La Grande Bellezza: tutti in attesa del 2 marzo

la grande bellezza

Siamo tutti in attesa della magica serata del 2 marzo prossimo, quando conosceremo le assegnazioni degli Oscar. E così vedremo se “La Grande Bellezza” entrerà nell’olimpo dei film premiati dalla famosa statuetta. Nel frattempo il film di Paolo Sorrentino, interpretato da Toni Servillo, ha superato i 7 milioni di euro di incasso.

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“La Grande Bellezza”, dal mio punto di vista,  è uno di quei film che hanno bisogno di essere visti più di una volta: personalmente è quello che ho pensato quando sono apparsi i titoli di coda, perché la seconda volta (o un’eventuale terza) ti permette di essere meno stordito dal flusso emotivo che ti avvolge nella seconda parte del film. E quindi una seconda visione porterebbe un maggiore distacco, permettendo di apprezzare maggiormente il significato del film.

E’ un film che propone un crescendo “interiore” che tanto più è forte alla fine quanto più lo si metta in correlazione con l’inizio, con l’entrata in scena dei personaggi dentro il ballo orgiastico e assolutamente disperato della festa.

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Nel film si passa dalla sensazione di “grande bellezza materiale” a quella “spirituale”, certamente con tutti i limiti che un’opera cinematografica può avere: alcuni momenti (pochi per fortuna) non mi sono piaciuti del tutto, ma sono limiti assolutamente superabili.

Il concetto proposto dal regista non è affatto quello di celebrare Roma come “bellezza” o Roma nella sua “perdita di bellezza”, anche perché la bellezza di Roma (e lo sa bene chi vive in questa città) è ormai assolutamente appannata e si perde nei rivoli di una metropoli che non può essere identificata, in modo limitato, solo e sempre con il centro storico e con la vita festaiola dei “pochi eletti nei salotti”. Nel film Roma credo che sia necessaria solo a fornire il sottofondo decadente tipico del nostro vivere contemporaneo a cui si può decidere o non decidere di reagire.

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La domanda è: dalla decadenza si può avere la possibilità di resuscitare un piccolo brillio di “ciò che è bello” e che corrisponde ad una nuova visione? Come? Rimanendo, come il protagonista nonostante tutto, sempre aperti alla voglia di scoprire nuove dimensioni. In fondo, Jep Gambardella è uno “curioso della vita”, impigrito certo, ma la curiosità non lo abbandona ed è la sua salvezza. E’ la curiosità che muove il sole e le altre stelle. In fondo, non è altro.