Il pericoloso mestiere del giornalista

Il Commitee to Protect Journalists ha pubblicato dati e numeri relativi ai giornalisti ancora scomparsi e a quelli morti sul campo. Il mestiere del giornalista è difficile e, purtroppo, anche pericoloso.

La notizia che il giornalista James Foley è stato decapitato dall’Isis sta facendo il giro del mondo, portando con sé dolore, rammarico, rabbia e indignazione. Non è la prima volta che un giornalista perde la vita in modo così brutale, non è la prima volta che inorridiamo davanti alla morte in campo di un reporter e purtroppo non sarà l’ultima.

La decapitazione di Foley ha riportato alla mente di molti quella di Daniel Pearl, al quale venne tagliata la testa davanti ad una telecamera in Pakistan, nel 2002.

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Anche la giornalista  di Radio France Ghislaine Dupont  venne sgozzata dopo essere stata rapita, questa volta a Mali nel 2013.

Come non pensare al nostro Enzo Baldoni, giornalista freelance rapito dai fondamentalisti islamici che venne ucciso in Iraq nel 2004. Del suo corpo dilaniato vennero ritrovati resti e ossa, solo sei anni dopo. Orrore nell’orrore.

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Sempre tra i giornalisti italiani, il caso di Ilaria Alpi fu uno tra quelli che lasciò tutti sgomenti. Uccisa in Somalia insieme al suo assistente Miran Hrovatin, dove si trovava per indagare sul traffico d’armi e di rifiuti tossici. Ilaria aveva 33 anni.

Il Commitee to Protect Journalists ha stabilito che nel 2013 due terzi dei giornalisti ammazzati mentre svolgevano il loro lavoro, sono morti in Medio Oriente. Siria, Egitto, Iraq le zone più pericolose. Oltre a quelli delle morti, anche i dati sul numero dei rapimenti impressiona: sempre nel 2013 e sempre in Siria sono stati rapiti 60 giornalisti.

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Il CPJ ha inoltre pubblicato una lista e numeri relativi ai giornalisti scomparsi, quelli di cui non si ha avuto più alcuna notizia, che solo la speranza li immagina ancora vivi.

Delle persone scomparse in Siria  lo stesso Comittee non è un grado di fornire una lista accurata di nomi, perché a causa della attuale situazione “è troppo difficile tenerne traccia”.

In Messico, invece, si ha una lista di nomi e cognomi e un numero certo: 13 giornalisti dal 2005 che sembrano essersi dissolti nel nulla. Sono nel 2012, sempre in Messico, furono uccisi 5 giornalisti. Dal 2000 ne sono stati ammazzati in totale 81. Numeri impressionanti.

Il resoconto fornito dal CPJ sul numero dei giornalisti scomparsi parte dal 1982, quando il fotografo Kazem Akhavan venne rapito a Byblos. Di lui non si seppe più nulla e ancora oggi si ha una serie di ipotesi, ma nessuna certezza.

Altri dati sconvolgenti sono quelli relativi ai giornalisti che, in tutto il mondo, si trovano in prigione: 211 in totale. Questa la mappa fornita dal Commitee to Protect Journalists:

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L’ultimo numero è quello che fa più spavento, un numero complessivo, riassuntivo del pericolo che si cela dietro il mestiere del giornalista: 1.070. Tanti, tra giornalisti e professionisti del settore media, sono le persone uccise facendo il loro lavoro dal 1992.

La nazione più mortale, sempre secondo le statistiche, è l’Iraq.