Vittorio Emanuele di Savoia, risarcimento di 40mila euro per ingiusta detenzione

VittorioEmanuele

E’stata accolta la richiesta di risarcimento per Vittorio Emanuele di Savoia, presentata dal suo legale, Francesco Murgia, perché il principe ha passato ingiustamente una settimana di reclusione nel 2006. Gli spetteranno 40 mila euro. L’ordine d’arresto per il figlio dell’ultimo re d’Italia era stato firmato dalla Procura di Potenza per le pesanti accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al gioco d’azzardo, associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione ed altre ancora. Vittorio Emanuele era stato prelevato il 16 giugno di quell’anno a Villa Cipressi, nel Lecchese, dove si trovava con alcuni amici, e portato a Potenza per ordine del pm Henry John Woodcock, che attualmente lavora alla procura di Napoli.

Una settimana dopo era stato fatto uscire dal carcere e confinato ai domiciliari, e il 21 luglio era tornato in libertà in attesa dei processi per i vari reati dei quali era accusato. Tuttavia il rinvio a giudizio era stato disposto solo per uno dei casi, in cui Vittorio Emanuele è stato assolto con formula piena. Dunque ha diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione: “per l’incredibile disavventura, per i 7 giorni in cella, per il disastro d’immagine, per l’imbarazzante espulsione da alcuni circoli esclusivi”, ha spiegato l’avvocato Murgia. Vittorio Emanuele “era rimasto sconvolto per quello che alcuni magistrati del suo Paese, ma lui preferisce la parola patria, gli avevano fatto”, ha aggiunto il legale.

Il principe, felice per la conclusione della vicenda, ha dichiarato che devolverà l’intera somma in beneficenza, “a un ente specializzato nell’assistenza a questo genere di situazioni di sofferenza e di prova”, “a quelle persone che si sono trovate e che si trovano in situazioni analoghe, senza avere le possibilità di difendersi e di combattere come ho potuto fare io in questi anni e che vedono le proprie famiglie distruggersi”.

A chiedere il risarcimento è stato anche Vincenzo Puliafito, 62 anni, l’ex ispettore di polizia coinvolto nella stessa indagine in quanto ingiustamente accusato di aver ricevuto, il 3 novembre 2005,  una tangente di 1000 euro dal principe perché, alla frontiera del Monte Bianco, non controllasse la sua auto in cui trasportava un fucile da caccia. L’indagine era partita a causa di intercettazioni telefoniche poi rivelatesi false: le armi di Vittorio Emanuele erano state effettivamente controllate dal poliziotto nel suo ufficio ed erano risultate legali ed autorizzate al transito dal Consolato di Ginevra; inoltre, nella data in cui avrebbe ricevuto la mazzetta, Puliafito era in servizio al sito olimpico di Bardonecchia, Torino.

Il Ministero dell’Interno ha allora chiesto al Consiglio di Stato un parere se l’ex ispettore, assolto cinque anni dopo, possa riavere, come da sua richiesta (non accolta in precedenza), il denaro impiegato per le spese legali, pari a circa 143.000 euro.

 

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