Africa, pianura del Serengeti.
Ogni anno, milioni di gnu intraprendono un pericoloso viaggio per seguire lo spostamento delle piogge. Molti cadono sfiniti o uccisi dai predatori, ma tanti altri sopravvivono nutrendosi della rigogliosa vegetazione che cresce lungo il percorso.
Quello appena descritto è solo un esempio del fenomeno conosciuto come migrazione, che vede numerose specie animali solcare grandi distanze in cerca di nuove risorse.
In un certo senso, anche gli esseri umani fanno qualcosa di simile. Basti pensare a tutti quegli uomini, donne e bambini che, ogni giorno, abbandonano le loro case nella speranza di ottenere migliori condizioni di vita.
In futuro, molte altre persone potrebbero essere costrette a diventare migranti, ma non per sfuggire alla fame o alla guerra, bensì al mare. Il riscaldamento globale sta infatti causando l’espansione degli oceani, cosa che porterà all’inabissamento di numerose zone abitate.
Un recente articolo – pubblicato su Nature – suggerisce l’uso di simulazioni computerizzate per prevedere come le politiche attuate dai governanti possano influire sulle future migrazioni.
Riscaldamento globale e innalzamento dei mari
Sin dagli inizi del secolo scorso, il nostro pianeta è andato incontro ad un progressivo innalzamento delle temperature. Tale fenomeno prende il nome di riscaldamento globale.
Prima di proseguire, dobbiamo fare una premessa.
Il clima terrestre non è stabile, non lo è mai stato.
Fino a poche migliaia di anni fa, la Terra era stretta nella morsa dell’ultima glaciazione: grandi steppe si estendevano dall’Europa al Nord America, abitate da mammut, bisonti e cavalli.
Tuttavia, il riscaldamento globale rappresenta un fenomeno unico ed eccezionale, in quanto la maggior parte degli scienziati ritiene sia causato dalle attività umane. Deforestazione, combustibili fossili e allevamento intensivo avrebbero infatti favorito un aumento nelle concentrazioni di gas serra – come l’anidride carbonica.
In poco più di un secolo, le temperature medie globali sono salite di quasi 1 °C, portando al progressivo scioglimento di ghiacciai e calotte polari. Di conseguenza, grandi quantità di acqua si sono riversate negli oceani, provocandone l’espansione.
Secondo alcuni modelli, il livello dei mari potrebbe alzarsi di oltre 2 m entro il 2100 se non interveniamo tempestivamente. Inutile a dirsi, ciò avrebbe devastanti effetti non solo sugli ecosistemi, ma anche sulle popolazioni umane che vivono presso le aree costiere e che dovrebbero migrare verso zone più sicure.
Prevedere le migrazioni
Risulta evidente come le decisioni prese dai politici potrebbero avere un notevole impatto sulle vite di milioni di persone. Per tale motivo, è quanto mai importante fornire ai governanti uno strumento per valutare le conseguenze delle loro azioni.
Ed è qui che entra in gioco un team costituito da ben 21 scienziati provenienti da Europa e Stati Uniti.
I ricercatori hanno da poco rilasciato un articolo dove affermano come sia necessario “…sapere quali regioni costiere saranno abbandonate dai migranti in seguito all’innalzamento dei mari, e le destinazioni verso cui si avrà un aumento dell’immigrazione”.
Come potete immaginare, non si tratta di un’impresa semplice.
Prima di tutto, l’entità dell’innalzamento dipende da quanto saranno stringenti le future politiche riguardanti le emissioni di gas serra. Pertanto, anche le migrazioni ne risulteranno fortemente influenzate.
Inoltre, vi sono molti altri fattori – di natura burocratica e socioeconomica – da prendere in considerazione.
Ad esempio, certi paesi potrebbero adottare politiche sfavorevoli ai migranti, i quali sarebbero indotti a dirigersi verso altre nazioni. Allo stesso tempo, limitazioni fisiche dovute all’età oppure a qualche disabilità potrebbero spingere alcune persone a rimanere in zone a rischio.
I ricercatori suggeriscono quindi l’impiego di cosiddette “simulazioni bottom-up” – come i modelli ABM (agent-based model) – in grado di valutare le differenze che caratterizzano ogni individuo e che lo inducono a fare determinate scelte.
Come affermato da D. J. Wrathall – tra gli autori dell’articolo – la produzione di modelli computerizzati ci permetterà di identificare le “politiche che potrebbero favorire la migrazione delle persone e prevedere quelle che invece potrebbero causare problemi”.
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