Giornata della Memoria, Pacifici e Parenzo rimangono chiusi dentro i cancelli di Auschwitz

Auschwitz.

Martedì 27 gennaio si è celebrata la Giornata della Memoria: è stato il 70° anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. In quest’occasione la trasmissione di Canale 5 “Matrix” ha mandato in onda una diretta dal lager con il presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, il portavoce della Comunità, Fabio Perugia, il conduttore David Parenzo, e due tecnici tv.

Un’atroce beffa ha voluto che questi, alla fine del collegamento, verso le 23, rimanessero bloccati all’interno del campo di sterminio (foto), proprio sotto la famigerata scritta “Arbeit Macht Frei” (“Il lavoro rende liberi”): i custodi l’avevano chiuso. Cercando di trovare una via d’uscita, Parenzo si è arrampicato sul muro della biglietteria e ha cercato di entrare da una finestra rimasta semiaperta, ma è scattato l’allarme. I custodi sono arrivati, i cinque malcapitati hanno mostrato loro le autorizzazioni per il programma televisivo cercando di spiegarsi, ma quelli comprendevano solo la lingua polacca. Perciò “invece di aprirci le porte e farci andare, hanno voluto a quel punto ingrandire l’episodio, farlo diventare una valanga”, ha raccontato Fabio Perugia: la polizia portati in commissariato con l’accusa di effrazione e li ha interrogati per una notte intera. Prima, però, si è dovuto pure attendere un interprete che capisse l’italiano.

Anche la Farnesina, l’ambasciata e il consolato italiano in Polonia si sono attivati per fare uscire da lì i cinque italiani. Finalmente, alle 5 del mattino, la situazione si sblocca ed i poliziotti riescono a capire che i permessi dei fermati erano regolari (forniti dal governo polacco) e che essi non hanno commesso alcuna effrazione.

“Ho cercato di dire chi sono, di raccontare come restare chiuso in quel luogo fosse per me un’esperienza particolarmente drammatica. Mio nonno è stato ucciso lì. Ma tutto si svolgeva con modalità molto burocratiche”, ha detto Riccardo Pacifici. Suo nonno paterno, che si chiamava come lui, era il rabbino capo di Genova ed è stato uno dei novecentomila ebrei (per un milione e centomila vittime complessive) che non sono più tornati da Auschwitz.