si sta facendo ora è nient’altro che la preparazione per la prossima truffa.

Si ringrazia il Dottor Montanari per l’intervista concessa.

Nell’articolo si fa riferimento a opinioni o dichiarazioni di terzi, e non verità oggettive.

A cura di April. D. London