Sembrava un 11 aprile come tanti altri, ma era l’11 aprile del 1994. La radio cominciò a passare un singolo di nome Supersonic.
Era il 1994, e in molti credettero di aver trovato una ragione di vita dopo la morte di Kurt Cobain.
Per i primi mesi non ebbe molto successo: era una canzone dal testo strano, difficile da capire, con troppa chitarra e del pop sconclusionato; resta il singolo più basso in classifica della band, nonostante sia una delle preferite da questa e dai fan.
Ma poco importa. L’11 aprile del 1994 fecero il grande salto sulla scena gli Oasis, la band simbolo del british anni ’90 che ha accompagnato per vent’anni le generazioni, e continua sebbene i Gallagher si siano separati.
Il mio primo incontro carnale con gli Oasis fu nel 1996, quando Don’t Look Back in Anger mi fece capire cos’era la musica. Ma ricordo una cassetta dal titolo Definitely Maybe, dalla strana copertina e una canzone dal nome Cigarettes and Alcohol. Non capivo l’inglese alle scuole elementari, ma sentivo la musica. Ed era bella. Era quello che si poteva ben definire bella musica, forte, passionale, strafottente. Erano gli Oasis, e li ascoltavo distesa sul pavimento della camera.
Non c’era per noi la guerra del Golfo lì fuori, l’inglese della regina stava per esser soppiantato da quello texano e dell’Upper-East Side, la mamma ci comprava ancora il giubbino di jeans scolorito e noi chiedevamo la Doctor Martens e la felpa con la zip e il collo alto.
E’ passato tanto tempo da quel 1994, le ragazzine non portano più le salopette e i ragazzini non hanno più il capello con la frangia.
Ma gli Oasis resistono anche se i fratelli Gallagher si sono separati. Sono una parte di ciò che ci resta della nostra giovinezza.