La festa dei “100 giorni” tra sacro e profano

Negli ultimi 35 anni è nata una vera e propria tradizione: gli studenti italiani che frequentano l’ultimo anno delle Scuole Superiori festeggiano i “100 giorni” che mancano al diploma e, per ottenere un buon voto alla maturità, seguono riti propiziatori a metà strada tra il sacro ed il profano.

Sembra che la festa dei “100 giorni” derivi ad una tradizione militare: quella del Mak p 100.
Sul sito dell’esercito italiano si legge:
« sin dal passato, gli Allievi delle Scuole e delle Accademie militari hanno conservato l’usanza di celebrare i 100 giorni che li dividono dalla fine dei loro studi.
Il Mak p trae le sue origini nel 1840 nelle aule e nei corridoi della Regia Accademia Militare di Torino. Sino a quell’epoca, infatti, non era mai stato stabilito con certezza inequivocabile il periodo che gli Allievi dell’Accademia avrebbero dovuto trascorrere all’interno di essa prima di poter raggiungere finalmente il loro obiettivo, la nomina ad Ufficiale.
Nel 1840 lo Stato Maggiore del Regio Esercito Sabaudo promulgò un nuovo regolamento per l’Accademia che definiva in modo tassativo il numero ed il periodo di svolgimento degli esami a cui gli Allievi sarebbero stati sottoposti per poter proseguire nel loro cammino militare e gli anni che avrebbero dovuto trascorrere in Accademia primo di conseguire il grado di Ufficiale. Il termine Mak p venne coniato dall’allora Allievo del primo anno dell’Accademia di Torino, Conte Emanuele Balbo Bertone di Sambuy, il quale, colto da un momento di esuberanza giovanile e da un impeto di contentezza nell’apprendere la notizia, pronunciò la frase “Mac pi tre anni”, vale a dire “mancano solo tre anni alla fine del corso”. Con il passare degli anni e con l’introduzione degli studi a carattere scientifico, il “pi” piemontese cedette il passo al “p” seguito dal numero dei giorni che gli Allievi avrebbero dovuto ancora permanere in Accademia, per la cui ricorrenze essi iniziarono ad organizzare dei festeggiamenti.
A partire dal secondo dopoguerra, accanto all’ormai tradizionale cerimonia militare e saggio di abilità ginnico-sportiva, si pensò di accorpare al Mak p 100 anche il “Ballo delle Debuttanti” con il quale le giovani fanciulle della città facevano formalmente il loro ingresso in società accompagnate dagli Allievi delle Scuole e delle Accademie Militari.»

La festa dei “100 giorni”, celebrata dai maturandi, ha assunto quasi i caratteri di un “rito di passaggio” che presenta sfumature diverse nelle diverse parti dello Stivale e che ormai coinvolge la quasi totalità degli studenti dell’ultimo anno delle Scuole Superiori. I maturandi organizzano feste, cene, gite, raduni o veri e propri pellegrinaggi per vivere, tra riti scaramantici e gesti propiziatori, l’ultimo momento goliardico prima dello studio “matto e disperatissimo” che li accompagnerà fino all’Esame di Stato .

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In molte città sulla costa i maturandi si radunano sulla spiaggia per festeggiare i “100 giorni”. A Viareggio gli studenti compiono il “rito del’onda”: scrivono sulla sabbia il voto che desiderano prendere all’Esame di Stato e aspettano che arrivi un’onda a cancellarlo, solo così saranno certi di diplomarsi con quel voto.
Gli studenti pisani si radunano in Piazza dei Miracoli per accarezzare la famosa lucertola di bronzo a due code scolpita sulla porta centrale della cattedrale oppure compiono ben 100 giri propiziatori intorno alla famosa torre pendente.

Sono scaramantici anche gli studenti abruzzesi che si recano nel santuario di San Gabriele dell’Addolorata, il santo protettore dei giovani, per il rito della benedizione delle penne con cui affronteranno l’Esame di Maturità.
Nel santuario ai piedi del Gran Sasso i frati organizzano momenti di preghiera, confessioni, messe e, alla fine delle funzioni, benedicono le penne come accade anche a Cascia nel santuario di Santa Rita.

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A Livorno invece i maturandi si recano nel santuario della Madonna di Montenero dove salgono i gradini in ginocchio e accendono una candela.

Ogni anno si consolidano o si creano nuovi riti in ogni angolo dello Stivale per fare in modo che l’esame vada nel migliore dei modi. Riti spesso accompagnati da alcol e droga che finiscono per rovinare la celebrazione di una festa poco sacra e molto profana.

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