ISTAT: gli effetti del lockdown sulla produzione

Le necessarie misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda.

L’ISTAT ha pubblicato un nuovo focus dedicato all’emergenza Coronavirus soffermandosi, in particolare modo, sugli effetti sul sistema produttivo.

Secondo i risultati, le misure di contenimento influenzano il 34% della produzione nazionale, oltre un terzo. In concreto, sono sospese 2,2 milioni di imprese, circa il 49% del totale. Questa crisi appare, pertanto, sempre più incisiva rispetto a quelle vissute in passato e lo dimostra il crollo della fiducia di famiglie e imprese, già a marzo, andando anche oltre ai minimi del 2008.

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Uno shock generale: due possibili scenari

Quello che sottolinea l’ISTAT è uno shock generale che colpisce sia la domanda che l’offerta. Oltre agli effetti diretti connessi alla sospensione dell’attività nei settori coinvolti nei provvedimenti, il sistema produttivo subirebbe anche gli effetti indiretti legati alle relazioni intersettoriali.

Questo shock potrebbe andare a paralizzare il sistema mettendo in luce due ipotesi. Da un lato, la chiusura delle attività tramite le misure di contenimento del Covid-19 porterebbero un calo dei consumi sino al 4,1% su base annua. Dall’altro, invece, considerando le misure restrittive in vigore anche a maggio e giugno, vedremmo un calo dei consumi sino ad un 9,9%.

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Shock economico: diminuisce la fiducia di famiglie ed imprese

Il primo elemento indice degli effetti negativi delle misure di contenimento è il crollo della fiducia di famiglie ed imprese. Infatti, sospendendo 2,2 milioni di imprese, sono coinvolti circa 7,4 milioni di addetti (44,3% del totale) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1% del totale).

Cala la fiducia dei privati, imprese e famiglie nello specifico, che tocca tassi più bassi rispetto a quelli registrati a dicembre 2008 e settembre 2011 quando ci fu la crisi dei debiti sovrani.

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Fra i settori coinvolti nel lockdown pesano maggiormente i settori coinvolti nei servizi commerciali e alla socializzazione. Nell’ipotesi di un sospensione sino a giugno, infatti, la contrazione dei consumi di questi principali settori riguarderebbe circa tre quarti del complessivo. Si parlerebbe di circa 608mila lavoratori.

I settori che subirebbero in questa ipotesi una maggiore perdita sono i settori:

  • della cultura (-16,4%);
  • dell’intrattenimento (-12,7%);
  • del commercio al dettaglio (-6,7%).

Relativamente quest’ultimo settore, nel mese di febbraio le vendite al dettaglio sono aumentate dello 0,8% in valore e dello 0,9 in volume. Rispetto al 2019 si parla di un incremento del 5,7% in valore e del 5,8% in volume.

Per la precisione, aumentano tanto le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,2% in volume) quanto quelle dei beni non alimentari (+0,5% in valore).

Gli indici sono influenzati dalla crescita degli acquisti in alcuni settori, quali i Generi casalinghi durevoli e non durevoli (+7,6%) e Utensileria per la casa e la ferramenta (+6,3%) mentre l’aumento minore si registra per Cartoleria, libri, giornali e riviste (+1,0%).