Bologna: 35 anni fa la strage alla stazione

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Per l’Italia, e in particolare per la città di Bologna, il 2 agosto non è un giorno qualsiasi. E’ il giorno del ricordo di una ferita ancora aperta.

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Sono passati 35 anni da quando, il 2 agosto 1980, alle 10.25, un’esplosione devastò la stazione centrale di Bologna e trasformò quella che per molti era una spensierata giornata d’inizio vacanze in un incubo terrificante.

Improvvisamente, un boato squarciò la parte sinistra della stazione: in un attimo l’affollata sala d’aspetto ed il primo binario (dove sostava il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea) furono devastanti. In un attimo, 85 persone persero la vita e più di 200 rimasero ferite in maniera più o meno grave.  La più piccola delle vittime,  Angela Fresu, aveva soli tre anni, mentre la più anziana, Antonio Montanari, di anni ne aveva 86. Angela stava andando in vacanza sul lago di Garda con la giovane mamma, Maria. Ma della donna, operaia di origine sarda, non furono neppure trovati i resti: la deflagrazione la disintegrò.

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In un attimo, l’Italia intera si trovò a fare i conti, di nuovo, con il terrorismo (con la perversa “strategia della tensione” cominciata a Milano più di 10 anni prima, il 12 dicembre 1969, con la bomba di piazza Fontana).

Chi, oggi, ha qualche anno sulle spalle non può dimenticare le immagini di quell’attentato. Chi è sopravvissuto, o ha partecipato alle operazioni di soccorso, non può scordare le urla di terrore, i pianti strazianti, il sangue misto alle polvere e i corpi senza vita.

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Bologna venne avvolta da un silenzio quasi irreale, squarciato solo dalle sirene delle ambulanze e dei vigili del fuoco. Simbolo di quella tragica mattinata, fu il bus Atc della linea 37, trasformato in un enorme carro funebre adibito al trasporto delle salme fino alla vicina sede della Medicina leale, in via Irnerio, .

Inizialmente, si attribuì l’esplosione a cause accidentali: si parlò dello scoppio di una caldaia, ma presto ci si rese conto che in quel punto non c’era mai stata nessuna caldaia e si parlò di “bomba ad alto potenziale”, con più di 20 kg di esplosivo . Da allora, tante (forse troppe) piste ed ipotesi sono state seguite (tra cui  quella araba-palestinese). Da allora, innumerevoli, i vergognosi depistaggi. Licio Gelli (“Gran Maestro della loggia massonica P2”) arrivò a dire: “Io credo sia stato un mozzicone di sigaretta che è stata lanciata, c’è stato un surriscaldamento ed è esploso, perché la bomba, se c’era la bomba… ma qualche frammento si sarebbe trovato, no?

Sono passati 35 anni da quella che è stata la strage più sanguinaria nella storia italiana, da quell’orribile attentato di matrice fascista, ma tante ancora sono le domande senza risposta: ancora non si conoscono i mandati, le cause e, in fondo, nemmeno si sa con precisione cosa sia successo quella mattinata (non si esclude, infatti, che la valigia con l’esplosivo fosse in transito, magari verso la Capitale).

La strage della stazione di Bologna è ancora una ferita aperta per l’Italia. E, di certo, non aiuta sapere che gli esecutori materiali (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, estremisti neri appartenenti ai NAR) sono stati sì condannati a 30 anni (chiamati anche  a risarcire danni per 2 miliardi, 134 milioni e 273 mila euro), ma – assurdità della giustizia italiana – sono già tutti liberi o godono di un regime di semilibertà. E di certo non aiuta sapere che, spulciando atti e fascicoli relativi al 2 agosto 1980 saltano fuori i nomi di alcuni protagonisti anche dello scandalo di Roma Capitale. Proprio seguendo Ciavardini, i carabinieri di Roma, infatti, sono giunti  al mondo, o meglio alla “terra di mezzo di Massimo Carminati e company”.

Il 2 agosto 2015, Bologna, come ogni anno ricorderà la strage (il Governo sarà rappresentato dal  sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Claudio De Vincenti). Dopo che il sindaco avrà incontrato i parenti delle vittime, un corteo sfilerà da Piazza Nettuno fino a Piazzale Medaglie D’Oro (passando da via Indipendenza).

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