The Woman è un film horror del 2011 diretto da Lucky McKee, ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore di genere Jack Ketchum. La tematica del cannibalismo era già stata trattata nei precedenti lavori di Jack Ketchum, ovvero Off Season (1980) e Offspring (1991), di cui è stato prodotto il film nel 2009 sotto la regia di Andrew Van den Houten. The Woman è il sequel di questo lungometraggio.
Presentata al Sundence Film Festival, la pellicola è stata accolta tra polemiche e critiche. Si vocifera che alcuni spettatori presenti alla prima se ne siano andati indignati e che una donna abbia persino perso i sensi. Il regista viene accusato di maschilismo, misoginia e violenza contro le donne. Al contrario di altre opere, questa bufera non sembra essere stata soltanto una trovata pubblicitaria. Come mai ai giorni nostri un film di questo tipo provoca ancora tanto scompiglio?
Innanzitutto analizziamo la trama. Un avvocato di successo (Sean Bridgers) trova una cannibale (Pollyanna McIntosh) e se la porta a casa per rieducarla. In realtà la umilia e la tiene legata in cantina. L’avvocato ha dei figli, una segretamente incinta (Lauren Ashley Carter), una bambina piccola (Shyla Molhusen) ed un ragazzino (Zach Rand) che sta seguendo le orme malate del padre. La moglie (Angela Bettis) è succube e schiava del marito. A fermare (e provocarne altre) le atrocità sarà una professoressa che farà visita alla famiglia per informarla delle condizioni di salute della giovane gestante. Da qui partiranno scene cruente fino al finale.
Il regista si era già cimentato con l‘horror e spesso nei suoi film sono presenti donne sopraffatte. Questo non significa per forza odiare il gentil sesso. Anzi, in The Woman è proprio la cannibale a risparmiare le due anime pure. La ragazzina che presto rivestirà il ruolo di madre, quindi donatrice di vita e la bambina sono simboli di una realtà arcaica capace ancora di comprendere chi è stato vittima e di punire i carnefici.
Inoltre emerge il vecchio tema del conflitto “civilizzazione contro natura”, anche se qui, affrontato sotto tinte splatter ci si ripresenta in una chiave diversa. Vengono dilatati e mostrati i difetti, se così li vogliamo chiamare, di entrambe le medaglie.
Sono nate polemiche anche sulla scena dell’aggressione alla madre. La cannibale aggredisce la donna perché questa non è stata capace di difendere i suoi figli dal despotismo del padre e la condanna ad una fine terribile. L’inattività e la viltà non vengono tollerate.
Questo lavoro è un inno alle donne ed alla loro capacità di combattere. C’è il forte desiderio di un ritorno all’istinto visto come salvifico.
Lodevoli sono anche il montaggio e la scenografia spoglia, povera (non soltanto per esigenze economiche).
Probabilmente chi ha mosso le pesanti accuse al regista non ha saputo guardare nel modo giusto e si è lasciato deviare dal molto sangue presente e dalle torture provocate dai e ai protagonisti. Il film non è splatter fine a sé stesso. La pellicola lascia sconvolti si, ma per la miriade di tematiche che tocca.