Venerdì 13 gennaio 2023 è uscito su tutte le piattaforme digitali e in digital download “Cara Milano”, il nuovo brano del cantautore milanese Marco Massa.
Il brano, vincitore nel 2011 del Premio Sergio Endrigo e oggi riproposto in una nuova versione riarrangiata dal Maestro Marco Grasso, racconta attraverso gli occhi e la voce dell’autore una vecchia Milano ormai dimenticata, con l’obiettivo di risvegliare un’umanità sacrificata a favore del forsennato progresso degli ultimi anni. Tra ricordi, emozioni e rimpianti, “Cara Milano” parla di un amore in continua evoluzione, che segna una vita.
Nel videoclip, per la regia di Danilo Da Rodda, l’evoluzione della società cantata nel brano è rappresentata da una televisione a tubo catodico, immagine degli Anni ’50, che lascia il posto allo schermo di un moderno computer, simbolo del progresso frenetico che caratterizza il giorno d’oggi. A fare da sfondo a questa metafora vi sono momenti di una live session, registrata al Mister Fantasy di Buccinasco (MI), in cui Marco Massa suona insieme al figlio Francesco (clarinetto) e alla sua band composta da Manuel Boni (chitarre), Matteo Minchillo (tastiere) e Martino Malacrida (batteria).
Lo abbiamo incontrato e ha risposto ad alcune domande:
Ciao Marco, piacere di conoscerti e grazie per l’intervista che ci stai concedendo.
Ciao a tutti e grazie a te.
Vorrei iniziare col porgerti una domanda che può sembrare banale ma che in realtà non lo è. Chi è Marco Massa?
Sono un cantautore, sono nato a Milano nel quartiere di Porta Romana dove tutt’ora vivo e che considero un po’ il mio grembo sonoro. Sono cresciuto con i suoni di questo quartiere, suoni che certamente oggi sono cambiati ormai negli ultimi dieci anni così come è cambiata la gente, anche io sono cambiato. Sono un ricercatore di atmosfere musicali, sono un musicista, ho scritto tante canzoni, ho fatto diversi dischi e adesso finalmente ho questo nuovo progetto a cui tengo tantissimo che è stato realizzato prima, durante e poi anche dopo il lockdown di cui parleremo tra poco. Sono un amante di jazz, soprattutto il cantato, infatti, per tanti anni ho portato in giro progetti dedicati a Chet Baker. Ho amato molto il pianista Renato Sellani che è stato un po’ il mio alter ego, il mio maestro, Marco Cerri è stato il mio maestro di chitarra e quindi vengo un po’ da quel mondo là. E quindi da un mondo armonico abbastanza complesso. Però poi a me piace spaziare, ricercare e ultimamente mi sono innamorato di un mondo un po’ particolare, crepuscolare, un po’ alternativo come quello del Nord Europa, di musicisti come Jan Bang e Jan Hassell. E queste atmosfere musicali ho cercato di metterle nei miei brani sia vecchi che nuovi. E questo è stato il mio lavoro e lo è ancora oggi. Io mi diverto molto a suonare.
Il 13 gennaio è uscito sulle piattaforme digitali e in digital download “Cara Milano”, un brano vincitore nel 2011 del Premio Sergio Endrigo e oggi riarrangiato da te in una versione. Cosa hai voluto raccontare in questo brano e come nasce?
C’è stato un lavoro molto approfondito, insieme a diversi collaboratori importanti che hanno deciso di abbracciare questo progetto. Un progetto questo che durante l’anno voglio presentare attraverso questi singoli che stanno uscendo mese per mese. Ne sono già usciti due “Nonostante tu, nonostante io” e adesso è uscita “Cara Milano” appunto. Tra l’altro “Cara Milano” è un singolo che ho presentato già a Milano l’8 di gennaio proprio all’Arci Bellezza di Milano, alla palestra Visconti che è un locale molto particolare dove c’era questa palestra di pugilato negli anni ’50 dove Luchino Visconti fece le riprese del suo meraviglioso film “Rocco e i suoi fratelli” e oggi lì hanno realizzato questo meraviglioso polo culturale dove io ho presentato appunto questo brano. Amo questa canzone perché vorrei che Milano non fosse soltanto la città del business, del frenetico “immobiliarismo” urbano e del capitalismo selvaggio. Mi piacerebbe riconoscerla in un luogo dove ritrovare se stessi e la propria intimità. Per far sì che questo accada, ognuno dovrebbe focalizzarsi sulla propria storia aggiungendo un tassello di umanità reputato importante, valorizzando ciò che per anni magari ha nascosto nel profondo di se, senza più paura di mostrarlo.
Nel videoclip per la regia di Danilo Da Rodda, l’evoluzione della società cantata nel brano è rappresentata da una televisione a tubo catodico, immagine degli Anni ’50, che lascia il posto allo schermo di un moderno computer, simbolo del progresso frenetico che caratterizza il giorno d’oggi. Cosa ne pensi di questo progresso tecnologico e di questo mondo che va di corsa e che invece di unirci ci divide?
Sono d’accordo con te più che dividerci ci rende un po’ più soli, cosa che Milano prima non aveva. Milano era una città molto solidale. Aspetta faccio una chiosa, nel senso che io non sono un nostalgico, assolutamente anzi credo nel futuro, credo nelle tecnologie. Però vedi le tecnologie se sono usate bene, come ad esempio facciamo noi musicisti, che la usiamo bene, nel senso che cerchiamo delle atmosfere, anche rarefatte, lavoriamo sui suoni per poi portarli nelle nostre canzoni, nei nostri progetti musicali. Questa secondo me è una tecnologia usata bene. Il resto, a mio parere, è del tutto superfluo perché non c’è nulla di ricercato, qualcosa che fa bene alle persone. Credo che oggi bisogna essere molto forti per vivere in questa società, devi avere molte spalle, molta storia. La storia di una città non si può non sapere e quindi non è una questione di nostalgia ma è sapere dove cammini, come cammini, che strade stai percorrendo in questa città, che storia ha avuto. E quindi io penso che Milano abbia un perso questa identità, la solidarietà, la dignità, diciamo le avanguardie artistiche che si respiravano ovunque. Oggi quell’intimismo di una volta si è andato perdendo e con questo brano ho voluto raccontare Milano, la mia Milano quella in cui sono nato, cresciuto e che oggi mi ha portato ad essere quello che sono.
Quali saranno i tuoi progetti futuri?
Stiamo lavorando ad altri brani cercando di creare un connubio tra suoni del passato e del presente. Poi, stiamo lavorando per organizzare serate e concerti perché, come ti dicevo prima, mi diverte e mi fa stare bene e poi un musicista vuole questo, vivere di musica.
Siamo arrivati al termine di questa intervista. Vuoi salutare e ringraziare qualcuno?
Vorrei ringraziare te e la testata giornalistica QuotidianPost per questo spazio e poi vorrei salutare e ringraziare tutti coloro che collaborano con me e fanno sì che la mia musica vada sempre avanti.
Grazie mille e un grosso in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti futuri.
Grazie a te.