Forconi ad Andria e Barletta: violenza, minacce e resistenze a pubblici ufficiali

Paura, intimidazioni, e violenza in Puglia. I “facinorosi”, come sono stati definiti dal procuratore Capristo, rei di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e minacce, sono ora costretti ai domiciliari secondo il verdetto dalla Procura di Trani

Giuseppe Bisceglie, Riccardo Lotito, Nicola Lomuscio, Nicola Inchingolo, Giuseppe Calvaro, Roberto Calvi, Francesco Marulli. Questi sono i nomi dei manifestanti, o “facinorosi” (a seconda del punto di vista dal quale li si giudica), che tra il 9 e il 10 dicembre scorso, obbligarono l’ipercoop, famoso centro commerciale, a non aprire, obbligando dipendenti e cassieri ad abbandonare la struttura. Gli stessi, secondo la teoria dell’accusa sono gli stessi che crearono caos a Barletta.

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Cinquanta al momento. Ma è una cifra in aumento quella degli indagati chiamati in giudizio dalla Magistratura. Sono già state intraprese dalla polizia misure cautelari. In totale tra Andria e Barletta sarebbero già 25, 17 a Barletta e 8 ad Andria. Tra gli indagati anche numerosi personaggi della polizia, che proprio secondo l’accusa, grazie al loro status importante, sarebbero stati capaciti di persuadere i protestanti. Questo il resoconto del magistrato Luigi Scimè e dei suoi agenti.

Secondo negozianti e cittadini, ma anche secondo le testimonianze dei dirigenti di un noto centro commerciale di Barletta e di una delle filiali della Credem di Andria, le frasi ingiuriose che hanno destabilizzato l’ambiente sono le seguenti:  ”bastardi uscite fuori, chiudete ora” o “Se non chiudete, spacchiamo tutto” o ancora “chiudete o vi facciamo fare una brutta fine”. Queste alcune fra le tante affermazioni riportate dal gip Francesco Messina, oltre alle tante immagini di violenza riportate dalle telecamere di videosorveglianza.

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La questura ha sintetizzato così i metodi utilizzati dai “facinorosi” per convincere cittadini, commercianti e dipendenti bancari a partecipare alla rivolta: “violenza, intimidazione, minacce”. Secondo il procuratore aggiunto Francesco Giannella. Che ha poi aggiunto: “L’uso stesso della parola sciopero è stato un abuso da parte di queste persone che non hanno colto il senso costituzionale del diritto allo sciopero”. Il procuratore capo Carlo Maria Capristo ha poi insistito cosi: “Fra gli arrestati ci sono anche ultras, ossia coloro che vanno allo stadio non per tifare ma per creare disagi. Tra di loro anche chi ha precedenti penali importanti. Ricorderete come le mamme si davano alla fuga preoccupate per i loro piccoli. Una situazione che meritava una risposta celere”. La promessa è quella di continuare l’inchiesta in modo da non lasciare alcun colpevole impunito. Capristo chiosa poi cosi: “L’avevamo promesso in sede di comitato per l’ordine pubblico, la stiamo mantenendo e andremo avanti quindi, nei prossimi giorni, ci saranno anche altri provvedimenti perché non ci fermiamo qui”. Questa la promessa.